Prospettive svizzere in 10 lingue

Un sud del mondo all’insegna della cinefilia

Sequenza di "Nekta dul" film sud-coreano premiato a Friburgo. www.fiff.ch

È giunto al termine domenica il Festival internazionale del film di Friburgo. Primo premio a "Cammelli" del sud-coreano Park Kiyong.

Si è conclusa domenica 16 marzo la sedicesima edizione del Festival Internazionale del Film di Friburgo, tradizionalmente dedicato alle cinematografie extra-europee. Caratterizzata da una nuova struttura organizzativa e da una paletta di film che – globalizzazione oblige – si apre alla produzione di ogni parte del mondo, questa edizione ha proposto due retrospettive di altissimo interesse e dodici film in concorso, tra cui molte opere prime.

Primo premio a “Cammelli”

Un uomo, una donna: entrambi sposati senza amore, entrambi chiedono solo un po’ di tenerezza, che cercheranno di darsi in un fine settimana squallido, persi in una pietosissima stazione balneare. In un bianco e nero slavato, con una lentezza esasperante – tra dialoghi su bazzecole farmaceutiche zeppi di sospiri e pause e coiti di dieci minuti a camera fissa – il regista esordiente Park Kiyong riesce con coerenza a istillarci lo sconforto triste di questi perdenti senza sogni.

Letale per chi non riesce a star sveglio al cinema, è un film tutto d’un pezzo, come ne faceva solo la Nouvelle Vague, ma con una carica di disperazione in più. Si chiama “Cammelli” ed ha vinto il Regard d’Or di questa edizione del Festival, soffiando la palma ad un altro film sud-coreano, “L’isola dei fiori” del trentunenne Song Il-gon: storia di tre donne martoriate dal destino, ma capaci di solidarietà e di utopia, con un linguaggio cinematografico di assoluta poesia. Un film che ottiene comunque una menzione speciale, il premio per la sceneggiatura e il premio FIPRESCI.

I film in concorso

La sezione dei film in concorso ha dimostrato ancora una volta il rigore delle scelte di questo piccolo festival frequentatissimo: 25 mila spettatori in una settimana, quest’anno in aumento del 10%. Se una volta era squisitamente “terzomondista”, oggi si vuole in special modo cinefilo.

Tra i film più belli – purtroppo senza premi – anche un omaggio al cinema e alla sua passione, proveniente dall’Uzbekistan: si chiama “Fellini”, storia di un sognatore folle, per cui il cinema è più importante della vita (che ricorda certi personaggi poeticissimi de “La macchina cinema” di Agosti/Bellocchio/Rulli/Petraglia).

Tra i film più brutti, spiace dirlo, uno dei due lungometraggi che hanno avuto – tramite cartoline di voto alla fine delle proiezioni – il Premio del Pubblico: “Una casa con vista sul mare”, un leccatissimo drammone venezuelano sulla vita dura di padre e figlio campesinos (l’altro film davvero brutto – ma non senza fascino – è stato un incomprensibile pasticciaccio tailandese, “Oggetti misteriosi a mezzogiorno”).

Le retrospettive e le altre sezioni

A far la parte del leone, quest’anno, sono state soprattutto le retrospettive: quella sul cinema nero d’America, che hanno portato a Friburgo grandi registi come Charles Burnett, Billy Woodberry e Haile Gerima. E il Panorama “Sud: mode d’emploi”, che ha inteso aprire una prima riflessione sull’idea di “film del sud” che sostiene l’intiero festival, in un momento in cui le migrazioni hanno reso urgente la riflessione sull’alterità che vive a due spanne da noi.

Molti i film svizzeri presenti in questa sezione, tra cui pure un toccante documento video, realizzato dal collettivo dei Sans-Papiers asserragliati nella chiesa friburghese di Saint-Paul. Al versante opposto di questa tendenza a dar conto del presente più cogente, il Festival ha pure presentato opere di rara tensione stilistica (dall’emozionante “Inventario balcanico” di Gianikian-Ricci Lucchi, all’ormai classico “40m quadri Germania” di Tevfik Baser).

La diciassettesima edizione del Festival è prevista dal 16 al 23 marzo 2003.

Pierre Lepori

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