Prospettive svizzere in 10 lingue

Insegnare le lingue per favorire l’integrazione

In parecchi cantoni i bimbi stranieri beneficiano di corsi di lingua supplementari per meglio integrarsi Keystone

Le scuole elvetiche potenziano le loro misure in favore dell'integrazione dei bambini stranieri, ponendo l'accento sulla conoscenza delle lingue.

Al contrario del passato, i giovani figli di migranti sono oggi integrati nelle classi ordinarie e spesso beneficiano di corsi supplementari di lingue.

Quando alla fine degli anni ’60 la legislazione elvetica permise finalmente ai famigliari dei lavoratori stranieri di raggiungerli in Svizzera, il paese si trovò totalmente impreparato ad accoglierli. Non esisteva infatti alcun programma d’inserimento sociale e scolastico degli immigrati.

«Per oltre vent’anni molti bimbi di migranti hanno dovuto seguire scuole speciali per ragazzi che incontravano difficoltà. Non perché fossero meno intelligenti degli svizzeri, ma semplicemente perché il sistema scolastico non facilitava la loro integrazione», spiega a swissinfo José Galàn, membro del Forum d’integrazione dei migranti e delle migranti elvetico (FIMM).

Queste classi speciali – che Paolo Barblan, direttore del progetto d’informazione ‘Discours suisse’ dedicato alle differenti sensibilità linguistiche del paese, non esita a definire «ghettizzanti» – vanno oggi scomparendo.

Al posto loro, e in assenza di una politica comune in materia, cantoni e comuni hanno adottato ciascuno la propria panoplia di misure didattiche volte a favorire il processo d’integrazione dei bambini di altre culture.

Insegnamento delle lingue

Dettati dalle realtà locali, gli strumenti sviluppati hanno quale denominatore comune il potenziamento della conoscenza delle lingue.

I giovani stranieri, ora integrati nelle classi ordinarie, hanno in molte regioni la possibilità di seguire dei corsi supplementari di lingue.

I bambini che vivono nella Svizzera tedesca sono confrontati a un doppio problema d’apprendimento. La lingua prevalentemente parlata dalla gente è infatti il dialetto «Schwytzerdütsch», mentre le lezioni scolastiche si tengono in «buon tedesco».

Per facilitare la loro integrazione, la maggior parte dei cantoni germanofoni ha perciò deciso di vietare l’uso a scuola del dialetto, nella convinzione che la padronanza della lingua di Goethe possa costituire la chiave che apre la via all’integrazione.

Integrazione delle mamme

Basilea e Zurigo, i cantoni che più di altri annoverano classi multiculturali, hanno inoltre varato incentivi di ordine strutturale. A Zurigo ad esempio, le scuole che registrano una percentuale di allievi stranieri superiore al 40% sono state abilitate ad assumere un numero maggiore di insegnanti con l’obiettivo di formare classi più piccole dove meglio potere seguire i singoli allievi.

Convinti del fatto che l’integrazione dei figli dipende almeno in parte da quella dei genitori, alcuni cantoni propongono dei corsi di lingua anche per questi ultimi, soprattutto per le mamme.

«Ci siamo accorti che esse rappresentano il perno dell’integrazione, non solo del bambino, ma dell’intera famiglia, per questo le incoraggiamo a meglio imparare il francese», spiega Pierre-Alain Tièche, del Dipartimento dell’educazione del canton Giura.

La pensa così anche Silvia Bollhalder, del Dipartimento dell’educazione di Basilea Città, che dice: «Integrando le mamme e facendole venire a scuola, si riducono le loro esitazioni a partecipare alle serate informative e le si incita a sostenere più attivamente i loro figli».

Rivalutare la lingua dei migranti

Il potenziamento dell’apprendimento delle lingue quale fattore d’integrazione non concerne però soltanto le lingue nazionali. In alcuni cantoni si affaccia infatti sempre più l’idea di rivalutare la lingua materna degli allievi, partendo dal presupposto che lo scolaro, se padroneggia la propria lingua, è agevolato nell’apprendimento delle lingue nazionali ma anche di altri idiomi stranieri.

Basilea Città propone a questo riguardo due lezioni settimanali di lingua e cultura del paese d’origine ad allievi di 26 nazionalità. Sulla stessa linea d’onda, Ginevra collabora con tre rappresentanze diplomatiche (Italia, Portogallo e Spagna), nonché con la Lega dei genitori albanesi, per dispensare ai bambini corsi nella lingua d’origine. I docenti beneficiano peraltro di una formazione continua sul tema dell’accoglienza delle famiglie migranti.

Vaud dispone invece di una rete di «interpreti comunitari» cui gli insegnanti possono fare appello in caso di necessità. Secondo Alvir Spomenka, specialista della questione in seno al dicastero vodese, il cantone si sforza pure di fornire con svariati mezzi il riconoscimento delle origini e delle lingue degli scolari migranti.

I prossimi studi PISA diranno se tutte queste misure si riveleranno efficaci. Ma nel frattempo, secondo il direttore della scuola obbligatoria lucernese Charles Vincent, occorre già pensare a risolvere altri problemi.

In particolare bisognerà trovare soluzioni adeguate per quei giovani che giungono in Svizzera all’età di 13 o 14 anni e che la scuola difficilmente riesce ad integrare: «Anche se seguono corsi supplementari di lingua non sono in grado, in così poco tempo, di recuperare il ritardo accumulato nell’apprendimento del tedesco».

swissinfo, Anna Passera e agenzie

La Svizzera è uno dei paesi in Europa con il più alto tasso di stranieri.
Nel 2004 gli stranieri erano ca. 1,5 milioni (pari al 20% della popolazione).
L’87% della popolazione straniera residente è di origine europea.
Gli italiani, con il 19,8%, sono la prima comunità straniera del paese.
Seguono Serbia e Montenegro (13,1%), Portogallo (10,5%) e Germania (9,6%).

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