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L’idealismo ha guidato l’aiuto svizzero allo sviluppo

L'aiuto svizzero allo sviluppo contribuisce anche alla promozione delle donne deza / John Paul Kay

Sostegno ai fuggiaschi libici, soccorsi nel Giappone nord-orientale devastato dal terremoto e dallo tsunami: l'aiuto umanitario della Confederazione è di stretta attualità. Fa notizia, ma non è una novità.

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) fornisce aiuti da esattamente 50 anni. Sia in situazioni di disastri puntuali, sia sul lungo periodo con progetti inerenti problemi che vanno dalla riduzione della povertà, alla prevenzione dei conflitti e al buon governo.

Ma senza l’impegno di organizzazioni private e di idealisti militanti non sarebbe mai nata.

Uno di quegli attivisti è Martin Menzi, nato nel 1929, che espone a swissinfo.ch le sue motivazioni. Spiega l’idealismo degli anni del dopoguerra, la determinazione per fare in modo che non avrebbe mai più dovuto esserci una guerra e la consapevolezza che le disuguaglianze economiche a lungo termine potrebbero costituire una minaccia per la pace.

“C’erano quelli che si potrebbero chiamare gruppi ‘progressisti’ che guardavano oltre i confini nazionali e affrontavano le autorità, dicendo che la Svizzera avrebbe dovuto mettersi in gioco”, racconta.

“E affermavano: sta a voi motivare la società civile e preparare il terreno in modo che il potere politico possa seguire. Ed è proprio quello che hanno fatto”.

Ingenui idealisti

Anche Theo von Fellenberg, nato nel 1935, faceva parte di quei giovani idealisti.

“Ero cosciente della mia situazione privilegiata, di essere cresciuto in una casa confortevole”, dice a swissinfo.ch.

Se ne andò in India, all’età di 25 anni, come volontario del Servizio civile internazionale, un’organizzazione svizzera il cui scopo era di promuovere la comprensione tra i popoli.

“Eravamo pieni di idealismo e piuttosto ingenui. Non avevamo alcuna preparazione. Partii semplicemente senza avere alcuna idea di come fosse l’India”, riconosce.

Egli stesso si chiese qual era lo scopo di quello che stava facendo quando, sei mesi dopo aver aiutato a fabbricare mattoni per gli abitanti di una baraccopoli, affinché potessero costruire case migliori, al suo ritorno trovò i mattoni dove erano stati impilati. Gli abitanti gli dissero che erano contenti delle case che avevano, ma che erano stati felicissimi che lui fosse stato lì.

“Il fatto che avessimo vissuto con loro era dieci volte più importante che costruire loro belle case”, rileva.

Imparare dagli errori

Il caso di Menzi è stato diverso. La DSC lo mandò in India nel 1968, quando ormai era un agronomo esperto. Ha lavorato per dieci anni per migliorare la produzione di latte, nello stato meridionale del Kerala, incrociando i capi da latte svizzeri con razze locali resistenti alle malattie.

Oggi il latte è ancora una fonte importante di reddito per i piccoli contadini locali. E il consumo di latte nel Kerala è otto volte superiore a quello degli anni ’60.

Ciò nonostante, Menzi ammette che gli esperti hanno anche commesso degli errori.

“Gli approcci tecnici che abbiamo scelto erano spesso troppo semplici. Non eravamo sufficientemente consapevoli della complessità. Per esempio, non ci eravamo resi conto che l’approvvigionamento alimentare non è soltanto una questione tecnica, ma dipende dalle strutture politiche e sociali. E spesso è da qui che si deve cominciare se si vuole avere un impatto sostenibile”.

Nel corso degli anni gli atteggiamenti sono cambiati. A suo avviso, gli operatori dell’aiuto allo sviluppo hanno imparato a guardare il quadro complessivo. Si sono resi conto che non possono semplicemente applicare la prassi europea, ma devono collaborare con i partner sul posto e imparare da loro.

Il sito web della DSC insiste sull’importanza della valutazione sistematica e critica del proprio lavoro. “Le valutazioni promuovono l’apprendimento istituzionale”, si sottolinea.

Responsabilità

La valutazione è anche “un mezzo per rendere conto ai politici e all’opinione pubblica di qualsiasi azione intrapresa”, dice. E tutte le organizzazioni di aiuto allo sviluppo hanno bisogno del sostegno della gente che paga.

