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Un giorno di speranza per Haiti

Migliaia di orfani ad Haiti possono contare solo sull'aiuto umanitario Reuters

Sedici organizzazioni, una catena e tanta solidarietà: in Svizzera giovedì 21 gennaio è la giornata nazionale di raccolta di fondi per le vittime del terribile terremoto che il 12 gennaio ha devastato Haiti.

La colletta è organizzata dalla Catena della solidarietà, con il sostegno attivo delle emittenti radiofoniche e televisive della SRG SSR idée suisse e altri media. Le operazioni sono iniziate alle 6 del mattino e termineranno a mezzanotte. In questo lasso di tempo, le donazioni possono essere annunciate al numero telefonico gratuito della Catena della Solidarietà 0800 87 07 07 oppure sul suo sito internet https://www.catena-della-solidarieta.ch/it/.

Si tratta di una colletta coordinata, in stretta collaborazione con 16 organizzazioni partner, in maggioranza attive da anni ad Haiti, che hanno già iniziato la distribuzione di aiuti urgenti. Essendo già presenti sul posto possono agire rapidamente e in modo mirato. La maggior parte delle donazioni sarà utilizzata per la ricostruzione.

Popolazione, aziende ed enti elvetici, sono invitati a fare un gesto per ridare un futuro a un paese con città ridotte ad un ammasso di rovine, dove i morti si contano a decine di migliaia (il governo haitiano parla di 200mila) e i feriti si aggirano sui 250mila.

Sotto i detriti sono stati trovati circa 80mila corpi esanimi. Le operazioni di ricerca di eventuali superstiti si sono concluse ufficialmente mercoledì, otto giorni dopo la violenta scossa che fatto crollare un numero ancora imprecisato di edifici.

Benché proprio mercoledì siano state nuovamente estratte dalle macerie alcune persone ancora in vita – fra cui una neonata di 22 giorni -le speranze di trovare altri sopravissuti sono ormai praticamente nulle.

Tre milioni di sinistrati

Secondo il rapporto dell’ONU di mercoledì, le 52 squadre internazionali di aiuto in caso di catastrofe che hanno partecipato alle operazioni con 1’820 soccorritori e 175 cani specializzati, hanno salvato almeno 121 persone che erano rimaste intrappolate sotto le rovine.

Esaurita la fase di ricerca, quella degli interventi umanitari nella drammatica situazione è invece solo all’inizio. Operazioni che tuttavia si stanno rivelando estremamente difficili. A causa di problemi logistici, 3 milioni di sinistrati permangono in attesa degli aiuti. I feriti che hanno un “disperato bisogno di cure mediche d’emergenza, stanno morendo a causa dei ritardi nell’arrivo delle forniture sanitarie”, ha denunciato Medici senza Frontiere (MsF).

Parecchi velivoli cargo con a bordo forniture sanitarie, viveri e materiale di soccorso non hanno ricevuto l’autorizzazione di atterrare all’aeroporto di Port-au-Prince. Ciò ha suscitato reazioni di rabbia. Ma “sul posto abbiamo constatato che le capacità sono realmente limitate, a causa dei danni che ha subito anche lo stesso scalo”, ha spiegato a swissinfo.ch Florian Westphal, portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR).

“L’estensione della distruzione nel paese costituisce il più grande ostacolo”, rileva il portavoce dell’organizzazione umanitaria con sede a Ginevra, che invita a non perdere tempo in recriminazioni.

Il CICR ha finora assicurato la distribuzione di acqua potabile per 7500 persone e fornito materiale di pronto soccorso alla Croce Rossa haitiana che è operativa in vari accampamenti di fortuna nella regione attorno a Port-au-Prince.

Relativizzare la violenza

La questione della sicurezza nella capitale non ha finora costituito un problema per il CICR. “Negli ultimi giorni abbiamo potuto muoverci e svolgere un grande lavoro. Quando parliamo con i nostri colleghi, ci dicono che c’è effettivamente una certa tensione. Ma non si tratta di un’aggressività nei loro confronti”, precisa Westphal.

Una relativizzazione della violenza condivisa anche da Tamar Hahn dell’UNICEF, giunta ad Haiti subito dopo il sisma. La violenza non è così diffusa come l’hanno descritta certi media, afferma la rappresentante dell’ente dell’ONU per l’infanzia, sottolineando invece le capacità di resistenza e la calma mostrati dalla popolazione haitiana.

“Qui non sono tutti dei banditi, saccheggiatori e violenti. La gente sta vivendo in accampamenti in condizioni orrende. I sinistrati adesso hanno formato dei comitati e si organizzano per suddividersi le risorse”, prosegue la Hahn, evidenziando la grande creatività e ingegnosità degli haitiani.

Il più grosso problema per la distribuzione degli aiuti ad Haiti attualmente è costituito dalla penuria di carburante, dice Tamar Hahn. La mancanza di benzina rischia di paralizzare le operazioni di soccorso.

Clare O’Dea, swissinfo.ch
(Traduzione dall’inglese e adattamento: Sonia Fenazzi)

Haiti è uno dei paesi più poveri del mondo e il suo destino è costellato da una serie di catastrofi naturali. Sul fronte politico, dittature e colpi di stato non hanno dato tregua ad Haiti negli ultimi 50 anni.

La Confederazione, tramite la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), dal 2004 ha intensificato gli aiuti al paese caraibico.

Nel 2006 la DSC ha aperto un ufficio a Port-au-Prince e da allora sta attuando un programma umanitario speciale.

L’anno scorso la DSC e la Segretaria di Stato dell’economia (SECO) hanno contribuito con 6,4 milioni di franchi a progetti di aiuto ad Haiti.

In seguito al sisma del 12 gennaio, la Svizzera ha inviato ad Haiti aiuti per 7,5 milioni di franchi: beni di prima necessità, materiale sanitario, medicinali, materiale di costruzione di rifugi, tende, kit di cucina, generatori e acqua, a bordo di due aerei. Nel secondo carico, all’aiuto statale si sono aggiunte tre tonnellate di medicamenti offerti dalla Novartis.

Il primo velivolo ha dovuto atterrare nella confinante Repubblica dominicana. Il secondo mercoledì ha dovuto fare uno scalo a Nassau, nelle Bahamas, in attesa di ricevere l’autirizzazione per Port-au-Prince o Santo Domingo.

Il Corpo svizzero di aiuto umanitario è attualmente attivo ad Haiti con 51 persone. Si tratta di personale medico, specialisti di questioni legate all’acqua e all’igiene, di coordinazione e di logistica. Nei prossimi giorni, il loro numero dovrebbe salire a 60.

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