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Il gesto pittorico diventa protagonista

Morris Louis, dettaglio di Omega IV, opera del 1959/60 di 368x268cm © Morris Louis

Con una mostra di grandissimo effetto la Fondazione Beyeler di Riehen, a Basilea, apre le sue porte a 100 capolavori dell'Action painting, la pittura astratta gestuale.

Realizzate tra gli anni 40 e 60 da 27 artisti internazionali, le opere esposte consentono un confronto serrato tra la corrente Informale europea e l’Espressionismo astratto americano.

Chiamato da alcuni Espressionismo astratto o Astrazione gestuale, l’Action painting – letteralmente “pittura d’azione” – è un movimento artistico così definito dal critico americano Harold Rosenberg nel 1952, in un articolo pubblicato nella rivista Art News.

Ma lo stile dell’Action painting era già esploso in America subito dopo la Seconda guerra mondiale e nel giro di vent’anni aveva annoverato tra i suoi adepti, artisti provenienti da tutto il mondo.

Dal Nord al Sud dell’America, dall’Europa fino all’Asia, gli action painters hanno promosso una pittura astratta basata sull’azione nella quale il gesto pittorico spontaneo doveva consentire alla personalità dell’artista di apparire direttamente nella tela.

L’atto del dipingere

Nato come risposta ai tragici eventi sociali e politici del 20° secolo, il linguaggio rivoluzionario degli “artisti d’azione” promuoveva una pittura immediata e libera, indipendente da scelte formali o concettuali coscienti, una pittura capace di dar sfogo agli stati d’animo e all’inconscio di chi la praticava.

Questo gesto spontaneo, eseguito in modi e con tecniche diverse, coinvolgeva tutto il corpo. In alcuni casi l’artista lasciava cadere il colore sulla tela appoggiata a terra attraverso movimenti danzanti o semplicemente standoci sopra in piedi; in altri lanciava sulla tela il colore senza pensare a ciò che stava facendo.

Al di là delle peculiarità personali e della tecnica usata, gli action painters focalizzavano l’interesse più sul processo di realizzazione del dipinto che non sul prodotto finale, tanto che per questi artisti l’opera era costituita dall’atto stesso del dipingere.

Non solo un’avanguardia americana

Scegliendo di mettere a confronto i dipinti di 27 artisti internazionali, l’esposizione organizzata alla Fondazione Beyeler, ripercorre le tappe dell’Action painting anche nelle sue forme meno note e permette di cogliere con uno sguardo d’insieme questo influente movimento d’avanguardia del 20° secolo.

“Penso che la mostra non sia importante solo per le grandi opere riunite – spiega Sam Keller, nuovo direttore della Fondazione Beyeler -, ma anche perché sono presentati artisti americani insieme ad europei o addirittura ad altri come il sudamericano Roberto Matta o il giapponese Kazuo Shiraga, mettendo in evidenza come l’Action painting sia un movimento artistico internazionale, anzi globale.”

Nella mostra perciò, l’Action painting non è analizzato solo come fenomeno americano ma vengono, ad esempio, messe in grande evidenza le radici europee della pittura d’azione. Guardando le opere dei tedeschi Hans Hartung (1904-1989) e Wols (1913-1951), che si richiamano all’automatismo psichico e grafico del Surrealismo, diventa subito chiaro che non si può più distinguere tra figurazione e astrattismo.

Il nucleo espositivo

Oltre ai precursori europei, viene dato spazio ad un ampio nucleo di opere di autori nati nel vecchio continente che emigrarono in America e contribuirono agli sviluppi dell’Action painting.

Tra costoro l’armeno Arshile Gorky (1904- 1948) che, sviluppando un proprio stile gestuale, ha realizzato opere profondamente poetiche ed espressive. Come Waterfall (1943) dove intrecci di linee associate parafrasano forme dalla morfologia morbida ed elastica.

Allo stesso nucleo appartengono le opere del tedesco Hans Hoffmann (1880-1966) che arrivato a New York nel 1932, fondò la leggendaria Hans Hoffmann School of Fine Arts nella quale si formò una generazione di artisti. Tra questi c’era anche Jackson Pollock, che proprio da Hoffmann apprese la tecnica del “dripping” (sgocciolatura).

Una tecnica che, insieme a quella del “pouring” (rovesciamento), è largamente documentata proprio dalle 14 opere di Pollock (1912-1956), considerato uno dei protagonisti maggiori dell’Action painting americano.

La selezione comprende importanti lavori – come Out of the Web (1949) o Number 7 (1950) – che oltre ad essere rappresentativi dell’evoluzione dell’artista, costituiscono anche il cuore dell’esposizione.

Un’occasione rara

“L’ultima grande esposizione con quadri di Jackson Pollock è stata presentata nel secolo scorso al MoMa di New York e alla Tate di Londra – spiega Sam Keller -, ed è piuttosto raro vedere esposte queste opere anche perché la loro conservazione non è affatto semplice.”

“Passerà anche diverso tempo prima che esse vengano nuovamente esposte nella nostra regione. Si tratta di opere spettacolari di grande formato il cui trasporto e la cui esposizione costituiscono davvero una grossa sfida.”

È quindi un’occasione da non perdere quella proposta dalla Fondazione Beyeler. Non solo per gli appassionati dell’arte astratta o per chi vuole conoscere meglio questo stile pittorico. L’invito alla visita è valido anche per tutti coloro che sono curiosi di immergere i propri sensi in un mondo di colori ed emozioni pure.

swissinfo, Paola Beltrame, Riehen

La grande mostra dedicata all’Action painting in corso alla Fondazione Beyeler di Riehen, a Basilea, rimarrà aperta fino al 12 maggio.
Tra le opere presenti spiccano quelle di artisti del calibro di Jackson Pollock, Arshile Gorky, Wols, Morris Louis, Sam Francis, Pierre Soulages e Lee Krasner.
Parallelamente, nel piano interrato del museo, viene presentata Grifola Frondosa (2006) un’opera monumentale (3 x 15 metri) dell’artista ginevrino John M. Armleder che dialoga con la pittura gestuale presentata nelle sale superiori.

Nell’esposizione dedicata all’Action painting giocano un ruolo importante la presentazione di alcuni filmati prodotti nella stessa epoca in cui sono stati realizzati i dipinti.

Tra questi i due film di Hans Namuth del 1950, che propongono una visione autentica dei metodi di lavoro degli action painters e documentano il processo creativo delle opere, nelle quali è appunto il gesto che si fa arte.

Inoltre, in una suggestiva installazione pensata ad hoc dallo studio di architetti new-yorkesi Diller Scofidio + Renfro sono proiettati altri film tra cui il documentario (rimasto incompiuto) di Alain Resnais girato su Hans Hartung nel 1947.

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