Una ricerca pubblicata all’inizio di questo mese ha mostrato che i due terzi delle economie domestiche svizzere hanno dato soldi in beneficenza nel 2010. E il parlamento ha appena deciso di aumentare l’aiuto svizzero allo sviluppo.

Tuttavia è una “missione permanente” convincere il popolo svizzero che questo aiuto è importante, afferma René Holenstein, uno storico che lavora con la DSC e che ha appena scritto un libro sull’istituzione.

“Storicamente, abbiamo sempre visto ondate: a volte vengono alla ribalta gli interessi egoistici, a volte la solidarietà”, dice a swissinfo.ch.

Mentre alcuni aiuti producono risultati che rimangono visibili a tutti – come il bestiame di Menzi –, a volte è difficile quantificare il contributo preciso. Ma Holenstein è convinto che i paesi che l’hanno ricevuto ne hanno veramente tratto dei benefici.

“La gente spesso sopravvaluta quel che può fare l’aiuto. Ma spesso agisce come un catalizzatore: è la leva che fa continuare l’opera ai paesi o alla gente stessa”.

Von Fellenberg, che ha svolto sei anni di lavoro a tavolino per la DSC, è d’accordo che si debba giustificare la spesa per l’aiuto allo sviluppo ai contribuenti svizzeri. Ma per un idealista come lui era difficile accettarlo.

“Mi sentivo sempre più infelice di fronte a tutte le considerazioni politiche, sul perché noi, come stato, davamo un aiuto allo sviluppo. Il tema principale era che doveva essere opportuno per la Svizzera, gli interessi economici dovevano essere presi in considerazione”, indica, spiegando perché ha lasciato la DSC nel 1970.

Un archivio per la storia umanitaria svizzera

Il regista Frédéric Gonseth, la cui troupe ha intervistato un’ottantina di ex operatori umanitari – tra cui Menzi e von Fellenberg – ha detto a swissinfo.ch che l’opinione pubblica svizzera non è realmente a conoscenza del lavoro che hanno fatto.

Il documentarista non ha intervistato solo tecnici, ma anche chi ha lavorato per organizzazioni come la Croce Rossa. Molte storie sono commoventi, altre strazianti.

Se per gran parte degli operatori vige il segreto professionale a vita, certi, dopo un determinato numero di anni, non sono più tenuti al silenzio. Ma nel momento in cui possono parlare, spesso nessuno chiede loro di farlo. Molti erano stupiti di essere invitati a contribuire alla realizzazione dell’archivio “Storie della Svizzera umanitaria” in occasione del 50° della DSC, commenta Gonseth. Un archivio che contiene 300 ore di interviste interamente trascritte.

“Sono persone che hanno sperimentato cose straordinarie, che sono stati testimoni di eventi importanti della storia dell’umanità”. Per Gonseth, “la Svizzera ha tutto da guadagnare dalla conoscenza di questo aspetto della sua identità”.

La DSC, l’ente statale incaricato della cooperazione allo sviluppo, festeggia quest’anno 50 anni. La Svizzera, tuttavia, ha una tradizione umanitaria che risale alla seconda metà del XIX secolo. Le prime iniziative erano private. Qualche data importante:

1863: Fondazione a Ginevra del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) da parte di Henry Dunant.

1918: L’associazione cattolica Caritas organizza dei soggiorni in Svizzera per bambini provenienti da paesi in guerra.

1936: Fondazione del Soccorso operaio svizzero.

1944-48: Importante colletta promossa dalla Confederazione per venire in aiuto delle vittime della guerra in Europa. Da questa iniziativa nascerà anche Swissaid.

1946: Fondazione dell’Aiuto protestante svizzero.

1950: Prima missione finanziata dalla Confederazione di quattro cooperanti svizzeri in Nepal.

1951: La Svizzera comincia a partecipare finanziariamente ai programmi di assistenza tecnica delle Nazioni Unite.

1955: Fondazione dell’Aiuto svizzero alle regioni extra-europee, che nel 1965 diventerà Helvetas.

1960: Fondazione di Terre des Hommes.

1961: Il governo nomina il primo delegato al Servizio d’assistenza tecnica, la futura DSC (denominazione adottata nel 1996).

1974: La Svizzera aderisce alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.

1976: Legge sulla cooperazione allo sviluppo e all’aiuto umanitario internazionale.

2011: Il parlamento accetta di aumentare l’aiuto allo sviluppo, che dovrà essere pari allo 0,5% del prodotto interno lordo entro il 2015.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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