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Marco Solari: l’armonia e la gerarchia a Locarno

Duetto affiatato: Irene Bignardi, la direttrice artistica, e Marco Solari il presidente del festival del film di Locarno Keystone

Cala il sipario sull'era Bignardi. Il presidente del festival del film di Locarno perde un'amica, ma guarda con speranza al futuro della manifestazione.

Le istituzioni pubbliche e gli sponsor, dice, restano fedeli al festival, grazie alla fiducia che ha saputo guadagnarsi in cinque anni di gestione creativa, ma oculata. L’intervista.

Quali sono i ricordi più belli che ha di questi cinque anni di collaborazione con Irene Bignardi?

Il momento più bello è stato nel 2000 quando ho ricevuto la telefonata di Irene Bignardi da Roma che accettava la direzione artistica del festival. Tutti si erano concentrati sul suo nome, ma mi dicevano anche che non l’avrei mai avuta. Allora ho iniziato un’opera di seduzione, in un certo senso, per averla. E come ogni seduzione mi lasciò in sospeso. Finché un giorno, ero su un tram a Zurigo, ricevo la telefonata in cui mi diceva che accettava. Per me è stato un momento di grande emozione, anche perché sentivo che stavano per cominciare cinque anni intensi, di ottimo lavoro, in sintonia. Chiaro che ci sono state anche delle tensioni e qualche incomprensione. Ma sostanzialmente devo dire non abbiamo perso nemmeno un briciolo di energia in diatribe interne e forse questa è stata la forza di questi ultimi cinque anni del festival.

Non crede che questo sia dovuto al fatto che ci sono così tante donne tra le collaboratrici di Irene Bignardi? Noi donne siamo di solito più propense alle soluzioni pratiche e al compromesso.

Io naturalmente in questo gineceo ho dovuto adattarmi. Ero abituato ad avere dei rapporti molto gerarchici. Con gli uomini è così: i rapporti sono molto più chiari. Con le donne è diverso. Per un uomo si dirà è impossibile capire questo pianeta donna. Io ho dovuto imparare che non avrei più potuto semplicemente decretare, esigere, ma che avrei dovuto avere dei rapporti molto più soft, più elaborati. Che sovente il modo in cui presentavo una richiesta era molto più importante della richiesta stessa.

L’Ufficio federale della cultura ha rinnovato il suo contributo di 3’600’000 franchi per i prossimi tre anni al festival. Vista l’ondata di risparmi nel settore pubblico, temevate di perderlo?

Sia il contributo della Confederazione che quello del Canton Ticino sono anche il frutto dei buoni risultati del festival del film. Oggi non arriva più niente se manca la fiducia. Penso che la decisione si basi sull’ottimo lavoro svolto, dal punto di vista artistico, organizzativo e finanziario. L’Ufficio della cultura ha motivi essenzialmente culturali. Il Canton Ticino ha naturalmente anche dei motivi economici e politici.

A gennaio alla presentazione dello studio sull’impatto economico del festival sulla regione, dell’ordine di circa 20-30 milioni di franchi, si era parlato di intraprendere misure per stimolare l’offerta culturale in Ticino anche al di fuori delle due settimane di Locarno.

Il mio compito è quello di presentare ogni anno un festival del film che sia di alta qualità e internazionale. I responsabili del festival non possono sostituirsi ai politici responsabili della cultura. Certo è che per una minoranza come quella dei ticinesi, il 3% della popolazione svizzera, l’impatto culturale e politico del festival è estremamente importante. Il giorno in cui noi non saremo solo responsabili di un festival che dura dieci giorni e che per definizione è un avvenimento effimero si potrà discutere di politica culturale di tutto il cantone.

I distributori del nuovo film di Marc Foster non hanno concesso la pellicola a Locarno, che non considerano abbastanza interessante dal punto di vista economico. I blockbuster americani non vengono più mandati ai festival per paura della pirateria audiovisuale. Segnali preoccupanti.

Sì, molto. Il festival si deve chiedere qual è la sua profonda ragione d’essere. I festival erano un tempo strumenti di marketing, ora non lo sono più. Cosa resta allora? L’incontro dei cinefili, il risveglio dell’amore per il cinema, la riscoperta di cinematografie che altrimenti non si vedrebbero, perché non ubbidiscono a logiche commerciali. Ecco, tutto questo ha ancora senso. Ma è vero che il lancio dei film non è quasi più possibile per via della pirateria.

Per fortuna dunque ci sono sezioni alternative, come quella sui diritti umani. Quali risultati concreti può citare in questo ambito?

C’è una collaborazione strettissima con la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Tutti hanno il proprio tornaconto: la DSC perché aiuta la cinematografia di questi paesi emergenti e noi perché ci danno un’importanza internazionale di cui abbiamo assolutamente bisogno e che non potremmo pagarci altrimenti, perché non rientrerebbe nelle nostre priorità.

Intervista swissinfo, Raffaella Rossello

15 i film della competizione internazionale.

Grande retrospettiva dedicata a Orson Welles.

I cineasti dei paesi del Maghreb (in particolare Tunisia, Algeria e Marocco) nel programma “Porte aperte”.

Contributo della Confederazione: 1,2 milioni di franchi l’anno.

Contributo del Canton Ticino: 2,5 milioni di franchi l’anno.

Festival del film di Locarno: dal 3 al 13 agosto 2005.

Pardi d’onore a tre grandi registi: Terry Gilliam (USA-GB), Abbas Kiarostami (Iran), Wim Wenders (Germania).

Premio Locarno Excellence Award all’attore John Malkovich (americano, risiede in Francia), noto al grande pubblico soprattutto per il ruolo di protagonista nel film “Le relazioni pericolose”.

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