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Zurigo si “offre” dei tesori rari di Angkor

Ritratto di Jayavarman VII, XII secolo (National Museum Cambodia, Phnom Penh © John Gollings)

Il Museo Rietberg di Zurigo riesce ancora una volta a mettere a segno un colpo grosso, presentando fino al 2 dicembre "L'eredità divina della Cambogia".

Attraverso 140 oggetti di ogni epoca, l’esposizione propone un’avvincente immersione nel mondo di Angkor, prima città preindustriale della storia.

Albert Lutz, direttore del Museo Rietberg di Zurigo, durante la presentazione dell’esposizione ai media non ha nascosto la sua fierezza: “Finora non eravamo mai riusciti a riunire così tanti tesori della storia dell’arte di un solo paese!”.

Per riuscire ad esporre i tesori di Angkor è stato determinante soprattutto un intervento politico di primo piano, poiché il presidente tedesco Horst Köhler si è adoperato personalmente per convincere il re cambogiano, Norodom Sihamoni, a lasciar uscire dal paese alcuni dei capolavori nazionali.

L’esposizione “L’eredità divina della Cambogia” si è inoltre avvalsa di importanti e prestigiose “madrine”: le due curatrici dell’esposizione, Wibke Lobo di Berlino e Helen Ibbitson Jessup di Washington, sono infatti considerate delle sommità mondiali dell’arte khmer.

“Anche se si conoscono le opere a memoria, ogni esposizione dà loro una nuova vita”, ha dichiarato la storica dell’arte statunitense, “e questo di Zurigo è uno dei più belli allestimenti scenici che ho visto finora”.

Nicchie arancioni che danno un rilievo particolare ai Budda che accolgono, ampie pareti per mettere in risalto delle teste monumentali, giochi d’ombra per intensificare l’illusione del movimento delle sculture a quattro braccia: il Museo Rietberg può in effetti essere orgoglioso di offrire una cornice di simile bellezza a questi tesori di un altro tempo.

Plastico di Angkor Wat

All’inizio dell’esposizione si può ammirare un plastico del tempio di Angkor Wat, costruito probabilmente tra il 1113 e il 1150 d.C. “Dagli accordi di pace di Parigi del 1991, i ricercatori del mondo intero sono confluiti ad Angkor – spiega Wibke Lobo. Nuovi templi sono scoperti senza sosta”.

Secondo Albert Lutz, i lavori archeologici più recenti mostrano inoltre che Angkor potrebbe essere stata la prima città preindustriale della storia. All’apice del suo splendore vi vivevano forse un milione di persone.

Oltre all’impressionante plastico del tempio, nella prima sala si può ammirare il busto di un demone del 1191. Il viso scolpito nell’arenaria proviene dalle statue monumentali che costeggiavano il “viale dei giganti”, allo scopo di intimidire i visitatori.

Nella prima sala sono presentati pure dei bassorilievi che decoravano le gallerie attorno al tempio. Su oltre 500 metri di lunghezza, queste sculture di due metri di altezza raffiguravano ogni sorta di tema, ad esempio le lotte tra dei e demoni.

Il fotografo Jaroslav Poncar ne ha fatto uno “slit-scan”, un particolare procedimento fotografico, che permette di vedere le numerose figure, quasi meglio che dal vero, assicura Wibke Lobo. I dettagli sono così precisi che ci si crederebbe di fronte ad un affresco.

Il “sorriso di Angkor”

Oltre a diversi linga, simboli fallici di Shiva, l’esposizione mostra pure le prime rappresentazioni antropomorfiche di Shiva, provenienti dal nord della Cambogia. Le forme sono semplici con un torso molto caratteristico e una postura meditativa.

L’inizio del periodo di Angkor, a partire dal nono secolo, è caratterizzato da una nuova ricchezza e da una nuova iconografia. I re si identificano agli dei e vogliono mostrarlo.

Per presentare a Zurigo una delle più belle opere dell’esposizione, “Vishnu Anantashayin”, un viso appoggiato su un braccio doppio, ci è voluto “un intenso scambio di missive” col Museo nazionale di Phnom Penh, ha spiegato Albert Lutz. Di una grandezza di circa sei metri, è la più grande scultura in bronzo ritrovata fino ad oggi. La scoperta è avvenuta nel 1936. La statua giaceva da secoli sul fondale di un lago artificiale.

Un altro momento forte dell’esposizione è il ritratto del re Jayavarman VII (1181-1218), il più grande costruttore di Angkor, che con il suo viso contemplativo esprime i due principi del buddismo mahayana, la compassione e la saggezza. Un sorriso – il famoso “sorriso di Angkor” – che resterà impresso a lungo nello spirito dei visitatori.

swissinfo, Ariane Gigon Bormann, Zurigo
(traduzione di Daniele Mariani)

Dagli accordi di pace del 1991, quella zurighese è la seconda grande esposizione sull’arte khmer organizzata nei paesi occidentali.

La prima, sotto l’egida del Museo Guimet di Parigi, che possiede la più grande collezione d’arte khmer al di fuori della Cambogia, era stata inaugurata nel 1997 ed aveva fatto tappa anche a Washington e in Giappone.

L’esposizione “Angkor, l’eredità divina della Cambogia” è stata organizzata da tre musei: la Kunst- und Austellungshalle di Bonn, il Martin Gropius Bau di Berlino e il Museo Rietberg di Zurigo.

In Germania l’esposizione ha attirato più di 200’000 persone.

Zurigo è la terza ed ultima tappa di questa esposizione, inaugurata il 19 agosto e che si chiuderà il 2 dicembre 2007.

Mille anni fa il popolo khmer era la potenza dominante nel Sud-est asiatico. Nel X secolo Angkor diventa il cuore del regno khmer.

Nel XV secolo, i re khmer abbandonano Angkor e si insediano a Phnom Pehn. Nei secoli successivi la Cambogia è vieppiù sotto l’influenza dei vicini thailandesi e vietnamiti. Nel 1865, il re cambogiano sollecita l’appoggio della Francia, che fa della Cambogia un suo protettorato.

Il paese ritrova la sua indipendenza solo nel 1954. Dal 1966 il paese è sconvolto dalle guerre civili e dal regime di terrore imposto dagli khmer rossi (1975-1979).

Nel 1979 il Vietnam invade la Cambogia. Le truppe di Hanoi si ritirano nel 1989 e con la firma degli accordi di pace di Parigi nel 1991 il paese comincia a stabilizzarsi. Nel 1993 la Cambogia diventa una monarchia costituzionale.

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