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Gotthard Schuh, uno sguardo innamorato del mondo

Due minatori disoccupati in Galles, 1937 Fotostiftung Schweiz

Gotthard Schuh (1897-1969) fu uno dei maggiori fotoreporter svizzeri del Novecento. La Fondazione svizzera per la fotografia di Winterthur gli dedica una retrospettiva che mette in risalto il suo approccio soggettivo e intuitivo alla fotografia.

«Chi non può immedesimarsi negli avvenimenti in modo tale da amarli, almeno nel momento in cui accadono, non avrà la forza per riprodurli». Così scriveva, nel 1942, il fotografo svizzero Gotthard Schuh. La frase riassumeva alla perfezione la sua poetica, basata sulla consapevolezza che lo sguardo del fotografo non poteva che essere soggettivo.

La sua carriera di fotografo era iniziata attorno al 1930, dapprima sulla scia delle sperimentazioni formali della «nuova fotografia», poi nel solco di un fotogiornalismo che proprio in quegli anni stava vivendo una stagione di grande rinnovamento.

Fotoreporter

Assieme Hans Staub e Paul Senn, altri due fotoreporter destinati a segnare la storia della fotografia elvetica, Schuh divenne nel 1932 uno degli autori di punta della leggendaria rivista Zürcher Illustrierte, diretta da Arnold Kübler. Per la rivista, il fotografo realizzò reportage in tutta Europa su temi sociali, politici, culturali e sportivi. Fra gli scatti esposti a Winterthur, si possono citare per esempio le foto realizzate nella Germania nazista o fra i minatori del Belgio.

Pur lavorando come fotoreporter, Schuh continuò a coltivare con l’apparecchio fotografico lo sguardo e la sensibilità che aveva sviluppato durante gli anni in cui la sua attività principale era stata la pittura. Un primo esempio di questo approccio al nuovo strumento espressivo sono le fotografie scattate durante un soggiorno di vari mesi a Parigi nel 1932.

«Fotografava situazioni notturne e ambigue, cercava il movimento e i contorni sfocati, si immergeva in ambienti femminili, si lasciava trascinare dall’eros», afferma il direttore della Fondazione svizzera per la fotografia di Winterthur Peter Pfrunder.«Fra i suoi temi preferiti vi erano le scene di strada e il suo interesse era rivolto alle atmosfere, all’espressione emotiva o alla psicologia dell’attimo».

L’isola degli dei

Se già le foto parigine contribuirono alla reputazione di Gotthard Schuh come fotografo, la sua fama è dovuta soprattutto alle immagini scattate durante un viaggio di undici mesi in Asia, nel 1939. Il libro Insel der Götter (isola degli dei), dedicato a Bali e uscito per la prima volta nel 1941, ebbe un enorme successo e fu varie volte ristampato.

«Quello che potrebbe apparire a un primo sguardo una semplice fuga in una regione paradisiaca, abitata da donne affascinanti, si rivela a una lettura più attenta una combinazione riuscita tra reportage e introspezione, un viaggio interiore», osserva Peter Pfrunder.

Nella mostra di Winterthur, questa lettura è rafforzata dai fogli di un album compilato dal fotografo stesso come bozza per la pubblicazione. L’album appare a tratti come un diario intimo che anticipa alcune piste della fotografia del dopoguerra, come quella tracciata da Robert Frank, peraltro amico di Schuh.

In redazione

Il viaggio in Asia segnò per molti versi una svolta nella vita di Gotthard Schuh. Affetto da problemi di salute e segnato da una crisi matrimoniale, nel 1941 Schuh assunse assieme a Edwin Arnet la redazione dell’inserto fotografico del quotidiano Neue Zürcher Zeitung, una delle principali piattaforme per la fotografia di reportage in Svizzera.

La decisione era legata anche a una certa stanchezza rispetto alla vita del fotoreporter. «Il mio apparecchio fotografico, che in dieci anni ha scattato ventimila immagini, è qui vicino a me, macchina della curiosità quotidiana. Oggi può rimanere dov’è», scrisse in quel periodo.

Schuh non smise pero di fotografare, accentuando sempre più il suo approccio soggettivo alla fotografia. «Non di rado sembra dare maggiore valore al contenuto poetico delle sue immagini piuttosto che alla loro autenticità documentaria», afferma Peter Pfrunder in un saggio pubblicato nel catalogo della mostra.

Gotthard Schuh riteneva del resto questo approccio inevitabile: «Ognuno riproduce solo ciò che vede e ognuno vede solo ciò che corrisponde al proprio essere».

Andrea Tognina, swissinfo.ch

La mostra «Gotthard Schuh – una sorta di innamoramento» alla Fondazione svizzera per la fotografia di Winterthur rimarrà aperta fino all’11 ottobre 2009.

Orari d’apertura: da martedì a domenica dalle 11 alle 18; il mercoledì dalle 11 alle 20; il lunedì l’esposizione è chiusa.

«Dallo sguardo caldo di Gotthard Schuh allo sguardo freddo di Walker Evans»: fino al 23 agosto 2009 il Museo della fotografia di Winterthur, a pochi passi dalla Fondazione per la fotografia, espone un centinaio di opere del fotografo statunitense Walker Evans (1903-1975), uno dei più influenti autori nella storia della fotografia, fautore di un approccio oggettivo alla fotografia, contrapposto al pittorialismo e al simbolismo di Alfred Stieglitz. Evans è considerato fra i fondatori della fotografia urbana del dopoguerra.

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