Il futuro del Dizionario storico nelle mani del governo

Martedì il governo si pronuncia sul futuro del Dizionario storico della Svizzera (DSS), in risposta ad un postulato presentato da Bruno Frick.
Il senatore teme che il dizionario sparisca dopo l’uscita dell’ultimo volume. swissinfo ha intervistato il direttore della pubblicazione, Marco Jorio.
All’inizio di novembre è uscito il quinto volume. E con questo, oltre un terzo dell’opera, che conta in tutto 13 volumi, è ormai disponibile.
L’impegno dei redattori del Dizionario storico della Svizzera non è certo terminato. Ma con l’80 per cento degli articoli già pronti per la pubblicazione, la fine di un lavoro iniziato nell’ormai lontano 1991 è all’orizzonte.
E presto si porrà il problema del futuro. In un postulato firmato con 17 colleghi, il senatore Bruno Frick chiede al governo federale di pronunciarsi in un rapporto sul futuro del DSS. A preoccupare il senatore è in particolare il destino dei 115.000 articoli messi gratuitamente a disposizione del pubblico nell’edizione elettronica del dizionario (e-DSS).
D’altronde, secondo Bruno Frick, “il futuro del DSS va inserito nel quadro più ampio di un nuovo dinamismo delle scienze umane”. Il che sarebbe possibile, sostiene Frick, trasformando il Dizionario in centro d’informazione e documentazione sulla storia della Svizzera.
Per fare il punto sulla questione, swissinfo ha intervistato Marco Jorio, redattore capo e direttore del Dizionario storico della Svizzera.
swissinfo: Quale interesse sta sollevando presso il pubblico l’edizione elettronica del Dizionario?
Marco Jorio: È ormai disponibile su Internet il 55 per cento degli articoli già scritti. E vanno sempre meglio: negli ultimi due anni, il numero di consultazioni è pressoché triplicato. E pare che una gran parte del pubblico utilizzi l’e-DSS per trovare informazioni di carattere storico sulla Svizzera.
swissinfo: Tanto più che la versione elettronica è gratis, mentre ogni volume cartaceo costa quasi 300 franchi…
M.J.: È vero. Ma penso che di per sé questo fatto non basti a spiegare il successo del Dizionario on-line. Noi constatiamo che intere generazioni – penso a giovani e persone di mezza età – si informano prevalentemente su Internet.
La versione elettronica, senza illustrazioni, è attualmente gratuita. Visto che il Dizionario è finanziato dalla Confederazione – dunque, dal contribuente – può essere bene un modo per fare tornare in tasca qualcosa alle persone che hanno fatto questo investimento.
swissinfo: L’edizione on-line è “attualmente” gratuita, ci dice. Ma la situazione potrebbe cambiare?
M. J.: Non posso escluderlo. Ma posso dirle che in questo momento non c’è il progetto né l’intenzione di renderla a pagamento.
swissinfo: Ma è il caso di preoccuparsi per il futuro di questa letteratura elettronica?
M. J.: Certo che sì, c’è davvero da preoccuparsi. Perché parlamento e governo hanno deciso di finanziarne la prima tappa, ovvero la pubblicazione di tredici volumi in tre lingue (tedesco, francese e italiano).
Ma non sappiamo ancora cosa avverrà in seguito. Nella peggiore delle ipotesi, al termine di questa fase la Confederazione potrebbe mettere la parola fine al progetto e al lavoro di messa a punto di una banca dati.
E questa sarebbe una sciocchezza. Sarebbe come investire su un ponte – e noi, in fondo, siamo proprio una sorta di ponte tra la scienza e il pubblico – e in seguito rinunciare alla manutenzione dell’opera realizzata. Ora, è piuttosto arrivato il momento di raccogliere i frutti di un investimento di 100 milioni.
swissinfo: L’idea dei postulanti è di fare del DSS un centro di informazione e documentazione storica. Che ne pensa?
M. J.: In linea di principio, è quanto siamo già adesso. La cosa più urgente era mettere a punto il Dizionario, ma è vero che già nel 1987 si era affacciata l’idea di trasformare il progetto DSS nel centro di informazione di cui da un trentennio si invoca la necessità.
Un centro che non si limiterebbe a redigere il Dizionario e gli aggiornamenti. Ci sono molti strumenti di cui la nostra storiografia è carente. Per esempio, mancano un nuovo atlante della Svizzera, una banca dati dei nomi di famiglia e una pubblicazione regolare delle fonti.
Il centro dovrebbe farsi carico di tutte le lacune presenti nell’infrastruttura del mondo della ricerca e rendere noti al grande pubblico i risultati che questa ricerca produce.
swissinfo: Da questo centro, ci si aspetterebbe anche che rendesse più dinamiche le scienze umane e la Storia. Sarebbe a dire che queste branche oggi non lo sono?
M. J.: Guardi, io mi attengo ai dati. Le scienze umane rappresentano il 60 per cento di tutti gli studenti, ma ricevono solo il 20 cento del budget del Fondo nazionale per la ricerca scientifica. La maggior parte degli investimenti finisce ad altre discipline.
Anche nel confronto internazionale, dobbiamo riscontrare che le scienze umane non sono il fiore all’occhiello della Svizzera. Ci manca soprattutto una infrastruttura in grado di mettere a disposizione informazioni con continuità. L’offerta attuale è irregolare. E frammentata.
swissinfo, Olivier Pauchard
(traduzione di Serena Tinari)
Il Dizionario storico della Svizzera in cifre:
13 i volumi previsti in ogni lingua
36.000 articoli distribuiti su circa 10.600 pagine
8500 illustrazioni
A fine agosto, il 79,9 per cento degli articoli era stato scritto
Di questi, il 58,2 per cento sono consultabili su Internet
Alla stesura dei testi lavorano 40 redattori, 2500 autori, 120 consiglieri scientifici e 75 traduttori.

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