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I castelli di Bellinzona entrano nel patrimonio culturale mondiale

Castelgrande, una delle tre fortezze medievali di Bellinzona picswiss.ch

A Cairns, in Australia, i delegati dell'Unesco hanno approvato l'iscrizione delle fortezze medievali di Bellinzona nella prestigiosa lista che comprende oltre 500 beni storici. Solo tre siti svizzeri fanno già parte del patrimonio culturale mondiale.

I castelli di Bellinzona hanno superato l’esame degli storici internazionali dell’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, che da lunedì hanno preso in esame una cinquantina di candidature, provenienti da tutto il mondo. “Con questa decisione viene riconosciuta l’importanza del sito ticinese, come parte del patrimonio dell’umanità e quindi come un bene che la comunità internazionale è chiamata a rispettare e a sostenere” ha dichiarato a swissinfo Francesca Gemnetti che ha seguito i dibattiti a Cairns, in qualità di presidente della Commissione nazionale svizzera dell’Unesco.

La candidatura di Bellinzona, presentata alla fine del 1997, è stata adottata sulla base del criterio numero 4, con la seguente menzione: “L’insieme fortificato di Bellinzona è un esempio notevole di struttura difensiva della fine del Medioevo, controllante un passo alpino in un punto strategico”. Con questa menzione ufficiale l’Icomos, l’associazione di consulenza del Comitato del patrimonio mondiale, considera che i castelli bellinzonesi rappresentano una struttura fortificata medievale unica, ancora così conservata sull’arco alpino centroeuropeo.

Le fortezze medievali di Bellinzona diventano così il quarto sito svizzero iscritto nella lista del patrimonio culturale mondiale. Vi fanno già parte il centro storico di Berna, l’abbazia di San Gallo e il monastero di Münstair, nel Canton Grigioni. Per poter entrare nella prestigiosa lista, ogni sito deve corrispondere a severi criteri storici e culturali.

Per Francesca Gemetti, la decisione dell’Unesco comporta per la popolazione svizzera e ticinese una presa di coscienza dell’importanza del patrimonio che si trova sul suo territorio e del valore della propria cultura. “Oggi, dopo aver raggiunto un certo grado di benessere e di educazione, ci rendiamo conto che esistono testimonianze storiche fondamentali per il nostro futuro, testimonianze che interessano tutta l’umanità”.

L’inserimento nel patrimonio culturale mondiale non ha ricadute dirette in campo finanziario. “Il problema finanziario non si pone” sottolinea Francesca Gemetti. “L’esistenza e la tutela di questi monumenti è già garantita dalle leggi federali e cantonali, come pure dai piani regolatori dei comuni”. L’aiuto finanziario dell’Unesco è destinato soprattutto ai paesi in via di sviluppo e ai siti considerati in pericolo. Incentivi economici possono tuttavia scaturire indirettamente, grazie alla rinomanza internazionale che si traduce generalmente in un aumento del numero di visitatori.

L’importanza strategica del luogo, situato all’intersezione fra le vie di transito tra sud e nord Europa, non sfuggì ai romani, che per primi vi costruirono una struttura militare, base da cui partivano le spedizioni per sottomettere le popolazioni alpine. Questa rocca primitiva, ancora utilizzata come postazione difensiva all’epoca delle invasioni barbariche, cadde poi sotto la dominazione dei longobardi, dei franchi e, dopo la dissoluzione dell’impero carolingio, dei sovrani germanici, che a loro volta la cedettero attorno all’anno 1000 ai vescovi di Como.

Sotto il dominio comasco, nella cinta muraria di Castelgrande vennero costruiti torri ed edifici in pietra, mentre verso il 1300 la famiglia comasca dei Rusca diede inizio ai lavori per il castello di Montebello, seconda struttura a controllare in quel punto l’accesso ai passi alpini.

Nel XIV secolo, la svolta: dopo una serie di assedi, Milano sottomette Como e, nel 1340, Bellinzona, che resterà sotto il dominio delle signorie milanesi, prima dei Visconti e poi degli Sforza, per 150 anni. È appunto a questo periodo che risale la massima espansione del complesso bellinzonese, potenziato con nuove fortificazioni, una murata fin oltre il fiume Ticino (oggi in parte distrutta) e, dopo il 1400, il terzo castello di Sasso Corbaro, per contrastare le mire espansionistiche verso sud dei primi confederati.

Le fortezze bellinzonesi sono quindi per lo più il frutto dei lavori promossi dai duchi di Milano, progettati da architetti e ingegneri in parte italiani e in parte ticinesi. Con l’inizio della dominazione dei signori svizzeri, attorno al 1500, l’interesse strategico delle fortificazioni diminuì, provocandone un inesorabile declino. I castelli e le mura servirono via via da arsenali, stalle, prigioni e, non da ultimo, cave di pietra per la città che si ingrandiva.

Un degrado da cui il complesso si è ripreso solo in questo secolo, grazie a una prima serie di interventi di ripristino tra il 1920 e il 1950. Infine, l’operazione più recente: il restauro e la modernizzazione di Castelgrande tra il 1982 e il 1992 ad opera dell’architetto ticinese Aurelio Galfetti, con l’aggiunta di un ascensore scavato nella roccia, hanno contribuito a riportare il monumento al centro della vita cittadina.

L’intervento, a dire il vero, è stato in un primo momento contestato dall’Unesco, che aveva denunciato una perdita d’autenticità. Ma una visita di esperti dell’organizzazione in aprile ha ridimensionato gli allarmismi: adesso, con duemila anni di storia, Bellinzona entra quindi nel patrimonio culturale riconosciuto e protetto a livello internazionale.

swissinfo

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