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A Hebron con i missionari della pace

Micheline Calmy-Rey ha visitato il mercato di Hebron Keystone

La Svizzera partecipa alla missione internazionale di osservazione a Hebron. Una città segnata dal conflitto israelo-palestinese.

Il capo della diplomazia ha potuto constatare personalmente le conseguenze sul popolo palestinese della presenza a Hebron di quattro colonie.

Posti di blocco. Reticolati disposti dalle colonie nel centro dei territori palestinesi della Cisgiordania. «Muro di sicurezza» in costruzione. Questi simboli dell’occupazione israeliana sfilano davanti ai nostri occhi dall’autobus sul quale accompagnamo Micheline Calmy-Rey durante il suo viaggio nella regione.

Da Ramallah – dove, con costanza, la cooperazione elvetica svolge il suo lavoro di prossimità a stetto contatto con la popolazione locale – il convoglio si dirige alla volta di Hebron. Prima però facciamo tappa a Qiryat gate, un posto di blocco diplomatico meno severo degli altri. Quattro giovanissimi soldati israeliani ci guardano a distanza e ci fanno segno di passare. Il freddo è pungente.

Una città immersa nel silenzio

Poco più lontano, i servizi di sicurezza palestinesi della città (non armati) accompagnano la carovana a sirene spiegate. Durante il tragitto incontriamo pochi ostacoli. La città, immersa in un’atmosfera di silenzio, sembra pietrificata. Le sue vie sono deserte.

Hebron – in passato ricca e attiva – è ora agonizzante. La colpa, si dice sia degli «uomini di fede». Eppure, proprio in questa città sono sepolte tre figure religiose particolarmente emblematiche: Abramo, Isacco e Giacobbe.

«A parte Gerusalemme, Hebron è la sola città in Cisgiordania dove le colonie sono situate nel centro abitato», sottolinea Suzanne Leuenberger. Quattro postazioni che rendono la vita impossibile ai 120’000 Palestinesi della città, assillati dall’esercito israeliano incaricato di proteggere…600 coloni.

La ginevrina Suzanne Leuenberger, membro della Missione di osservazione internazionale a Hebron (TIPH), è cosciente dei rischi. Il ricordo dell’assassinio dei colleghi Catherine Berruex (Svizzera) e Tungun Cengiz (Turchia) è ancora vivo nella memoria ma non le impedisce di pensare alla sua missione. Un attentato perpetrato, secondo la TIPH, da tre Palestinesi.

La vendetta dei coloni nazionalisti

«In quanto patria delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera ha delle responsabilità nelle regioni in conflitto. Soprattutto in Palestina», afferma l’osservatrice.

Dall’elezione del nuovo presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, le giornate di Suzanne Leuenberger e dei suoi colleghi della TIPH sembrano essere meno difficili .

Eppure, anche gli osservatori della TIPH, incaricati di ricreare un’atmosfera di sicurezza in seno alla popolazione palestinese di Hebron, non sfuggono alla vendetta dei coloni nazionalisti. «Pensano che questa terra sia stata donata loro da Dio», precisa un membro della TIPH.

«A volte ci lanciano delle pietre e ci insultano», afferma Leuenberger, che aggiunge: «i coloni ci considerano dei complici dei Palestinesi».

Paradossalmente, agli osservatori della TIPH capita anche di subire, benché piuttosto di rado, le ingiurie di alcuni Palestinesi.

Una rete per proteggere il mercato

I missionari della pace del TIPH si occupano prevalentemente di constatare le violazioni dei diritti dell’uomo e del diritto umanitario.

Essi redigono rapporti «neutri e imparziali» trasmessi poi all’esercito israeliano, alle forze palestinesi (non armate) e ai rappresentanti dei sei Paesi membri della TIPH.

Secondo gli osservatori internazionali, a soffrire maggiormente della situazione creatasi è il popolo palestinese. Le colonie sono in continua espansione. L’esercito israeliano non permette ai Palestinesi di circolare in auto in gran parte della città e ha fatto chiudere parecchi negozi. L’economia locale è moribonda. La disoccupazione dilaga.

Insulti e lanci di pietre sono all’ordine del giorno. «Siamo riusciti a fermare le molestie dei coloni nei confronti degli adolescenti palestinesi in rotta verso i loro istituti scolastici, chiedendo all’esercito israeliano di accompagnare gli studenti», spiega la TIPH.

È sufficiente addentrarsi nel vecchio mercato di Hebron per rendersi conto delle sofferenze patite dai Palestinesi. Anche il capo della diplomazia elvetica, Micheline Calmy-Rey, ha potuto tristemente constatarlo.

swissinfo, Jugurtha Aït-Ahmed a Hebron
(traduzione e adattamento: Anna Passera)

Venerdi, ad Hebron, Micheline Calmy-Rey ha visitato il monumento alla memoria di Catherine Berruex e del suo collega turco. Secondo la TIPH, i due sono stati assassinati da tre attivisti palestinesi.

Non si conoscono ancora le ragioni di questo gesto efferato. Due degli attivisti sono stati uccisi dall’esercito israeliano. Il terzo è stato condannato dai tribunali israeliani e si trova attualmente in prigione.

Alcuni mandati del TIPH:
– creare un’atmosfera di sicurezza in seno alla popolazione palestinese di Hebron;
– migliorare la stabilità e la situazione dei Palestinesi;
– promuovere lo sviluppo economico della regione;
– coordinare le attività fra le autorità israeliane e quelle palestinesi.

Il 25 febbraio 1994, un venerdì di preghiera, il colono israeliano Baruch Goldstein apre il fuoco nella moschea di Abraham, uccidendo più di 50 persone.
La risoluzione 904 dell’ONU condanna duramente questo massacro e chiede di rafforzare la presenza internazionale a Hebron.
La missione di osservazione internazionale a Hebron (TIPH) è nata in seguito a una serie di negoziati condotti, fra il 1994 e il 1997, fra l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) e Israele.
Fanno parte della TIPH: Norvegia, Italia, Danimarca, Svezia, Turchia e Svizzera. I suoi membri si occupano della missione civile di osservazione ad ovest della città.

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