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Nyon: la forza della realtà

Un'immagine di "De stand van de zon", in programmazione a Nyon. Visions du Réel

Il Festival internazionale del cinema Visions du Réel di Nyon (22-28 aprile 2002) rinuncia alla denominazione di "documentario".

112 film selezionati, 22 in competizione, 10 prime mondiali, 6 europee, 22 i paesi da cui provengono le opere. Ma non è per la quantità, bensì per la qualità che il festival di Nyon è diventato, dopo l’International Documentary Film Festival di Amsterdam, uno dei principali festival per il genere. Ma allora perché non chiamarlo più documentario?

La realtà supera la fantasia (e la parola documentario)

“Le opere di Nyon sono dei veri film, molto spesso più interessanti di molta fiction che si vede al cinema”. È questo il messaggio che vuol far passare al grande pubblico il direttore del festival, Jean Perret “Alla parola documentario” spiega a swissinfo “associamo automaticamente l’aspetto pedagogico, di documentazione scientifica e di obiettività assoluta.” Criteri che non corrispondono affatto ai film del festival di Nyon. Già il titolo, “Visions du Reél”, fa allusione proprio all’aspetto soggettivo, personale, in qualche caso addirittura intimo dello sguardo rivolto alla realtà.

Creatività e mercato

Nyon non è solo una vetrina per il pubblico, ma un luogo privilegiato d’incontro per gli addetti ai lavori, cineasti, produttori, distributori. Se il “documentario” è diventato un campo di sperimentazione e ricerca altrettanto sviluppato quanto il cinema indipendente, il problema resta in entrambi i casi la distribuzione.

Ancora il direttore Jean Perret: “Le televisioni si sono rese conto che a livello globale vi è una crescente richiesta di immagini della realtà. Esistono casi di televisioni molto aperte, liberali, che diventano dei partner privilegiati per i cineasti. In generale però le televisioni impongono regole piuttosto rigide che limitano la libertà dei creatori.”

Politica culturale in Svizzera e in Europa

Se in Svizzera si vedono abbastanza film “del reale” di alta qualità non è grazie solo ad un buon livello della televisione elvetica o ad una distribuzione oculata nelle sale. Come spiega Jean Perret è grazie anche alla politica culturale dello stato: “In Svizzera, come in Olanda, Finlandia, Germania, Francia, vi è un vero impegno culturale a livello di istituzioni che permette ad una produzione di qualità di esistere.” A proposito di Finlandia, insieme alla Cina e al Sudafrica sarà uno dei paesi di cui vedremo più film nell’edizione di quest’anno di Visions du Reél.

La sezione “Elvetica”

Una sezione speciale è dedicata proprio alle produzioni autoctone. Presenti, tra l’altro, 6 cortometraggi di cineasti svizzeri indipendenti che hanno gettato un occhio dietro le quinte dell’Expo 02, con “situazioni sorprendenti e anche divertenti” promette il direttore del festival.

Un lungometraggio in competizione “Gamblig, Gods and LSD” (Il gioco d’azzardo, gli dei e LSD) è un viaggio reale ma anche metafisico tra la Svizzera, il Canada e l’India, che riflette sull’idea di trascendenza e sul senso della vita.

Un secondo film in gara,”Hirten Reise” resta nella tradizione elvetica del documentario di viaggio, ma in questo caso si tratta del viaggio che ancora oggi compiono i pastori in Svizzera con le loro greggi da un pascolo all’altro. L’esotico più assoluto nel panorama totalmente umanizzato del territorio elvetico.

Un terzo film svizzero in competizione, September Winds (Venti di settembre) tocca la tematica degli immigrati italiani degli anni 60 e 70 che hanno fatto ritorno nel proprio paese e capta una forma particolare di tristezza, quella di chi ha vissuto una vita lontano e tornato nel suo paese fatica a ritrovare le proprie radici.

“11 settembre”: il grande assente

Al contrario di quanto si potrebbe pensare, non si vedranno a Nyon film ispirati dall’evento più mediatizzato e più tragicamente spettacolare dell’anno scorso. “Vi sono molti documenti video sugli attentati e sull’impatto immediato che hanno avuto sulla società, ma nessuno era abbastanza interessante dal punto di vista narrativo” specifica Jean Perret, che aggiunge: “cerchiamo dei veri film e non dell’informazione giornalistica. Penso che i veri film sull’11 settembre verranno più tardi.”

Insomma anche l’evento più drammatico dell’anno non diventa un film senza il filtro del tempo e soprattutto senza una riflessione abbastanza approfondita.

Raffaella Rossello

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