Architettura e ambiente, Annette Gigon: “Cogliere il bello delle nuove direttive”
Come coniugare l'estetica e la protezione ambientale? Come sarà la casa del futuro? Nell'intervista, l'architetta svizzera Annette Gigon illustra le principali sfide legate alle costruzioni rispettose del clima.
Il Museo Kirchner a DavosCollegamento esterno è stato il primo progetto realizzato da Annette Gigon in collaborazione con il suo socio Mike Guyer. Era il 1992 e la costruzione ha ricevuto ampi consensi in Svizzera. Dopo essersi conosciuti al Politecnico federale di Zurigo (ETHZ), nel 1989 i due hanno fondato lo studio d’architettura Gigon/Guyer. Da allora, le loro opere non sono mai passate inosservate, come dimostrano il Museo d’arte di AppenzelloCollegamento esterno, il Museo Josef Albers a BottropCollegamento esterno, il Museo dei trasporti di LucernaCollegamento esterno, gli edifici residenziali e palazzi per uffici come il Prime TowerCollegamento esterno a Zurigo.
Di recente, in qualità di professoressa all’ETHZ, Annette Gigon ha posto l’accento sulle costruzioni sostenibili, sia dal punto di vista ambientale che dal lato del consumo energetico. Insieme ai suoi assistenti ha elaborato alcuni principi base, di facile comprensione, riguardanti il bilancio climatico dei materiali di costruzione e la gestione degli edifici. Il suo studio d’architettura si è ultimamente specializzato nelle costruzioni in legno, un materiale sostenibile con cui ha progettato una scuola a LucernaCollegamento esterno, progetto che le è valso il primo premio in un concorso di architettura. Gigon sottolinea che il calcestruzzo continua a rivestire una grande importanza.
SWI swissinfo.ch: A livello internazionale, il settore delle costruzioni emette il 37% dei gas ad effetto serra, di cui l’8% è prodotto dal calcestruzzo.
Annette Gigon: E l’acciaio è responsabile di un altro 8%. Oltre che alla realizzazione, l’elevata percentuale di emissioni è causata dal riscaldamento, dall’illuminazione e dall’acqua calda. L’impiego di materiali è enorme, una tendenza in continuo aumento. Ovunque si registra una impressionante attività edilizia.
È possibile ridurre tali emissioni, ad esempio impiegando altri materiali più rispettosi del clima?
Sì. Innanzitutto, voglio però sottolineare che nutro un interesse generale per tutti i materiali e che credo di non agire per partito preso. Infatti, dipende come questi vengono impiegati. Non serve a nulla demonizzare il cemento armato. Viene ampiamente usato in tutto il mondo perché è semplice da usare, resistente ed efficiente per quanto riguarda la sicurezza sismica o la protezione contro il fuoco o le emissioni acustiche.
Anche la produzione dei mattoni richiede tanta energia e quindi questi non possono essere considerati come una vera alternativa. Il legno è un materiale da costruzione rinnovabile e in teoria neutrale dal punto di vista climatico. In pratica, invece, deve essere tagliato, trasportato, essiccato e spesso incollato. Il legno e altri materiali naturali hanno il vantaggio di trattenere il carbonio, almeno finché gli edifici esistono. Dobbiamo però ricordare che i boschi non producono legno a sufficienza per soddisfare la richiesta del settore edile mondiale.
Sembra quindi che l’edilizia senza emissioni sia ancora un lontano miraggio. Che cosa può dire invece delle emissioni prodotte dal riscaldamento e dalla gestione delle costruzioni?
Dopo la crisi petrolifera e gli avvertimenti del Club di Roma, si è registrata una crescente consapevolezza rispetto a questa problematica. Da allora si è iniziato a isolare le case. Negli anni Ottanta, durante i miei studi, di norma l’isolazione aveva uno spessore di cinque centimetri, oggi è di 4-6 volte maggiore. Le costruzioni degli ultimi tre decenni dovrebbero quindi essere dotate di una pompa di calore.
A preoccupare sono soprattutto le case più vecchie, non ancora o minimamente isolate e riscaldate con combustibili fossili. Stiamo parlando di quasi la metà del patrimonio edilizio in Svizzera. Molte case hanno iniziato a sprecare un’enorme quantità di energia quando sono state dotate di un riscaldamento centralizzato. Prima venivano riscaldate solo alcune stanze con delle stufe, in seguito l’intera casa, 24 ore al giorno.
L’effetto maggiore sarebbe quindi l’isolazione?
È ciò che abbiamo dimostrato in uno studio. Calcolando le emissioni grigie del restauro e dell’aggiunta di un piano, l’impatto ambientale legato alla gestione e all’armonizzazione si riducono del 25% rispetto al valore annuale del momento se una casa viene ristrutturata, coprendo le pareti con uno strato di isolamento di 20-30 centimetri, e se viene equipaggiata con una pompa di calore ed elementi fotovoltaici. Per il bilancio complessivo delle emissioni di CO2 del settore edilizio, ha senso migliorare l’efficienza energetica degli edifici vecchi, a condizione che gli attuali requisiti, le leggi e gli standard lo consentano.
