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Pavia, città di fiume

Poco più di 80’000 abitanti, capoluogo di provincia, Pavia è la città “ticinese” per eccellenza. Il fiume la costeggia per un lungo tratto e in epoca romana le dava il nome, “Ticinum”.

Quanto il fiume sia stato importante per l’identità storica di Pavia lo testimonia il bel dipinto della città, nella chiesa romanica di San Teodoro.

Vi si vede, in primo piano, il vescovo Teodoro, morto nel 778. Dietro di lui il fiume, solcato da barconi di legno. Sulla riva, alcune donne lavano i panni. A sinistra si scorge il Ponte coperto e sullo sfondo le mura, le case, le torri.

Il fiume lo si sente nell’aria, a Pavia. “Qui il problema d’estate è l’umidità, più che il caldo,” mi dice un cameriere, mentre mi serve un caffè.

Aggiungerei le zanzare, che mi riconoscono subito e mi accolgono a sciami. Ma non voglio insistere. Più d’uno mi ha raccomandato di non farlo, “se no qui non viene più nessuno”.

Per arrivare al Ticino, dal centro storico, si può percorrere l’ampia Strada nuova, eredità della struttura urbanistica romana, che porta dritto al Ponte coperto.

Prendendo a destra, per il Lungoticino Visconti e proseguendo poi oltre il Ponte della Libertà, sempre in riva al fiume, si arriva al capannone per il canottaggio del Centro universitario sportivo (CUS).

Un’aura di leggenda circonda i vogatori pavesi. “Di recente hanno battuto la squadra di Oxford”, mi dice con orgoglio il concierge dell’albergo. “C’è una tradizionale rivalità tra i canottieri di Pavia e Pisa”, racconta invece un impiegato dell’ufficio per il turismo. “Di solito vince Pavia.”

Cerco di rintracciare un responsabile del CUS, invano. Non mi resta che passeggiare lungo il Ticino. Pensionati in canottiera mi passano accanto in bicicletta. Dalle panchine lungo la strada colgo brani di frasi in dialetto. “Lo stesso dialetto lombardo che incontrerò lungo tutto il viaggio”, penso.

Mi torna in mente una frase dello storico Jean-François Bergier, letta prima di partire, a introduzione di un libro di Giuseppe Negro sugli studenti ticinesi a Pavia tra ‘700 e ‘800: “Un cantone svizzero, un’università lombarda. Un fiume che li bagna (…) via naturale e legame simbolico tra i territori ticinesi e l’Università Ticinese di Pavia.”

In uno spiazzo verde, all’ombra degli alberi, un gruppo di africani gioca a backgammon. Il Ticino ha nuove storie da raccontare.

swissinfo, Andrea Tognina, Pavia

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