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Per 80 migranti primi contratti di integrazione

Keystone

"Mi integro e quindi ricevo un permesso". A Basilea e Zurigo ottanta migranti si preparano a firmare i primi contratti di integrazione introdotti dalla nuova legge sugli stranieri. I romandi osservano con scetticismo.

È una prima in Svizzera: Basilea Città, Zurigo e Soletta presentano a Basilea i primi contratti di integrazione, un progetto pilota che concerne 40 persone a Basilea e 40 a Zurigo. Basilea Campagna, che in un primo tempo voleva prendere parte all’iniziativa, per ora ha deciso di compiere un passo indietro.

In questo contratto i migranti si impegnano a seguire un corso di lingua o un corso di integrazione e, in cambio, lo Stato concede o prolunga un permesso di soggiorno.

A Zurigo il progetto è stato accolto con grande interesse: “La domanda per collocare le persone nel programma – sottolinea Julia Morais, delegata all’integrazione del canton Zurigo – ha ampiamente superato l’offerta”.

Gli accordi di integrazione sono destinati ad un pubblico preciso e, in particolare, alle persone che seguendo i programmi abituali non sono uscite dal proprio isolamento o che si sono contraddistinte per la scarsa volontà.

“I contratti – spiega Julia Morais – sono elaborati sulla base di criteri molto personali. Verifichiamo, con i diretti interessati, quali sono gli obiettivi e in quanto tempo si prefiggono di raggiungerli. Valutiamo inoltre quali sono i bisogni più urgenti. Alle persone spieghiamo che possono contare sull’accompagnamento e sulla consulenza nel luogo di residenza”.

Alcuni migranti possono beneficiare di tariffe ampiamente sovvenzionate (5 franchi per una lezione): “I servizi gratuiti – commenta Morais – non sono una buona idea: molto spesso si associa l’assenza di un pagamento alla scarsa qualità. Occorre inoltre garantire una forma di equità di trattamento”.

Costringere o motivare?

Se nessuno nega l’importanza dell’apprendimento della lingua parlata – la Confederazione sovvenziona i corsi linguistici partire dal 2001 – l’aspetto dell’obbligo divide la Svizzera romanda e la Svizzera tedesca. Gli adepti della linea dura – nel solco dell’Unione democratica di centro (UDC/destra nazionalista) – vorrebbero condizionare ogni permesso di soggiorno a esami linguistici di livello avanzato.

Per Magaly Hanselmann – delegata all’integrazione del canton Vaud e vice presidente della Conferenza svizzera dei delegati all’integrazione – la lingua non deve essere l’unico fattore di integrazione: “Molti africani parlano francese ma sono confrontati con diversi ostacoli nel loro inserimento professionale”.

“In quanto tecnica dell’integrazione – aggiunge Hanselmann – faccio in modo che il numero maggiore di migranti apprenda il francese. Non credo tuttavia che lo strumento dell’obbligo mi aiuti nel raggiungimento dei miei obiettivi: la persona deve volere imparare una lingua ed essere motivata”.

A questa conclusione giunge anche uno studio dell’Organizzazione svizzera per l’aiuto ai rifugiati (OSAR). In base ad una verifica a livello internazionale, emerge che da solo il contratto di integrazione non basta e produce effetti limitati. Secondo gli autori occorre definire anche obiettivi precisi e possibili sanzioni.

Lingue priorità numero uno

Interpellato sulla cesura tra romandi e svizzero tedeschi, l’Ufficio federale delle migrazioni (UFM), non fa una piega e ricorda gli estremi della legge. “I contratti di integrazione – ricorda il portavoce Jonas Montani – non sono obbligatori per i cantoni e le conoscenze linguistiche non sono l’unico criterio, dal momento che possono essere proposti anche dei corsi di integrazione”.

“Le competenze linguistiche – replica indirettamente Magaly Hanselmann – costituiscono comunque il punto centrale delle priorità 2008-2011 definite dalla Confederazione”. Un modello di accordo-quadro è reperibile sul sito dell’UFM nelle lingue nazionali e in altre nove lingue (albanese, arabo, inglese, curdo, macedone, russo, serbo, tamil e turco).

Un anno di transizione

A livello di sovvenzioni, per il 2008 – anno di transizione – la Confederazione ha messo a disposizione dei cantoni 14 milioni di franchi. A partire dal 2009, la somma annuale sarà di 16 milioni di franchi, di cui 9 milioni per la formazione e l’apprendimento delle lingue.

I contratti di integrazione non beneficiano di particolari sovvenzioni da parte della Confederazione.

swissinfo, Ariane Gigon, Zurigo
(traduzione e adattamento dal francese Françoise Gehring)

Con il titolo “Wir anderen – nous autres – noi altri – nus auters” la SRG SSR idée suisse ha promosso per la prima volta, dal 7 al 13 aprile, una settimana tematica dedicata al milione e mezzo di stranieri residenti nella Confederazione (21% della popolazione).

L’obiettivo è di fornire un contributo editoriale all’integrazione dei migranti, una questione delicata e a volte controversa, che in seguito all’aumento della mobilità di questi ultimi anni ha assunto nuovi significati

La nuova legge federale sugli stranieri, in vigore dal 1° gennaio 2008, attribuisce una grande importanza all’integrazione degli stranieri.

Essa prevede ad esempio la possibilità di vincolare il rilascio di un permesso di dimora o di soggiorno di breve durata all’obbligo di frequentare un corso linguistico o integrativo. Tale obbligo può essere stabilito in un accordo d’integrazione.

Le raccomandazioni della Confederazione si rivolgono i particolare a tre gruppi:

• i cittadini di Stati terzi entrati in Svizzera in virtù del ricongiungimento familiare.
• le persone migranti già stabilite in Svizzera che rischiano di perdere il loro diritto di residenza a causa del loro comportamento o per altre circostanze
• le persone straniere che intendono venire in Svizzera per insegnare la lingua e la cultura del Paese d’origine o assumere un incarico d’assistenza religiosa. Per queste persone la conoscenza di una lingua nazionale sarà obbligatoria a partire dal mese di settembre

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