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“Il campo del ‘no’ agli aiuti ai media ha usato con successo il contesto della pandemia”

Redazione
© Keystone / Jean-christophe Bott

Al termine di una campagna virulenta, il popolo elvetico ha rifiutato di concedere aiuti supplementari ai media privati. In causa è un pacchetto eccessivo, sottoposto al voto in un'atmosfera di diffidenza nei confronti di giornalismo e Governo, ritiene la politologa Martina Mousson.

54,6%: il risultato è più netto di quanto ci si aspettasse. Il pacchetto di aiuti ai media non ha superato la prova delle urne. Il progetto delle autorità prevedeva di stanziare 151 milioni di franchi supplementari a giornali, radio e televisioni private e ai nuovi media online per garantire la diversità e la qualità dell’informazione.

La pandemia cha ha fatto da sfondo alla votazione non ha favorito il progetto, commenta la politologa dell’istituto gfs.bern Martina Mousson.

SWI swissinfo.ch: Senza la crisi del coronavirus, caratterizzata da una grande diffidenza verso il giornalismo, il popolo avrebbe accettato gli aiuti ai media?

Martina Mousson: È difficile affermarlo, la crisi del coronavirus ha senza dubbio creato un clima di scetticismo verso i media. Oppositori e oppositrici hanno utilizzato con successo il contesto della pandemia. La pubblicazione del video del direttore del gruppo editoriale Ringier Marc Walder, il quale affermava di aver dato consegna ai suoi giornalisti di non mostrarsi troppo critici nei confronti del governo durante la crisi della Covid-19, ha chiaramente giocato a favore di chi si opponeva al progetto. La polemica ha caratterizzato questa campagna, facendo sorgere dubbi sull’indipendenza dei media.

Martina Mousson
Martina Mousson è politologa presso l’istituto gfs.bern. / Fotoatelier Spring Ch-3414 Oberb

Il tono della campagna è stato particolarmente acceso, con accuse di manipolazione delle cifre da una parte e dall’altra. Perché queste tensioni?

Da qualche tempo, si osserva questo tipo di clima prima delle votazioni. Tali tensioni favoriscono lo scetticismo della popolazione, discreditano le informazioni fornite dalle autorità e danno alla gente l’impressione che le si nasconda qualcosa.

La Svizzera francese ha detto “sì” agli aiuti ai media. Questa votazione è stata caratterizzata da un “Röstigraben”, ovvero una divisione tra la parte francofona e quella germanofona del Paese. Come si spiega?

Effettivamente, contrariamente a ciò che osserviamo da anni, il divario tra città e campagna non è stato significativo. Nella Svizzera francese, la paura di perdere altri media francofoni ha avuto un ruolo. Non è stato però il caso in Ticino, poiché la regione italofona ha respinto la legge. Possiamo concludere che la salvaguardia della stampa regionale e locale non è l’argomento che ha avuto più peso.

L’elettorato ha deciso piuttosto ponendosi la domanda di base: è compito dello stato sostenere i media o questo minaccia la loro indipendenza? La posizione disunita dei media stessi, non tutti a favore del progetto, ha complicato ancora di più la decisione.

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Questo contenuto è stato pubblicato al Il pacchetto di aiuti a giornali, radio, televisioni e piattaforme online è stato respinto alle urne da oltre il 54% delle persone votanti.

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Il popolo è fondamentalmente contrario agli aiuti ai media o lo era solo nei confronti di questo pacchetto di misure troppo sostanzioso?

Il popolo non è fondamentalmente contrario all’aiuto ai media. I sondaggi che abbiamo realizzato in vista dello scrutinio hanno mostrato che svizzere e svizzeri hanno molta stima per il ruolo democratico dei media. Questo pacchetto di misure di sostegno era però sovraccarico.

Perché il Parlamento continua a sottoporre dei pacchetti a votazione anche se l’elettorato non li apprezza?

Il problema non è che il popolo non apprezzi questi pacchetti, ma è il fatto che, per chi vi si oppone, sono più facili da attaccare. Inoltre, darne una corretta comunicazione è difficile. Non è tuttavia una strategia sempre destinata al fallimento. L’elettorato aveva accettato la riforma fiscale delle imprese accoppiata a quella del finanziamento dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS), un pacchetto enorme.

Quella di domenica è stata una sconfitta ulteriore per la ministra Simonetta Sommaruga, che ha già perso in occasione della votazione sulla Legge sul CO2 lo scorso anno. La sua posizione nel Governo ne esce fragilizzata?

Si potrebbe dire che non ha avuto fortuna con queste votazioni. In più, è la seconda ministra per anzianità di servizio al Governo. L’idea che non è più all’apice circolerà.

Posso immaginare che degli oppositori utilizzeranno queste sconfitte per chiedere di sostituirla, ma lei non sarebbe l’unica a perderci. È anche il caso del ministro delle finanze Ueli Maurer attualmente. È una situazione che coinvolge tutto il Governo e il Parlamento.

Effettivamente, con il rifiuto degli aiuti ai media, dell’abolizione della tassa d’emissione e con l’approvazione dell’iniziativa contro la pubblicità del tabacco, il Consiglio federale ha perso tre battaglie su quattro. Si può interpretare come una sfiducia crescente della popolazione nei confronti del Governo?

No, non si tratta di una critica fondamentale contro il Governo o la politica svizzera in generale. Constatiamo che la fiducia nel Governo c’è. È importante e intatta.

Tuttavia, c’è un’atmosfera di scetticismo che emerge puntualmente alle urne. La pandemia ha cambiato il dibattito politico in Svizzera. Prima della pandemia, un referendum su quattro era approvato, ora siamo quasi a uno su due.

Il Consiglio federale ha più difficoltà a farsi ascoltare, forse perché la comunicazione è più difficile in tempo di pandemia. Le persone discutono meno tra di loro e la capacità di comprendere le posizioni di ciascuno è indebolita.

L’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) ha appena annunciato la sua nuova iniziativa per dimezzare il canone radiotelevisivo. Quali sono le possibilità di riuscita di questa proposta?

È difficile fare dei pronostici al momento. La battaglia si annuncia simile a quella dell’iniziativa “No Billag” [il testo dell’UDC che chiedeva la soppressione del canone radiotelevisivo] che alla fine è stata respinta. Le caratteristiche regionali e linguistiche saranno di nuovo importanti.


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