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UBS inciampa nella discriminazione

Una delle filiali di UBS a New York, città dove si moltiplicano le cause per discriminazione dei dirigenti donna Keystone

Una corte di New York ha condannato la banca svizzera a risarcire con 29 milioni di dollari una sua ex dirigente.

Discriminata perché donna e licenziata per essersi rivolta ad una commissione per le pari opportunità: sono gli ingredienti di una delle tante cause per discriminazione che da qualche tempo interessano Wall Street.

Una giuria federale statunitense ha condannato UBS, la maggiore banca svizzera, a pagare più di 29 milioni di dollari ad una dipendente che aveva licenziato. Una cifra record, che caratterizza una delle più importanti cause per discriminazione inoltrate negli ultimi anni.

Dopo tre anni di dibattiti, la giuria ha concesso a Laura Zubulake, 44 anni, un risarcimento per danni morali e materiali subiti dall’UBS. La banca l’avrebbe discriminata perché donna e il licenziamento sarebbe stato un atto di ritorsione. La Zubulake, infatti, si era rivolta ad una commissione per le pari opportunità sul posto di lavoro.

UBS delusa

«Siamo molto delusi da questa decisione», dichiara a swissinfo Serge Steiner, portavoce dell’UBS. «Ricorreremo senz’altro in appello. La cifra stanziata dalla giuria newyorkese è eccessiva». L’UBS respinge in modo deciso le accuse di discriminazione. «La nostra banca», continua Steiner, «ha molto a cuore le pari opportunità».

Non la pensa così Laura Zubulake, la cui storia è raccontata nell’edizione del 7 aprile del New York Times. Assunta nel 1999 per un incarico di prestigio – trattava capitali asiatici con degli investitori istituzionali – la Zubulake ha lavorato fino al 2001 negli uffici dell’UBS a Stamford e Manhattan.

Discriminazione

Nel suo atto d’accusa, Laura Zubulake afferma che nel 2000, l’UBS le ha rifiutato la promozione a responsabile del settore inerente la vendita di capitali asiatici, affidando l’incarico a Matthew Chapin. Quest’ultimo non avrebbe perso occasione per umiliare la Zubulake, fare delle osservazioni sessiste di fronte ai clienti e isolarla dal resto del team, arrivando addirittura a spostare la sua scrivania.

Quando la Zubulake si è rivolta alla commissione per le pari opportunità, Chapin le ha inviato una lettera di licenziamento. «È un chiaro caso di discriminazione e vendetta», ha affermato uno dei legali della donna. «E la giuria ha riconosciuto entrambe le mancanze».

«Il verdetto», afferma la Zubulake sul New York Times, «è un messaggio non solo per l’UBS, ma per tutte le donne manager di Wall Street: non devono avere paura e devono parlare se hanno l’impressione di essere discriminate».

Competenze insufficienti

Per difendersi dalle accuse, UBS aveva sostenuto che il comportamento di Matthew Chapin, l’uomo che ha licenziato la Zubulake, non è mai stato discriminatorio. L’uomo, infatti, tratterebbe male anche gli uomini. Diversi impiegati maschi si sarebbero lamentati delle sue maniere.

Nella sua arringa finale, una degli avvocati dell’UBS, ha sottolineato che Laura Zubulake è stata licenziata perché aveva dei problemi di rendimento e perché non riusciva a collaborare col gruppo. «Nonostante sia stata seguita e consigliata, non è riuscita a migliorarsi e non è nemmeno riuscita a riconoscere di avere dei problemi da affrontare».

La giuria ha però respinto le argomentazioni dei legali dell’UBS. Il verdetto è l’ultimo di tutta una serie di cause inoltrate contro compagnie attive a Wall Street e altri istituti finanziari per discriminazione nei confronti delle donne dirigenti.

swissinfo e agenzie

UBS è stata condannata a pagare 29,2 milioni di dollari (35,1 milioni di franchi) a una sua ex dirigente che ha citato la banca per discriminazione sessuale.
UBS è intenzionata a ricorrere in appello.
Negli Stati uniti, gli uomini bianchi rappresentano più della metà degli impiegati nel settore della security e più del 70% dei banchieri che si occupano d’investimenti, dei commercianti e dei brokers.

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