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Il numero di giornalisti è in calo costante in Svizzera

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Giornali che scompaiono, licenziamenti e riqualificazioni: il settore del giornalismo è in difficoltà. Keystone / Jean-christophe Bott

I posti di lavoro nel giornalismo in Svizzera sono diminuiti di un quarto tra il 2011 e il 2019, secondo l'Ufficio federale di statistica. Tra licenziamenti e riqualificazioni professionali il settore è in difficoltà, ma resiste meglio che in altri Paesi come gli Stati Uniti.

Mentre il popolo svizzero si appresta a votare sulle misure di sostegno ai media, le cifre mostrano che negli ultimi anni c’è stata una costante erosione degli effettivi della professione. Il settore del giornalismo impiegava più di 17’000 persone nel 2011, secondo l’Ufficio federale di statistica. Il dato include non solo i mestieri editoriali, ma anche gli impieghi legati agli abbonamenti e agli spazi pubblicitari. Nel 2019, il numero di posti di lavoro era sceso a circa 13’000, circa un quarto in meno.

>> Il grafico evidenzia il calo del numero di giornalisti e giornaliste tra il 2011 e il 2019:

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Questo declino viene osservato anche in seno ai sindacati di categoria, il cui numero di persone iscritte è in diminuzione da anni. Impressum, uno dei principali sindacati dei giornalisti in Svizzera, contava circa 5’000 membri attivi all’inizio degli anni 2000, contro poco più di 3’200 oggi.

Dominique Diserens, segretaria centrale di Impressum, spiega che molte persone attive nel giornalismo hanno perso il lavoro a causa delle varie ristrutturazioni avvenute nella stampa tradizionale. Diserens sottolinea un ulteriore fattore: “Sempre più persone lasciano il giornalismo. Spesso si riconvertono nella comunicazione o nell’insegnamento”. Chi abbandona il giornalismo opta per professioni meglio retribuite e che prevedono orari di lavoro più regolari.

Da parte sua, il mondo editoriale afferma di essere sotto pressione. Stefan Wabel, direttore dell’associazione degli editori di lingua tedesca Schweizer Medien, fa notare che il drastico calo delle entrate pubblicitarie, così come l’aumento dei costi della carta e della distribuzione, stanno costringendo molti media al risparmio. “E risparmiare significa – quando tutte le altre possibilità sono state esaurite – ridurre le prestazioni giornalistiche”, commenta.

Alcuni media hanno d’altronde dovuto cessare l’attività. Dal 2003, in Svizzera sono spariti 70 giornali, secondo l’Ufficio federale delle comunicazioni.

>> Il grafico mostra il calo del numero di aziende mediatiche in atto da un decennio:

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Mentre i media tradizionali tentano di passare al digitale, sono emerse nuove piattaforme online, come Heidi.news nella Svizzera francese o Republik nella Svizzera tedesca. Per il momento, però, questi nuovi media non sono in grado di compensare la perdita di impieghi nella stampa scritta. “La disponibilità a pagare dei lettori è molto più bassa su Internet che sulla carta stampata”, dice Wabel.

Per Dominique Diserens, le nuove piattaforme permettono di limitare i danni, ma rimangono per ora fragili. Difficile prevedere se riusciranno a mantenere l’offerta sul lungo termine.

Anche le stazioni radiofoniche e le emittenti televisive regionali possono svolgere un ruolo nel compensare l’ecatombe nella stampa. Già sovvenzionate dalla metà degli anni ’90, riceveranno ulteriori 28 milioni di franchi dal canone radiotelevisivo se le misure di sostegno ai media verranno accettate dal popolo il prossimo 13 febbraio.

Rischio di creare dei deserti mediatici

Anche se il numero di giornalisti e giornaliste nella Confederazione è diminuito, la professione è in condizioni migliori che negli Stati Uniti, dove gli effettivi della stampa scritta si sono ridotti di oltre il 45% dal 2008. La situazione si è deteriorata al punto di creare dei “deserti mediatici”, ovvero dei territori, sempre più numerosi, che non hanno più media locali.

Questo potrebbe accadere in Svizzera e deve essere evitato, dice Stefan Wabel, che chiede di agire per fermare la tendenza. “La nostra democrazia diretta e il federalismo dipendono da media regionali forti”, dice il direttore di Schweizer Medien.

Nathalie Pignard-Cheynel, direttrice dell’Accademia di giornalismo e media (AJM) di Neuchâtel, rammenta che la Svizzera è storicamente un Paese con un panorama mediatico ricco, soprattutto a livello locale. Tuttavia, aggiunge, la crisi attuale minaccia soprattutto i media più piccoli, poiché implica trasformazioni e investimenti importanti. “Oggi non abbiamo nessuna garanzia che questo pluralismo continui”, avverte.

Professione più precaria

Anche in Francia il numero di persone attive nel giornalismo è in costante declino. Molte abbandonano la professione, per disillusione o insicurezza. “In Svizzera, le condizioni di lavoro sono peggiorate soprattutto per i giornalisti e le giornaliste freelance. I loro redditi sono diminuiti dall’inizio della pandemia di coronavirus”, nota Dominique Diserens.

La crisi sanitaria potrebbe anche avere un impatto sul personale delle aziende mediatiche. “Gli ultimi due anni sono stati relativamente calmi, ma temiamo nuove ondate di licenziamenti nel 2022 se il popolo dovesse rifiutare il pacchetto di aiuti ai media”, dice Dominique Diserens.

>> Per maggiori informazioni sul pacchetto di aiuti ai media:

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Nonostante le avversità, l’entusiasmo per la professione non si è affievolito. L’AJM continua ad accogliere 30 studenti e studentesse all’anno. Ma come sarà il giornalismo di domani? “È sempre stato variegato nelle sue pratiche, formati e modalità di espressione e deve continuare ad esserlo”, dice Nathalie Pignard-Cheynel.

Anche le aspettative del pubblico sono diversificate. “Stanno anche diventando sempre più specifiche, con richieste di informazioni di nicchia, ad alto valore aggiunto, per tematiche originali e nuovi modi di trattare la notizia”, spiega la direttrice della scuola di giornalismo.

Pignard-Cheynel intravede anche molte aree da esplorare, “come quella del trattamento dei dati, di un’informazione costruttiva e di un’informazione maggiormente inclusiva nei confronti del pubblico e delle sue preoccupazioni, siano esse quotidiane e pratiche oppure più generali”.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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