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La Svizzera saluta il ritiro da Gaza

Un colono ebreo di fronte alla polizia, all'entrata di un insediamento Keystone

La partenza dei coloni israeliani dalla Striscia di Gaza è considerato un evento positivo dal coordinatore elvetico per il Medio Oriente.

Una parte del contributo elvetico al processo è costituita dall’elaborazione di un piano per assicurare l’accesso di persone, beni e servizi nella zona, anche in situazioni d’emergenza.

L’ambasciatore Nicolas Lang, attualmente a Berna, spiega quali sono gli obbiettivi della Svizzera e quali sviluppi si prospettano per il futuro della regione.

swissinfo: Quanto è importante il ritiro da Gaza nell’ambito del processo di pace?

Nicolas Lang: Va detto innanzittutto che la partenza israeliana dalla Striscia rappresenta un vero e proprio evento storico. Da un punto di vista puramente simbolico, l’evacuazione dei quattro insediamenti in Cisgiordania è ancora più importante dal momento che costituisce un precedente e un cambiamento radicale dall’inizio dell’occupazione.

Tuttavia, occorre prudenza nel valutare l’impatto del ritiro sull’intero processo di pace. A questo proposito, c’è chi interpreta la partenza come la fine del processo e chi invece la considera come un primo passo. Nello stesso tempo, molti temono la possibilità di una “terza intifada”. Una nuova ondata di violenza minerebbe infatti la possibilità di risolvere il conflitto in maniera pacifica.

Inoltre, è necessario tener conto del fatto che il ritiro dalla Striscia di Gaza non può essere analizzato senza considerare gli sviluppi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. In particolare, a suscitare inquietudine sono la costruzione di nuove colonie e quella del muro di sicurezza.

Dal canto suo, la Svizzera valuta positivamente la prospettiva di un ritiro completo di Israele dalla Striscia di Gaza e dai quattro insediamenti in Cisgiordania.

swissinfo: La Svizzera è coinvolta nel processo di ritiro da Gaza?

N.L.: La Svizzera non è coinvolta nel processo di ritiro propriamente detto. Da un punto di vista teorico ed operativo, si tratta di un compito che spetta principalmente alle parti in causa (Israele, l’Autorità Palestinese e l’Egitto).

L’attività della Svizzera nel corso degli scorsi mesi si è focalizzata soprattutto sulle implicazioni del piano di ritiro dal punto di vista del diritto internazionale umanitario, la sicurezza nella regione durante gli anni a venire e l’accesso a beni, servizi e generi di prima necessità.

swissinfo: Quali sono stati i progressi da questo punto di vista legati al piano elaborato dalla Svizzera?

N.L.: La struttura portante in caso di situazione di emergenza sanitaria nella zona di Gaza è stata completata. Una volta iniziate le operazioni di ritiro, vi saranno contatti con le parti in causa e le organizzazioni internazionali per stabilire in che maniera garantire l’accesso alla zona in caso di difficoltà.

In particolare, il modello si riferisce a situazioni di chiusura completa o parziale dei punti d’accesso alla Striscia. Un simile scenario non si è ancora materializzato fino ad ora.

swissinfo: Cosa succederà prossimamente a Gaza e nell’ambito dell’intero processo di pace?

N.L.: È difficile fare previsioni. Per quanto concerne Gaza, vi sono molti punti da chiarire, per esempio la sorte della ” Philadelphi route ” (zona di terra controllata da Israele), il porto, l’aeroporto, il regime doganale e soprattutto i collegamenti tra la Cisgiordania e la Striscia.

L’accesso è dunque destinato a restare un tema chiave. Molto dipenderà da come si svolgerà il ritiro e dall’impatto sulle opinioni pubbliche di entrambi gli schieramenti. Inoltre, si terranno elezioni sia in campo palestinese che in campo israeliano.

La Svizzera crede fermamente nei benefici globali di un accordo di pace, e continuerà quindi a sostenere questa visione anche dopo il ritiro.

swissinfo-interview: Matthew Allen
(traduzione e adattamento, Andrea Clementi)

8’500 coloni israeliani nella Striscia di Gaza hanno 48 ore di tempo per lasciare il territorio occupato dal 1967. Mercoledì, le forze armate procederanno all’evacuazione forzata dei recalcitranti.

L’organizzazione militante palestinese Hamas ha annunciato di voler continuare la lotta armata contro Israele anche dopo il ritiro da Gaza.

7’500 membri delle forze di sicurezza palestinesi sorvegliano la zona per evitare possibili attacchi da parte degli estremisti.

I coloni che dovranno essere evacuati con la forza rischiano di perdere un terzo dell’indennizzo per famiglia (188’000 franchi-500’000 franchi).

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