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Soletta premia il cinema svizzero

Fiori per il cinema svizzero: Ruth Dreifuss si complimenta con il regista di "Utopia blues", miglior film del 2001 Keystone

Alle giornate cinematografiche di Soletta il cinema elvetico festeggia sé stesso e la sua distanza da Hollywood. Premi ai film che affrontano la realtà locale.

C’è il tappeto rosso per il pubblico delle grandi occasioni: politici, direttori TV, personaggi della cultura, giunti apposta in riva all’Aare per complimentarsi con chi di cinema vive, chi lo produce e chi lo amministra.

L’occhio di bue insegue chi ha nome e rango. Anche la musica è quella giusta: da Berna sono arrivati i Salonisti, il gruppo che ha offerto le sue note al naufragio del Titanic, nel colossal di qualche anno fa. La musica proposta a Soletta ha ripercorso idealmente le tappe del cinema con musiche di Nino Rota e Ennio Morricone.

Ma i premi svizzeri non sono gli Oscar. In sala sono ben pochi gli incravattati, anzi domina ancora il look post-sessantotto che evidentemente non è ancora tramontato nel paese delle Alpi. Anche il cantautore rap losannese, Carlos, improvvisato moderatore al fianco di una ineccepibile bionda teutonica, porta male il suo abito griffato. Più fortunate le sue battute sugli svizzeri-tedeschi che seminano lo scompiglio nel pubblico che non sa se ridere, applaudire o rimanere in quieto silenzio.

Premi non scontati

Il premio svizzero del cinema è alla sua quinta edizione, ma quella che sembra ormai una tradizione ha riservato delle sorprese. La giuria non sembra infatti essersi piegata a ragioni di mercato o politiche e probabilmente il verdetto non resterà incontestato.

Trionfatore della produzione 2001 è il film “Utopia blues” di Stephan Haupt. Il film distribuito solo nei cinema studio della Svizzera tedesca, racconta la storia d’amore fra un adolescente e la musica. La giuria ha voluto premiare “il coraggio e la coerenza” con cui il regista segue la sua traccia, attraverso conflitti generazionali e emozionali nella Zurigo dei giorni nostri. Oltre che il premio per il miglior film, all’opera va anche il premio per la migliore interpretazione maschile per Michael Finger, nel ruolo del protagonista.

Il film, prodotto con mezzi minimi, ha scavalcato dunque il mostro sacro del film elvetico, Jean-Luc Godard, e il giovane interprete ha lasciato per strada la vecchia volpe di decine di film per la televisione e il cinema, Mathias Gnädinger.

La distinzione per il ruolo femminile è poi andata a due giovanissime, neanche ventenni. La giuria ha scelto: Andrea Guyer e Carol Schuler, hanno scavalcato le altre nominate, rilanciando il tono d’autenticità e spontaneità nel loro ruolo di giovani alla scoperta del mondo delle emozioni.

Una sorpresa tutta elvetica si è registrata anche nella sezione documentari, tanto cara a Soletta. Il favorito e vicinissimo alla selezione ufficiale per gli Oscar, “War Photographer” di Christian Frei, è uscito a mani vuote. Il documentario che segue il lavoro di fotografi inviati in zone di guerra, ha ceduto il passo al documento che tocca la realtà svizzera.

Con “Bashkim”, Vadim Jendreyko ha raccolto i favori della giuria, seguendo le difficoltà di un giovane albanese, trapiantato in Svizzera, che convive con la violenza e raccoglie successi nella box.

Una cinematografia vera

La premiazione ha avuto – oltre a qualche momento di commozione dovuto e qualche briciola di glamour – una serie di interventi di carattere politico. Infatti la situazione rimane precaria. Lo scorso anno il cinema svizzero ha conquistato un’ulteriore fetta di mercato e il pubblico sembra riscoprire il piacere delle storie di casa nostra, ma i valori reali rimangono minimi: sotto il cinque per cento.

Mancano, è stato più volte ricordato, le infrastrutture sufficienti, la possibilità di dare forma alle idee. Anche la consigliera federale, Ruth Dreifuss, ha sottolineato questo fatto, riaffermando l’annoso proposito di aumentare i crediti pubblici. Non solo per le produzioni, ma anche per la formazione è necessario mantenere il livello alto.

“È importante parlare del cinema svizzero, marcare presenza perché è una parte della nostra espressione culturale”. È Tiziana Mona a sostenerlo per la SSR SRG idée suisse. La coordinatrice dell’ente pubblico televisivo, primo consumatore per eccellenza di immagini girate in patria, ritiene che gli eventi, anche un po’ impacciati, come la premiazione di Soletta, servano allo scambio, alla riflessione e alla promozione della produzione indigena.

Per Iso Camartin, responsabile della cultura di SF DRS, la qualità c’è ed è visibile. Le produzioni presentate sono di livello e parlano direttamente ad un pubblico elvetico. Tutti sono concordi dunque: il cinema svizzero esiste ed è buono e interessante, anche se vive nella sua nicchia e parla direttamente ad un pubblico ristretto.

Daniele Papacella

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