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Parlare, scrivere e vedere

Il rapporto tra letteratura e cinema si è cementato fin dagli albori della settima arte. library.thinkquest.org

Il Festival di Locarno ha ospitato Antonio Tabucchi. Cinque opere dell'autore italiano hanno trovato trasposizione cinematografica; ragione per soffermarsi sul rapporto tra parola e immagine.

La nuova sezione della kermesse cinematografica guarda oltre i confini del cinema, alle arti che precedono e oggi accompagnano il cinema nella cultura della narrazione e nella trasposizione in immagini.

Sei grandi autori si succedono durante i dieci giorni del Festival nel nuovo spazio creato per questa seconda edizione sotto la direzione di Irene Bignardi. Il primo appuntamento locarnese è stato riservato venerdì allo scrittore italiano Antonio Tabucchi.

Le origini

“Il verbo è la vita”, ricorda Tabucchi rievocando un passo biblico. E, proponendo un giro d’orizzonte, l’autore e professore universitario fa riecheggiare anche il mito di Orfeo che con le sue parole cantate commuove i mostri degli inferi per ridare la vita all’amata Euridice.

Tabucchi si sente testimone cosciente di un’evoluzione umana e di una riverenza necessaria alla memoria. “Anche Omero, il poeta dell’Illiade e dell’Odissea, era parola”. Il primo fra i poeti dell’antichità è ricordato come cieco. Ma con i suoi versi riusciva a rievocare la memoria, l’amore, la gloria della guerra. Emozioni legate alla voce.

Solo in un secondo tempo la scrittura ha iniziato a codificare la parola. “Ma il foglio di carta, come l’immagine, non riesce a ridare le emozioni che riusciamo a carpire dalla parola enfatica, ribelle o rotta dalla commozione”, relativizza il suo compito Tabucchi. L’autore deve “tradurre” l’emozione, filtrarla appellandosi all’immaginario del lettore.

Il passaggio

Nel Novecento è arrivato il cinema come ultima arte, “un’ibridazione fra immagine e voce”. E già dalle prime immagini mute, la letteratura ha offerto il canovaccio, la traccia, la storia da seguire con le nuove immagini in movimento.

Fra le prime grandi produzioni si incontrano versioni mute della Divina Commedia. La Bibbia, libro fra i libri, rimane gettonatissima dal grande schermo. Autori come Kubrik o Visconti hanno saputo dare un nuovo valore all’opera letteraria, attraverso quello che Tabucchi ha chiamato “traduzione”.

Lui stesso ha offerto a cineasti le vicende per ben cinque film. Da “Notturno indiano”, portato su celluloide da Alain Corneau, a “Requiem” riletto in immagini da Alain Tanner, il fascino della sua scrittura ha colpito.

“Sono soddisfatto dei risultati, anche se li ritengo opere a sé stanti”, commenta Tabucchi. Addirittura ammette che il redattore della pagina culturale di un giornale portoghese sotto la dittatura di Salazar, il timido Pereira, ha abbandonato la faccia che lui aveva immaginato. Il volto di Marcello Mastroianni, guidato sul grande schermo da Roberto Faenza, è ormai la figura d’identificazione.

Ma esiste anche un ritorno, uno scambio attivo fra le arti. “Così la letteratura del Novecento – segnala l’attento studioso toscano – ha imparato molto dal cinema, soprattutto dalla tecnica del montaggio”. La nuova letteratura osa di più, grazie alla lezione del cinema. Non c’è più bisogno di lunghe descrizioni e della perfetta linearità cronologica.

Il lettore, come il pubblico del grande schermo, dispone di capacita interiori e di basi di conoscenza sufficienti a seguire il discorso. “La letteratura ha imparato a ridursi all’azione, ad espungere le frange inutili”. Così si conferma quella “transitabilità dell’arte”, come la chiama Tabucchi.

L’attualità

Ma i giornalisti accorsi a Locarno abbandonano presto il discorso di Tabucchi, vogliono cogliere l’istante e carpire dall’intellettuale lo stato d’animo e la motivazione a scrivere nell’Italia odierna. “Certo, l’indignazione è grande”, afferma con decisione, avventurandosi nel discorso politico.

Il governo Berlusconi lo preoccupa e tiene a riservarsi il diritto di esternare la sua rabbia verso chi calpesta lo Stato di diritto. Il discorso si concentra sulla legge votata il giorno stesso a Roma dal Senato. Il “legittimo sospetto” inserito in una legge per la riforma giudiziaria, afferma ancora Tabucchi, è un ulteriore passo verso la distruzione delle istituzioni.

“Ma le possibilità degli intellettuali sono limitiate – continua l’autore – e non è solo la società civile che deve muoversi, ci vuole un intervento all’interno delle istituzioni”. Così il romanziere si associa al cineasta Moretti in un grido disperato che non potrà cambiare un sistema funzionante, malgrado questo abbia fatto delle scelte probabilmente controproducenti.

Locarno, con la sua nuova sezione di dibattito “in progress”, supera i confini dell’arte. Identifica il suo spazio nella società e reclama un suo posto come censore e attento osservatore della società.

Daniele Papacella, Locarno

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