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Le dicerie e i loro meccanismi

Voci, chiacchiere, pettegolezzi o dicerie?

Il Museo della Comunicazione di Berna consacra la nuova esposizione temporanea al fenomeno della diceria mettendone in luce in modo intelligente e ludico le diverse tipologie e le strategie comunicative ad esse sottostanti.

Note anche come voci, chiacchiere o, con accezione già più negativa, pettegolezzi, le dicerie, hanno un’origine poco chiara e anche se spesso godono di una dubbia reputazione, la loro diffusione è celere. Se un tempo si propagavano soprattutto oralmente, oggi, stampa, radio, televisione, sms e internet ne sono diventati ottimi canali di diffusione.

“Quando degli esseri umani comunicano insieme, prima o poi nascono delle dicerie. Se ne trovano ovunque, quotidianamente, in ogni situazione e in ogni ambiente sociale e non è possibile evitarle. E ciò è per noi un motivo sufficiente per dedicare un’esposizione a questo avvincente fenomeno” ci dice il curatore Ulrich Schenk.

Il tema offre una gamma così ampia e complessa di possibilità che accerchiarlo per realizzare una mostra ha costretto gli organizzatori a un difficile e lungo processo di lavoro.

“La diceria è sfuggente, transitoria e non è veramente riassumibile. È insomma un fenomeno che rimane incredibilmente confuso”, precisa Schenk. “Questa imprecisione, che è di fatto un carattere distintivo della diceria, è l’elemento con cui abbiamo combattuto di più e solo quando l’abbiamo accettata e ne abbiamo riconosciuto il ruolo fondamentale abbiamo trovato una soluzione. Ci siamo perciò detti che questa dimensione sfuggente doveva essere per forza visibile anche nell’esposizione.”

Obiettivi dell’allestimento

Com’è ormai consuetudine, anche su un tema così effimero, poco controllabile e sempre in bilico tra verità e menzogna, il Museo della Comunicazione non esprime giudizi ma propone un percorso attivo che stimola a riflettere sulle ripercussioni sociali e culturali messe in atto da questa modalità comunicativa.

“Da un lato perseguiamo degli obiettivi didattici. Vogliamo mostrare alla gente come funzionano le dicerie, come si propagano, quale funzione assolvono. Vogliamo anche mostrare in quanti diversi aspetti e sfaccettature nascono e che ruolo giocano. Perché ciò che si conosce e su cui si è informati, si può gestire meglio”, sottolinea Ulrich Schenk.

“Dall’altro lato per noi era molto importante non presentare un’esposizione che esprimesse un giudizio negativo sulla diceria ma che ne mettesse in luce anche l’aspetto giocoso. Perché se è vero che le dicerie possono essere molto pericolose e graffianti, esse possono anche essere divertenti e scherzose.”

Un approccio ludico

In uno spazio aperto e dai colori stridenti, a darci il benvenuto è una raffigurazione moderna di Fama, l’antica divinità Romana, artefice e personificazione di tutte le dicerie. Qui la troviamo nella versione cibernetica e ammaliatrice del fumettista bernese Michael Raaflaub che l’ha fornita, come il mostro alato della mitologia antica, di una gran quantità di occhi, orecchie e bocche per meglio assolvere al compito di captare e diffondere informazioni di dubbia natura.

Il vociare sommesso e indistinto che ci accompagna per tutta la durata della visita ci dà immediatamente la certezza di essere entrati nel suo regno. Solo avanzando verso il cuore dell’esposizione ci si accorge che questo parlottare continuo proviene dalle postazioni sonore quasi mimetizzate sulla lunga ed esile installazione verde che occupa il cuore della sala.

In questa sorta di ‘foresta dei sussurri’, la cui struttura stessa rende conto dell’inconsistenza, della fragilità e del complicato intreccio che accompagnano la nascita e la propagazione delle dicerie, sono sistemate 12 stazioni tematiche che, attraverso esempi concreti, cercano di far luce sulla natura e le caratteristiche di questo fenomeno.

Una vasta gamma di esempi

Qui scopriamo come i fattori che determinano l’origine di una diceria possano essere molteplici. Si può dar vita ad un pettegolezzo sconveniente al fine di colpire qualcuno o qualcosa, si può mettere in giro una diceria per accrescere la propria popolarità o il proprio potere e può anche accadere che le voci nascano spontaneamente, a causa di una errata interpretazione di un messaggio. Ma quasi sempre le dicerie prosperano in situazioni in cui esiste un deficit di informazione.

Nella sezione “Politica e Intrighi” – che prende ad esempio l’elezione del consiglio federale del dicembre 2007 – si mette in evidenza come le dicerie siano spesso introdotte di proposito e strumentalizzate. Mentre in quella intitolata “Pregiudizi” – nella quale si analizzano i preconcetti contro gli stranieri in Svizzera – si sottolinea come le chiacchiere giochino un ruolo essenziale per l’esistenza e la riconferma stessa del pregiudizio.

In alcuni casi, come per le “Teorie della cospirazione”, le dicerie assumono addirittura il ruolo di prove. Gli esempi che illustrano questa tipologia prendono in esame le varie teorie che circolano attorno all’attentato dell’11 settembre 2001 al World Trade Center.

Imparare giocando

Particolarmente riuscita e divertente è la stazione chiamata “Centrale della diceria” dove in un teatrino in stile futurista costruito secondo il principio del teatro ottico, il pubblico incontra gli agenti al servizio di Fama, delle specie di gnomi che offrono consigli e assistenza e, prendendo spunto dagli stimoli dati dai visitatori, alimentano in tempo reale il sistema della chiacchiera.

Animata da uno spirito altrettanto ludico è anche l’ultima stazione della mostra “Rumor Fighter”, una postazione al PC che propone al pubblico un confronto diretto con le strategie più efficaci contro la produzione della diceria. Qui, l’invito esplicito è quello di testare quanto si è sufficientemente armati contro le chiacchiere, ma nessuno impedisce di usare il gioco al contrario, per imparare a diffonderle meglio. Salvo che il diploma che alla fine piove dal cielo porterà stampato il titolo di ‘Baby Rumor Fighter’.

Paola Beltrame, Berna, swissinfo.ch

La mostra “Diceria”, in corso al Museo della Comunicazione di Berna fino al 4 luglio 2010, invita il pubblico a confrontarsi con la natura ambigua di questo medium e a riflettere sulle sue implicazioni sociali e culturali.

Il progetto è stato concepito sulla base degli studi scientifici realizzati dall’Università di San Gallo e in seguito alla partecipazione a diversi workshop. La stazione “Rumor Fighter” è stata realizzata in collaborazione con la Scuola Superiore d’Arte di Berna che, nel corso del progetto di ricerca “Gerüchte-küche”, ha studiato le strategie comunicative sottostanti alle dicerie.

Del progetto scenografico è stata incaricata, come di consueto, una ditta esterna. Per la prima volta il compito è stato affidato allo studio Holzer Kobler Architekturen di Zurigo, la cui esperienza nel settore è comprovata dai numerosi allestimenti di successo realizzati in Svizzera e anche all’estero.

Le esposizioni realizzate dallo studio zurighese si contraddistinguono sempre per la grande capacità di saper integrare e fondere in modo magistrale il concetto espositivo negli elementi scenografici.

Anche per un tema così sfuggente e indefinito come quello della diceria Barbara Holzer e Tristan Kobler sono riusciti ad assemblare oggetti, forme e colori in modo da creare un ‘contenitore significante’ capace di afferrare il concetto centrale della mostra e renderlo esperibile al pubblico attraverso una narrazione formale.

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