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Un obiettivo puntato sui rituali collettivi moderni

Andreas Gursky e la sua opera "Salerno I 1990" Keystone

Per la prima volta il Kunstmuseum di Basilea apre le sue porte ad una mostra fotografica presentando le opere dell'artista tedesco Andreas Gursky.

Nelle sale che normalmente ospitano i maesti dell’arte moderna sono esposte 25 foto di grande formato, alcune delle quali realizzate espressamente per questa esposizione.

“È la prima mostra di un artista che ha scelto di lavorare con la tecnica della fotografia che presentiamo proprio nel Kustmuseum – spiega Nina Zimmer, curatrice della mostra – e non nel museo d’Arte Contemporanea, che fa anche parte della nostra istituzione. Andreas Gursky è oggi un artista centrale, molto importante anche sulla scena internazionale e bisognava veramente presentarlo là dove noi presentiamo i maestri dell’arte moderna.”

Che questo onore sia toccato ad Andreas Gursky non deve stupire: considerato uno dei fotografi contemporanei più importanti al mondo, egli è di sicuro il più quotato sul mercato dell’arte.

La sua immagine degli scaffali di empori dove la merce è venduta a 99 cent – intitolata appunto “99 Cent” e di cui esistonono 6 esemplari – a febbraio è stata acquistata ad un’asta a Londra al prezzo di 1.700.000 sterline ovvero oltre 3 milioni e 300 mila dollari.

La tecnica di Gursky

Distintosi subito per la qualità delle foto a colori e per l’uso del grande formato, Gursky è stato anche uno dei primi artisti ad utilizzare il computer per realizzare le sue opere. Inizialmente se ne è servito più come un pennello da ritocco, ma in seguito ha approfondito la contaminazione tra digitale e stampa convenzionale.

Negli ultimi lavori il processo di costruzione delle sue opere si è fatto sempre più complesso e la rielaborazione digitale delle immagini più elaborata. “Negli anni ’80 e ’90 -precisa Nina Zimmer – Gursky faceva una fotografia e poi la rielaborava con le tecniche digitali. Adesso la prima cosa che egli ha è una visione dell’immagine. Solo dopo inizia a realizzarla servendosi di tutto quello che gli è utile.”

Un esempio di questo nuovo approccio è l’opera “Francoforte” – esposta per la prima volta a Basilea – che rappresenta l’immagine di un aeroporto. “Essa è iniziata con un design completamente digitale al computer – sottolinea Nina Zimmer. Solo dopo Gursky è andato all’aeroporto a fare le foto.”

Attraverso una ricomposizione a collage delle foto scattate, Gursky ha costruito un tabellone che riporta le destinazioni di partenza da Francoforte nell’arco di tutta una giornata. Il risultato finale è un’immagine che non esiste nella realtà ma afferra totalmente il concetto di ‘mobilità verso ogni luogo’ che oggi un aeroporto mette a disposizione di ognuno di noi.

Cogliere lo spirito di un’epoca

Malgrado siano il frutto di una costruzione e di una manipolazione della realtà, le foto di Gursky si distinguono proprio per la loro capacità di riuscire a sintetizzare in un’unica immagine lo spirito di una situazione o di un’epoca.

Interessato alla relazione tra gli uomini e il loro contesto ambientale, Gursky ha rivolto l’attenzione soprattutto ai fenomeni collettivi e ai rituali di massa o, ancora, ai luoghi e alle strutture del mondo globalizzato.

Come ha dichiarato egli stesso le sue opere sono essenzialmente immagini. “Io cerco di creare delle immagini. E poi sono interessato al presente. Credo di aver creato un mezzo, tramite la fotografia, per analizzare il presente. In un primo passo fotografo in modo convenzionale e poi scompongo il tutto come si trattasse di un mosaico per ricomporre in seguito le singole parti in una nuova immagine.”

I temi dei lavori in serie

“Quando abbiamo deciso di esporre Andreas Gursky ci siamo accorti che a Monaco di Baviera c’era una retrospettiva dedicata alla sua opera. Così abbiamo pensato che era più interessante mostrare ai nostri visitatori un lato nuovo di Gursky e abbiamo dato più spazio a opere veramente recentissime.”

Con questo allestimento il Kunstmuseum sottolinea anche un nuovo aspetto dell’opera di Gursky. Se all’inizio l’artista era noto per realizzare solo opere singole, in questa esposizione risulta evidente che egli ha cominciato anche a lavorare a delle serie tematiche.

La mostra ne presenta 3: il paesaggio artificiale, le corse di Formula 1 e il festival dell’Arirang nella Corea del Nord, un evento di massa che ha luogo ogni primavera per ricordare il compleanno di Kim Il Sung (1912-1994), capo di stato della Corea del Nord dal 1948 alla sua morte.

L’importanza del punto di vista

Soprattutto nella serie dedicata al festival dell’Arirang -intitolata “Pyongyang” – emerge chiaramente non solo l’interesse di Gursky per le strutture ornamentali e geometriche della massa ma anche la predilezione per un particolare punto di vista.

“Se c’è veramente un’estetica che Andreas Gursky ha formulato spesso –
spiega Nina Zimmer – è una vista dall’alto che gli dà la possibiltà di semplificare l’immagine, di renderla più piatta del normale per mostrarne le strutture.”

Sempre alla ricerca di un equilibrio tra una dimensione geometrica e astratta e una narrativa e figurativa, come un moderno etnologo, Gursky riesce a documentare e a descrivere come pochi altri le manifestazioni rituali della nostra epoca.

swissinfo, Paola Beltrame, Basilea

La mostra dedicata all’opera fotografica di Andreas Gursky, in corso al Kunstmuseum di Basilea, rimarrà aperta fino al 24 febbraio 2008.

Divise in 3 gruppi tematici vi sono presentate 25 foto di grande formato, di cui ben 19 sono state realizzate nel 2007 e 7 vengono esposte a Basilea per la prima volta.

Nato a Leipzig nel 1955 e residente a Düsseldorf, Andreas Gursky si avvicina alla fotografia grazie al padre, riconosciuto fotografo commerciale.

Alla fine degli anni ’70 frequenta la Folkwang Hochschule, una delle più importanti scuole di fotografia allora diretta da Otto Steiner, dove si confronta con la tradizione fotografica documentaria.

All’inizio degli anni ’80 s’iscrive all’Accademia d’Arte di Düsseldorf, allora culla della nuova avanguardia, dove Bernd e Hilla Becher stavano formando una nuova generazione di fotografi.

Ottiene i primi riconoscimenti alla fine degli anni ’80 e nel 1990 partecipa alla Biennale di Venezia. Tra le sue esposizioni si ricordano quelle del 2001 al Museo d’Arte Moderna di New York e al Centro Pompidou di Parigi e, più di recente, al Mueo d’arte Moderna di Istambul e alla Casa dell’Arte di Monaco nel 2007.

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