Bologna non ha abolito le discriminazioni
Dieci anni dopo l'avvio della riforma di Bologna, nel sistema universitario svizzero sussiste qualche problema. In particolare permangono le disparità sociali per quanto riguarda l'accesso agli studi. Un'inchiesta rivela però che complessivamente gli studenti sono soddisfatti.
L’indagine nazionale sugli effetti concreti della riforma visti dagli studenti – la prima del genere in Europa – è stata condotta su un campione rappresentativo di 11’268 iscritti al ciclo di bachelor o a quello di master negli atenei elvetici nel semestre 2007/08. Il questionario, che comprendeva un centinaio di domande, è stato compilato da 5’350 interpellati.
Il tasso di risposta si è dunque collocato al 47%. Questa proporzione elevata dimostra l’interesse suscitato dal sondaggio, sottolineano la Conferenza dei rettori delle università svizzere (CRUS) e l’Unione svizzera degli universitari (USU), che hanno realizzato l’analisi in collaborazione con l’Osservatorio della vita studentesca.
Positivo è l’apprezzamento della propria formazione. I tre quarti (74%) degli studenti che hanno risposto si dicono contenti o molto contenti. Pure decisamente favorevole è il giudizio sull’organizzazione del percorso formativo, che l’80% definisce molto buona o piuttosto buona.
La visione generale positiva assume tuttavia sfumature diverse quando gli studenti entrano nei particolari. Nell’ambito di domande inerenti a problemi potenziali, più del 40% giudica inutili certi corsi obbligatori e il 30% ritiene che i programmi di studio siano troppo rigidi e che non offrano loro la flessibilità necessaria per combinare studi e lavoro.
La chimera delle pari opportunità
A livello sociale un vecchio problema è tuttora irrisolto: gli studenti provenienti da famiglie con un livello d’istruzione basso sono ancora sottorappresentati. “Il terzo ciclo di formazione è ancora un luogo di severa selezione sociale”, lamenta l’UNES. Secondo l’UNES e la CRUS, ciò è in buona parte dovuto alla mancanza di un verso sistema di borse di studio che consentano di studiare a tempo pieno fino all’ottenimento del master.
“I problemi relativi alle pari opportunità, al libero accesso al terzo ciclo di formazione, alla compatibilità fra studi e lavoro e all’uguaglianza fra i sessi sono certamente problemi anteriori alla Dichiarazione di Bologna, ma purtroppo i risultati non mostrano progressi”, osserva l’UNES nelle conclusioni del rapporto sull’inchiesta pubblicato il 9 settembre.
Circa il sistema europeo di crediti formativi universitari (ECTS), che dovrebbe agevolare la mobilità fra gli atenei, l’UNES costata che tale processo non è ancora una realtà. Esso è ostacolato dalla diversità dei regolamenti delle università. L’ECTS, “molto spesso, è ridotto a semplice calcolo di crediti e non funziona con coerenza”, scrive l’UNES.
Piano d’azione
Alla luce dei risultati dell’inchiesta, la CRUS intende focalizzare i suoi sforzi su tre settori. In primo luogo si batterà per lo smantellamento dei “freni alla mobilità”, vigilando affinché le condizioni di svolgimento degli studi siano realmente uniformate.
D’altra parte, in veste di coordinatrice nazionale, la CRUS s’impegnerà per il rafforzamento di un insegnamento orientato verso un approccio basato sulle competenze e i risultati dell’apprendimento (“learning outcomes”), promuovendo la discussione fra le università e sostenendo progetti in questo campo.
Infine, la CRUS opererà per le pari opportunità a tutti i livelli. A tal fine sosterrà un’organizzazione flessibile degli studi, che permetta percorsi individualizzati. Sollecita inoltre un’uniformazione del sistema delle borse di studio e chiede di chiarire la ripartizione dei ruoli tra Confederazione, Cantoni e università.
La Svizzera ha attuato rapidamente i cambiamenti strutturali per soddisfare l’accordo raggiunto al vertice dei ministri dell’istruzione di Bologna, il 19 giugno 1999. In particolare strutturando in due fasi – laurea triennale (bachelor) e laurea magistrale (master) – il percorso di studio, come richiesto ai paesi firmatari. Tuttavia occorre ancora rivedere e adattare i contenuti.
Nuovo modello
I risultati dell’inchiesta evidenziano i problemi nell’attuazione della riforma, afferma Aline Burki, segretaria generale dell’UNES. “Finora l’insegnamento al più alto livello si incentrato sui contenuti. Con l’accordo di Bologna, al centro dell’insegnamento è stato messo lo studente e le competenze allargate acquisite da questa persona”, ha dichiarato a swissinfo.ch.
“Ciò significa che non si valuteranno più i temi trattati ma quello che la persona è riuscita a ritenere, competenze che questa persona sarà in grado di utilizzare per il resto della vita”. Secondo l’UNES e la CRUS, è necessario un nuovo paradigma nell’insegnamento per garantire l’attuazione di questo cambiamento.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è espressa Sabine Felder, responsabile in seno alla CRUS del coordinamento nell’applicazione della Dichiarazione di Bologna. “La Svizzera ha veramente adattato velocemente il sistema a livello strutturale. Adesso dobbiamo cambiare anche il contenuto”, ha detto a swissinfo.ch.
La formazione permanente è molto importante nel contesto europeo e l’inchiesta indica che c’è molto da fare in questo campo, ha proseguito. “Tutta l’Europa si trova nel processo di sviluppo di questo cambiamento. Non è più importante la forma dell’istruzione, ma sono piuttosto i risultati che contano”.
Jessica Dacey, swissinfo.ch
(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)
Il 74,4% è contento o molto contento della propria formazione, il 11,2% è deluso o molto deluso.
L’80% giudica buona o molto buona l’organizzazione dei propri studi.
Il 64% valuta il proprio standard di vita ideale o abbastanza buono.
Il 49% abita presso i genitori, il 2% con i figli, il 5% in un convitto universitario, il 27% in un appartamento condiviso, l’11% da solo.
Il 72% ha un lavoro regolare o part-time.
Il 14% beneficia di borse di studio.
Il 76% intende conseguire un master (il 20% non sa).
Il 63% avrebbe la possibilità seguire parte dei corsi in un’altra università, il 37% dice di non avere alcuna possibilità di mobilità parziale.
Il 40% ritiene inutili alcuni corsi obbligatori.
Il 30% giudica troppo rigidi i piani di studio.
I partecipanti al vertice ministeriale europeo dell’istruzione superiore del 19 giugno 1999 a Bologna hanno sottoscritto una Dichiarazione congiunta nella quale si sono impegnati a costruire entro il 2010 uno spazio europeo per l’università e la ricerca dinamico e competitivo.
Esso è basato su un sistema in due cicli principali di primo e secondo livello, il bachelor e il master.
Parallelamente è previsto il consolidamento del sistema di crediti didattici, acquisibili anche in contesti diversi, compresi quelli di formazione permanente.
L’obiettivo è la promozione dell’istruzione superiore in Europa, tramite lo sviluppo dei curricula, la cooperazione, la mobilità, i programmi integrati di studio, formazione e ricerca. Nella dichiarazione si precisa che si deve accordare particolare attenzione all’accesso alle opportunità di studio e formazione.
La Dichiarazione inizialmente era stata firmata da 30 paesi, fra cui la Svizzera. Nel frattempo si sono aggiunti altri 16 paesi firmatari.
Ogni due anni, i ministri dei paesi firmatari si riuniscono per valutare l’evoluzione.
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