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Scienza in Svizzera: le donne che guidano il cambiamento

“Cerco di mostrare l’altra faccia della robotica, quella buona”

donna con dei droni
Margarita Chli, 37 anni, è professoressa e responsabile del Vision for Robotics Lab presso il Politecnico federale di Zurigo ETH. Geri_born

Margarita Chli è una delle poche donne che hanno avuto successo nella robotica in Svizzera e vuole che altre seguano le sue orme. Secondo lei, la disciplina ha bisogno di modelli positivi e di mostrare come i robot possono aiutare le persone.

È la famiglia ad averla ispirata a perseguire una laurea in ingegneria informatica, ma è durante il dottorato nel Regno Unito che Margarita ChliCollegamento esterno si interessa alla visione robotica, che permette ai robot di “vedere” il mondo che li circonda ed elaborare dati visivi attraverso sensori, software e telecamere. Ora dirige il Vision for Robotics LabCollegamento esterno al Politecnico federale di Zurigo ETH.

La giovane professoressa trentasettenne esperta di droni ha trovato in Svizzera non solo le condizioni ideali per fare ricerca e innovazione nel campo della robotica – grazie a generosi finanziamenti e numerosi esperti – ma anche una seconda casa, dove le colline verdi e i laghi e fiumi che d’estate si riempiono di bagnanti le ricordano com’è vivere nella sua isola natale, Cipro.     

Chli è determinata ad attrarre più donne nella robotica, un campo che secondo lei migliorerà la qualità della vita umana, sia attraverso robot mobili in missioni di ricerca e salvataggio sia nell’assistenza sanitaria personalizzata. SWI swissinfo.ch le ha chiesto quali sfide presenta lo studio e il lavoro nella robotica e come le ricercatrici e i ricercatori potrebbero contribuire ad affrontarle.

La Svizzera possiede meno ricercatrici di altri Paesi europei. La percentuale di professoresse è del 23% ed è ancora più bassa nelle scienze naturali e tecniche. 

La pandemia di Covid-19 sembra aver ulteriormente limitato il lavoro scientifico delle donne: un gruppo di ricerca svizzero ha recentemente analizzatoCollegamento esterno migliaia di studi pubblicati tra il primo gennaio 2018 e il 31 maggio 2021. Da questa analisi è emerso che, durante la prima ondata della pandemia, le donne erano elencate meno spesso come autrici principali rispetto agli anni precedenti. Secondo gli autori della ricerca, una possibile spiegazione è che le ricercatrici hanno faticato a conciliare lavoro e famiglia durante i periodi di lockdown e quindi hanno pubblicato meno articoli delle loro controparti maschili.     

Cosa si può fare per ridurre il divario di genere e rendere la scienza più inclusiva? Nella sua nuova serie “Donne nella scienza”, SWI swissinfo.ch propone i ritratti di scienziate di successo, per ispirare e incoraggiare tutte quelle che verranno.

SWI swissinfo.ch: Vede più studentesse nelle classi di robotica oggi rispetto al passato?

Margarita Chli: Purtroppo è una storia triste. Quando sono arrivata in Svizzera, eravamo forse due ragazze su un totale di cinquanta studenti. Sono passati dieci anni dal mio dottorato e non posso dire di aver visto un grande cambiamento sul fronte della presenza femminile nelle aule. Forse questo ha a che fare con il mio percorso e il trasferimento dal Regno Unito alla Svizzera. Se devo essere sincera, la situazione in Svizzera è peggiore da questo punto di vista.

Lavoro nel dipartimento di ingegneria meccanica, che tradizionalmente non attira molte ragazze, ma sentiamo continuamente dire che il settore ha bisogno di più donne e che dobbiamo fare di tutto per avere più laureate. È chiaro che dobbiamo fare di più per rendere i nostri corsi più attraenti per le ragazze. Stiamo cercando di capire come farlo, ma ci vuole molta pazienza perché i frutti di ciò che seminiamo oggi si vedranno tra vent’anni.

Quando ha scelto questa carriera, sapeva che poteva essere un percorso ad ostacoli?

Vengo da una famiglia in cui il genere non ha mai contato negli studi e nel lavoro. Per cui è stato un vero shock quando mi sono resa conto che nel mio corso di informatica eravamo tre ragazze su cento studenti. È stato allora che ho iniziato a pensare che forse c’era qualcosa di sbagliato.

