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Libera circolazione: Bruxelles chiede i conti a Berna

Michael Reiterer è il primo ambasciatore dell'UE a Berna; è entrato in funzione nel 2007 swissinfo.ch

La Commissione europea (CE) denuncia il carattere protezionista di alcune misure d'accompagnamento dell'accordo sulla libera circolazione delle persone. Berna si difende.

Michael Reiterer, ambasciatore dell’UE in Svizzera, ha consegnato al Dipartimento federale degli affari esteri una nota verbale che chiede a Berna dettagli sulla «regola degli otto giorni».

L’Unione europea si chiede se le misure prese dalla Svizzera per prevenire il dumping sociale e salariale siano davvero conformi allo spirito dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. In particolare, suscita perplessità la cosiddetta «regola degli otto giorni».

Bruxelles, giudicando tale normativa contraria all’accordo, ha inoltrato il 12 febbraio scorso una nota diplomatica a Berna. La notizia, rivelata dal quotidiano economico L’Agefi, è stata confermata da Adrian Sollberger, portavoce dell’Ufficio dell’integrazione.

La notizia arriva in un momento difficile per la Svizzera, un momento che coincide col profilarsi all’orizzonte di delicati referendum sulla rinegoziazione dell’accordo e sulla sua estensione alla Romania e a alla Bulgaria.

Otto giorni

Ma cosa dice la regola degli otto giorni che fa storcere il naso a Bruxelles? In sostanza si tratta di un provvedimento anti-dumping che costringe le aziende con sede nell’UE intenzionate a inviare in Svizzera lavoratori per un periodo massimo di 90 giorni a fornire alle autorità cantonali tutta una serie di informazioni sulle loro attività al più tardi otto giorni prima dell’inizio del loro mandato.

I datori di lavoro che non rispettano questa procedura possono essere multati, o addirittura esclusi dal mercato svizzero.

Bruxelles non contesta la liceità dei controlli, destinati ad evitare abusi, ma denuncia una deriva protezionistica nell’applicazione del provvedimento. Proteste sono state presentate a Bruxelles in particolare da Austria e Germania, che giudicano le scadenze eccessivamente ristrette e le sanzioni sproporzionate.

Elasticità

A Berna, il portavoce dell’Ufficio dell’integrazione non capisce i timori di Bruxelles. «La Svizzera non ha nessun interesse ad ostacolare la libera circolazione», dice Adrian Sollberger. Inoltre, per casi eccezionali – come gli incidenti sul lavoro o i guasti ai macchinari – sono previste delle deroghe alla regola degli otto giorni.

«È vero», riconosce la CE che tuttavia ritiene troppo limitato il campo d’applicazione delle deroghe. «Se un operaio che lavora in Svizzera si ammala, bisogna ricominciare da zero tutta la procedura per poterlo rimpiazzare».

Alcuni responsabili cantonali, seppur sottovoce, cominciano a riconoscere l’esistenza di un problema. «In generale una scadenza di due o tre giorni è sufficiente per studiare un dossier e dare il nostro nulla osta», dice ad esempio Gilles Vermot dell’Ufficio di sorveglianza del lavoro del canton Neuchâtel. «Ma forse alcuni cantoni sono meno elastici di noi…» A questo proposito, a Bruxelles si cita spesso Basilea Campagna.

La risposta della Confederazione alla nota consegnata dall’ambasciatore Reiterer dovrebbe arrivare al più tardi in giugno, quando è in programma una delle riunioni del comitato misto Svizzera-Unione europea.

swissinfo, Tanguy Verhoosel, Bruxelles
(traduzione ed adattamento di Doris Lucini)

Nel 1999 la Svizzera e l’Unione Europea hanno firmato un primo pacchetto di sette accordi bilaterali per rafforzare la collaborazione tra le due entità. Uno di questi accordi concerne la libera circolazione delle persone.

Nel maggio del 2000, i cittadini svizzeri hanno approvato in votazione popolare il pacchetto d’accordi. Quello sulla libera circolazione è entrato in vigore il primo giugno del 2002.

Il primo maggio 2004, 10 nuovi Stati hanno fatto il loro ingresso nell’UE: Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Cechia, Cipro, Malta e Ungheria.

L’accordo di libera circolazione tra Berna e Bruxelles è stato esteso a questi dieci nuovi paesi. I cittadini svizzeri hanno approvato questa estensione il 15 settembre 2005. Il 26 novembre 2006 hanno pure accettato di accordare un aiuto di un miliardo di franchi a questi 10 paesi.

L’entrata della Romania e della Bulgaria nell’UE, avvenuta il primo gennaio 2007, necessita di una nuova estensione dell’accordo.

Gli svizzeri dovranno quasi certamente pronunciarsi ancora una volta, poiché l’Unione democratica di centro (destra nazional-conservatrice) ha già annunciato che lancerà un referendum. Inoltre, anche l’accordo di libera circolazione potrebbe essere sottoposto a votazione nel 2009, quando scadrà il termine del periodo di prova di sette anni previsto nell’intesa.

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