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Una Svizzera che osa danzando

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Concluse domenica a Losanna le Journées de la danse contemporaine suisse. Le compagnie svizzere hanno potuto mostrare il loro lavoro. E i risultati sono incoraggianti.

Ceci n’est pas un Festival, vien da dire, parafrasando Magritte. Eppure gli organizzatori ci tenevano molto ad aprire la propria proposta al pubblico. Piccola aporia di queste Giornate svizzere della danza: 11 spettacoli – tra cui due premières molto attese! – e poco posto per il pubblico. Le sale sono stracolme di… programmatori, direttori di teatro, di festival, di compagnie di danza. Vengono dalle Internationale Tanz Wochen di Vienna, dal Festival Buenos Aires, dall’Australia Arts Council. Vengono da Siviglia o Barcellona, dal Cairo o da Skopje, da Parigi o da Bologna. Addirittura da Seoul.

“Userei molto volentieri il termine “vetrina” commenta Domenico Lucchini, direttore del Centro Culturale Svizzero di Milano “ma evidentemente nelle intenzioni degli organizzatori c’è stata anche l’idea di un piccolo festival. Occorre tuttavia sottolineare che quanto è proposto qui a Losanna è una scelta – come tutte le scelte, anche un po’ radicale. Non vorrei si credesse che il meglio della danza contemporanea sia solo quello che si è visto in questi giorni a Losanna”.

Numerosi programmatori esteri

Obiettivo raggiunto, allora, se vogliamo, per quanto riguarda l’aspetto vetrina: gli organizzatori sono rimasti stupiti del numero enorme di programmatori esteri convenuti negli spazi dell’Arsenic e del Théâtre Sévélin 36. Oltre 150 persone che – se la vetrina si rivela attrattiva – potrebbero portare gli spettacoli cui hanno assistito nei loro festival e nelle loro sale.

E il pubblico? Chi non ha trovato posto nelle sale “squattate” dai professionisti della danza, può consolarsi: molti spettacoli sono stati e saranno in programmazione nelle sale svizzere (e non solo romande). Per chi ha potuto trovare un posto il programma – messo in piedi da un comitato ad hoc che ha osato rischiare sui coreografi più giovani – ha riservato belle sorprese.

Forse un po’ deludente è stata la prima assoluta di Verosimile, per la coreografia del solettese (operante a Bruxelles) Thomas Hauert. L’idea di far altalenare lo spettacolo tra momenti di grande rigore formale e aperture all’improvvisazione e anche a una certa sbracatezza era buona, ma il meccanismo forse non ancora perfettamente oliato. Il risultato aveva l’aria vagamente superficiale.

Ma di fronte a spettacoli come quello di Yann Marussich o Footwa d’Imobilité – o ancora di fronte alle lentissime evoluzioni millimetriche di Cindy Van Acker – l’impressione è che la danza contemporanea svizzera non ha paura del rigore estetico e può vantarsi di un rigore formale eccezionale. Marussich, in Bleu Provisoire, se ne sta fermo per un’ora, mentre una minicamera percorre ogni recesso del suo corpo e misteriosi liquidi blu pullulano dagli orifizi. Una performance radicale e d’una sorprendente poesia. Footwa costruisce invece in Media Vice Versa una partitura di micro-gesti, tra tenerezza e ironia, in un’atmosfera video inquietante che lascia ammirati.

Per un’immagine meno tradizionale della Svizzera

E se questi spettacoli potranno partire per l’estero, grazie alle Giornate Svizzere della Danza, non sarà certo un’immagine timorata e pacifica della Svizzera che valicherà le frontiere. “Per quanto riguarda l’Italia” conclude Lucchini “siamo riusciti a far convenire a Losanna una quindicina di programmatori, un vero successo. Un servizio reso ai coreografi e ai danzatori svizzeri che sono convenuti numerosi per cercare di consolidare e costruire rapporti di scambio non sempre facili”.

Pierre Lepori

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