Come si potrebbe incentivare la presenza femminile nei corsi scientifici?

Penso che una strategia vincente sia quella di aumentare il numero di professoresse per creare dei modelli. Dobbiamo incoraggiare le ragazze in tutti i modi possibili, mettendo più donne al potere, promuovendo la discussione e creando più occasioni di confronto. Così forse riusciremo a spostare, centimetro dopo centimetro, questo grande scoglio che la storia ha posto sul cammino di molte donne.

Si è mai sentita discriminata?

Certo, chi non si è mai sentito discriminato? Non sono un’eroina, ognuno ha le sue storie e delle barriere da abbattere. Si può essere discriminati per la religione, per la provenienza, per il colore della pelle. Bisogna essere capaci di farsi scivolare tutto addosso e muoversi verso il proprio obiettivo.

Per avere successo, è importante saper ascoltare sé stessi. Forse gli uomini lo sanno fare meglio. Il mio consiglio è: non ascoltate le chiacchiere che minano il vostro percorso. E se pensate che state facendo la cosa giusta, non fermatevi e continuate a lavorare per raggiungere il vostro traguardo. Se qualcuno pensa che siete dove siete perché siete donne, non curatevene. Prima o poi dimostrerete a queste persone che si sbagliano. Lo stesso consiglio vale anche per gli uomini. Dobbiamo liberarci degli stereotipici di genere.

Si sente ispirata da quello che fa?

Assolutamente sì. Penso di avere uno dei lavori più belli al mondo. Lavoro con persone motivate, menti brillanti che vogliono avere un impatto sulla società. Ma è il lavoro quotidiano con gli studenti e la soddisfazione di vederli progredire nel loro percorso che mi appaga di più.

L’idea di contribuire anche solo in minima parte a migliorare la qualità della vita e a cambiare la visione comune della robotica è uno stimolo molto importante nel mio lavoro.

I robot sono ancora associati negativamente alla sorveglianza e all’ambito militare. La gente ha paura dell’automazione e di quello che può fare. È vero che può causare molti danni. Ma invece di concentrarsi solo su questo aspetto, si dovrebbe guardare a tutti i benefici che può portare.

Come sensibilizza l’opinione pubblica sui benefici della robotica?

Ogni volta che tengo una conferenza, cerco di mostrare l’altra faccia della robotica, quella buona. Parlo del contributo che stiamo cercando di dare in settori come la ricerca e il soccorso in caso di valanghe alpine o terremoti, o del monitoraggio delle anomalie nelle fabbriche.

L’estate scorsa, intere aree della Grecia sono state colpite da incendi. Un amico mi ha chiesto se potessimo fare qualcosa con i droni per monitorare queste zone. Sfortunatamente, siamo ancora molto indietro nella ricerca per poterlo fare. Ma questo dimostra quanto la robotica potrebbe fare per migliorare le nostre vite.

La Svizzera ha deciso di interrompere le discussioni con l’Unione europea sull’accordo quadro, il che significa che il Paese non sarà associato a programmi di ricerca chiave come Horizon Europe. Questo influenza il suo lavoro?    

Sì, certo, è un duro colpo per la ricerca svizzera. In passato ho lavorato a progetti europei mentre c’erano in vigore delle sanzioni contro la Svizzera. Nonostante ciò, le istituzioni svizzere avevano fatto il possibile per facilitare la vita di noi ricercatrici e ricercatori. Vivere in un Paese ricco come la Svizzera, dove il governo finanzia la ricerca, aiuta a sanare questa ferita. Ma sarà importante continuare a collaborare con le istituzioni europee, perché c’è molto da guadagnare da questa collaborazione. E noi, come nazione benestante, abbiamo la responsabilità e il dovere non solo di prendere ma anche di dare.

Quale contributo vorrebbe dare alla robotica?    

Qualcuno una volta mi ha fatto riflettere sul fatto che il mio percorso professionale non era accessibile alle donne 20 anni fa. È una grande responsabilità, ma anche un’opportunità molto eccitante. Il mio sogno è quello di diventare un buon modello e una fonte di ispirazione, qualcuno che attragga sia i giovani uomini sia le giovani donne nel mondo della scienza perché: ‘Vorrei diventare come lei’.

Vorrei mostrare a tutti ciò che la robotica può fare per la nostra società e dare il mio piccolo contributo per renderla migliore. Ma chi, in fondo, sogna qualcosa di diverso?

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