All’ETHZ insegna alle prossime generazioni di architette e architetti. Percepisce una crescente sensibilità nei confronti della protezione del clima?
Sì! Ci siamo posti l’obiettivo di fare della scomoda “autocritica” e ciò non ha impedito a tantissime studentesse e tantissimi studenti di iscriversi ai nostri corsi. Abbiamo raccolto fatti e cifre, analizzato il settore edile e dato un’occhiata alle nostre abitudini di consumo e alla nostra mobilità. Quanto gas serra emette la costruzione di un metro quadrato di cemento armato o il riscaldamento con il gas naturale di questa parete non isolata in un anno? La stessa quantità, ossia 70-80 kg di CO2. Tra l’altro, lo stesso vale se mangiamo un chilo di carne proveniente dal Brasile. E le emissioni delle transazioni di bitcoin sono pari a quelle di circa cinque metri quadrati di un muro di calcestruzzo. Nessuno conosce con precisione gli ordini di grandezza.
I problemi non si risolvono con slogan e mezze verità. Ora è necessario che tutti vengano “alfabetizzati” in materia di CO2, che applichi e trasmetta il sapere nei propri settori; è in gioco l’intera gamma di emissioni. Il fatto che l’energia fossile è a buon mercato e sempre disponibile ci ha viziati. Ma non possiamo continuare così. Spetta a noi cercare soluzioni e agire con lungimiranza.
Ha progettato il Prime TowerCollegamento esterno a Zurigo. Quando è stato inaugurato nel 2011 era l’edificio più alto in Svizzera. Le sue facciate sono fatte di vetro, un materiale che non è particolarmente efficiente dal punto di vista energetico.
È vero, le vetrate in genere hanno un peggiore coefficiente energetico rispetto alle pareti isolate, anche se le facciate del Prime Tower sono costituite di tripli vetri isolanti a controllo solare. I valori energetici sono buoni grazie alla sua compattezza, cioè al rapporto uno a tre tra superficie delle facciate e superfice dei piani, ma anche grazie alle finestre apribili, alla protezione solare integrata e al riscaldamento tramite pompa di calore.
Oggi si costruirebbe ancora così?
Le norme sono attualmente più severe. Il grattacielo di Andreasturm a Zurigo-Oerlikon con le pareti parzialmente di vetro è un esempio di come l’approccio sia cambiato. Se ci venisse di nuovo affidato l’incarico di progettare un grattacielo completamente vetrato, probabilmente lo disegneremo come il Würth Haus RorschachCollegamento esterno o l’ Haus Lagerstrasse a Zurigo.Collegamento esterno Le loro facciate sono realizzate con due strati di vetro, uno è isolante, l’altro fa ombra. Tra i due strati c’è uno spazio vuoto ventilato in cui viene assorbita la luce solare.
Nel progetto del concorso di architettura per il Prime Tower avevamo inizialmente proposto facciate a doppio vetro con una protezione solare intermedia e posta esternamente. Per questioni di logistica e manutenzione, il committente ha optato per un’altra soluzione, di alta qualità e compatta.
Come sarà il futuro dell’edilizia?
In futuro, oltre ad avere un consumo ridotto di energia, i nuovi edifici dovranno anche produrla attraverso moduli fotovoltaici. In Svizzera costruire edifici con pareti coperte da pannelli solari è ancora una sfida, data l’estetica poco apprezzata di questi elementi. Finora era quasi impossibile vincere concorsi di architettura con progetti che mettevano in partica questa idea. Nel Museo dei trasporti di LucernaCollegamento esterno abbiamo introdotto elementi fotovoltaici utilizzati come ornamenti. In collaborazione con l’artista Urs Beat Roth abbiamo sviluppato una sorta di ornamento mediante le proporzioni dei pannelli e il ritmo ottenuto con la loro disposizione.
A quali compromessi sono disposti le architette e gli architetti di fronte alle crescenti normative?
È chiaro che l’aumento delle norme e delle direttive limita la libertà artistica. Cerchiamo di adeguarci alle nuove esigenze, attuarle in maniera creativa e trasformarle in qualcosa di bello. Dietro alle facciate di vetro acidato del Museo Kirchner di Davos si celano i pannelli isolanti in lana di legno. La possibilità di vedere gli elementi costruttivi è parte dell’idea architettonica. Al posto della ghiaia abbiamo optato per il vetro riciclato per il tetto che brilla meravigliosamente al sole. Abbiamo sempre cercato di confrontarci con il mondo, l’ambiente, i materiali, di capire come impiegarli per sviluppare soluzioni interessanti e al passo con i tempi. Attualmente, ad impensierirci in maniera particolare è l’elemento trasparente CO2, una sorta di ombra su tutto ciò che facciamo.
Traduzione: Luca Beti
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