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Sogni di vita di Max Beckmann in mostra a Berna

'Fuoco d'artificio cinese, piccolo sogno', una tela realizzata da Max Beckmann nel 1927. zpk.org

Il Zentrum Paul Klee propone di riscoprire Max Beckmann, il più geniale e inquietante rappresentante dell'Espressionismo europeo.

La mostra presenta una sessantina di opere dell’artista tedesco che aveva raffigurato la realtà tra le due Guerre mondiali come il sogno di un grande varietà.

Come per Paul Klee, Berna aveva un torto storico da riparare nei confronti di Max Beckmann: negli anni ’30, sotto gli influssi della propaganda nazista, entrambi erano stati trattati con poco riguardo in Svizzera.

Nel 1933, la capitale elvetica aveva accolto molto freddamente il ritorno di Paul Klee, costretto a lasciare la Germania, dove era ormai diventato un artista indesiderato.

Cinque anni dopo, un’accoglienza ancora peggiore era stata riservata alla prima esposizione a Berna di alcune opere di Max Beckmann, il quale si era rifugiato ad Amsterdam per sfuggire al nazismo.

Le sue tele erano state definite da una parte della stampa elvetica come il prodotto di un'”arte degenerata”, di una mente “perversa” e “malata”. A testimonianza di certo spirito che regnava anche in Svizzera a quei tempi.

Dialogo artistico

Moltissimi anni dopo, la capitale svizzera ha trovato il modo per farsi perdonare sia da Paul Klee che da Max Beckmann.

Al primo Berna ha dedicato il Zentrum Paul Klee (ZPK), un ambizioso museo monografico realizzato da Renzo Piano, che raccoglie il 40% dei lavori dell’artista morto nel 1946. Al secondo viene consacrata la splendida esposizione “Max Beckmann, sogni di vita”, organizzata e ospitata dallo stesso ZPK.

L’esposizione, che raccoglie una sessantina di dipinti di Beckmann, rappresenta il primo tentativo intrapreso dal museo per ricreare una sorta di dialogo tra le opere di Paul Klee ed altre esperienze artistiche, contemporanee o di altre epoche.

Un dialogo che i due artisti non hanno cercato durante la loro vita, pur essendosi affermati entrambi nello stesso periodo, la prima metà del secolo scorso, e nello stesso paese, la Germania. Ognuno dei due segue piuttosto da lontano la traiettoria artistica dell’altro, con un pizzico di ammirazione e di invidia.

Artisti agli antipodi

E neppure lo stile lega i due artisti, che si muovono su due strade distanti. Mentre Paul Klee si dirige verso una sua ricerca formale ed astratta, Max Beckmann rimane legato tutta la sua vita ad un’arte figurativa, che testimonia volontariamente o involontariamente della realtà del suo tempo.

“Indubbiamente questi due estremi individualisti della stessa generazione si trovano un po’ agli antipodi. Ma non mancano neppure diverse affinità”, spiega Tilman Osterwold, direttore artistico del ZPK e curatore della mostra.

“Entrambi, ad esempio, hanno alle spalle una formazione artistica classica, padroneggiano tutte le tecniche artistiche del 1800. Ma, nel contempo, decidono già agli albori del secolo scorso di semplificare la loro arte, di ridurla ad una dimensione quasi infantile”.

Mondo onirico

Sia Paul Klee che Max Beckmann sembrano guardare la realtà con gli occhi di un bambino. E con questo sguardo intravedono un mondo dominato da linee e forme essenziali, da figure ingenue, da paesaggi onirici.

“Per entrambi gli artisti il sogno assume un carattere fondamentale. Per Paul Klee si tratta soprattutto di uno spazio immaginario che si trova tra l’artista e l’uomo. È presente non soltanto nelle sue rappresentazioni, ma anche nei suoi titoli, nelle sue poesie”, osserva Tilman Osterwold.

“Per Beckmann il sogno assomiglia invece piuttosto alla scena di un grande spettacolo, di una grande commedia, fatta di maschere, saltimbanchi, burattini, musicisti”.

L’artista nato a Lipsia nel 1884 aveva due temi prediletti: le donne, a cominciare dalle mogli Minna e Mathilde, e il grande varietà della vita in cui si mette in scena la passione, il divertimento, l’illusione.

Molte opere di Beckmann propongono immagini fantastiche di circhi equestri, carnevali, balli mascherati, case da gioco e bordelli, da cui emerge un’umanità troppo dissoluta e decadente per essere apprezzata all’epoca nazista. In questo mondo l’artista e i suoi personaggi sembrano cercare rifugio nel periodo nero delle guerre e delle crisi economiche del secolo scorso.

Piacere e dolore

Dannato dal nazismo, rivalutato nel Dopoguerra, riscoperto dagli anni ’80, oggi Max Beckmann viene considerato il più geniale interprete dell’Espressionismo tedesco. E il prezzo delle sue tele ha ormai superato quello dei colleghi Kirchner, Marc o Macke.

Una generazione di artisti, da cui l’individualista Beckmann si è sempre tenuto alla larga, pur condividendone le intenzioni.

Ai suoi occhi l’arte non può essere né “un’imitazione priva di idee della natura”, né “una sterile astrazione”. Ogni forma di rappresentazione deve diventare invece “l’espressione del proprio piacere o del proprio dolore”.

Per Beckmann, l’artista deve saper cogliere e tradurre in pittura “la magia della realtà”. Una magia che, 68 anni dopo, Berna propone di riscoprire fino al 18 giugno.

swissinfo, Armando Mombelli

Inaugurato nel giugno 2005, il Zentrum Paul Klee (ZPK) vuole rendere omaggio all’artista tedesco, che aveva vissuto buona parte della sua vita a Berna e aveva ottenuto la nazionalità svizzera solo dopo la sua morte.

Il museo, la cui nascita è stata resa possibile dalla donazione di un privato, raccoglie circa 4000 opere di Paul Klee, di cui solo una piccola parte viene esposta.

“Max Beckmann, sogni di vita” è la seconda mostra temporanea proposta dal ZPK.

L’esposizione, che presenta una sessantina di dipinti, può essere visitata fino al prossimo 18 giugno.

Nato a Lipsia il 12 febbraio 1884, Max Beckmann ha seguito una formazione accademica preso la Scuola di Belle arti di Weimar.
Nel 1905, dopo un viaggio a Parigi, in cui viene influenzato dalla pittura moderna francese, si trasferisce a Berlino.
La Prima guerra mondiale lascia una traccia profonda sull’arte di Beckmann, che assume una maggiore forza espressiva e critica nei confronti della società.
Nel 1938, considerato un artista degenerato dal regime nazista, è costretto a lasciare la Germania.
Max Beckmann muore a Nuova York nel 1950.

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