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Bisonti nelle foreste svizzere: idea realistica o delirante?

Bisonti che brucano
La mandria di bisonti di Welschenrohr conta oggi sette animali. Keystone / Anthony Anex

Era scomparso, ma ora il bisonte europeo potrebbe ritornare anche sul suolo elvetico. È questa l'ambizione degli scienziati e delle scienziate di un programma di reintroduzione attualmente in corso. Ma un Paese densamente popolato come la Confederazione ha i requisiti necessari per accogliere questo grosso animale?

Biologo della fauna selvatica, Otto Holzgang tende il braccio e solleva il pollice in direzione di un bisonte che bruca più in basso sul pendio. “Se il mio pollice copre tutto l’animale, vuol dire che siamo abbastanza lontani”.

Pollice alzato, bisonte sullo sfondo
swissinfo.ch

Cinquanta metri ci separano dal bovino. La distanza di sicurezza ufficiale. Non scenderemo al di sotto di essa una volta all’interno del recinto.

Poco prima, il biologo, che dirige il progetto “Wisent im Thal” (Bisonti del Thal), ha localizzato l’animale grazie alla tecnologia digitale. Il recinto di Welschenrohr, nel Giura solettese, ha una superficie di 50 ettari. L’equivalente di 70 campi da calcio di prateria e foresta.

Due animali sono muniti di collari con localizzatore GPS che ne segnalano la posizione. È quindi semplice ritrovare il resto della mandria, che sembra apprezzare particolarmente il rifugio offerto dalla foresta.

Questi esemplari arrivano dal parco Wildnispark Zürich Langenberg, dove non avevano a disposizione un bosco. Eccoli ora a Welschenrohr, dove sono arrivati nel settembre del 2022. Holzgang spiega che ci sono voluti tre mesi ai bisonti per esplorare tutta l’area recintata. Ora sembrano aver trovato il loro equilibrio, ma un giorno, forse, vivranno in totale libertà.

Mappa topografica punteggiata
Tutti i luoghi in cui i bisonti con localizzatore (e quindi anche il resto della mandria) si sono fermati. Si nota che prediligono le aree boschive. zVg

La reintroduzione del bisonte europeo laddove un tempo già viveva è una tendenza che si osserva in molti luoghi del mondo. La sua presenza avrebbe la virtù di favorire la biodiversità. In Europa, la Polonia è stata pioniera, seguita da altri Paesi dell’est del Vecchio continente.

Interrompendo brevemente la nostra discussione, osserviamo due escursionisti aprire la porta del recinto per seguire un sentiero che l’attraversa. Non sarà pericoloso? Dopotutto un bisonte europeo può arrivare a misurare 1,9 metri al garrese? Holzgang, che definisce questi animali dei “giganti gentili”, non è di quest’idea.

“I bisonti li hanno visti. Sono estremamente attenti. Vedono tutto”. La coppia in questione non rappresenta alcun pericolo e possono continuare a brucare in pace. “È straordinario da osservare”, si entusiasma il biologo mentre gli escursionisti continuano la loro passeggiata.

Durante la nostra visita, che risale a maggio 2023, la mandria è composta da cinque animali. Una capo-mandria, due altre femmine, un vitello e un maschio. Una nascita è attesa a inizio giugno. “Il primo bisonte a venire alla luce in Svizzera da oltre 1’000 anni”, titolerà la stampa in quel momento. La famiglia si è allargata ulteriormente a metà settembre, con la nascita di un altro vitellino.

Solo 12 antenati

Persona con apparecchiatura in mano
Il responsabile del progetto, Otto Holzgang. swissinfo.ch

In Europa, il bisonte è stato quasi sterminato. Ne restavano appena 800 in libertà all’inizio del XX secolo, praticamente tutti nelle steppe dell’Europa orientale. L’ultimo esemplare selvatico di pianura è stato abbattuto in Polonia nel 1919.

Cinque anni più tardi, un piano di protezione del grande bovino è stato lanciato in Europa, spiega Monica Vasile, specialista di storia ambientale all’Università di Maastricht, nei Paesi Bassi.

A quell’epoca, c’erano ancora solo 54 esemplari in cattività, di cui solo 12 si sono riprodotti. L’insieme dei bisonti che troviamo oggi nel Vecchio continente discendono quindi da questi 12. Le reintroduzioni in natura sono iniziate nel 1952.

Vasile ha studiato la reintroduzione del bisonte europeo nei Carpazi rumeniCollegamento esterno. “Si tratta di progetti molto complessi; servono competenze a diversi livelli per garantire il benessere degli animali, ridurne lo stress e favorire la loro autonomia”, ci scrive.

Questo senza tener conto del fatto che è necessario coinvolgere la popolazione locale. “Di qualunque taglia sia l’animale, un’attenta procedura di comunicazione alla gente del posto è necessaria”. Solo la ricerca potrà valutare le opportunità di riuscita del progetto svizzero, sottolinea tuttavia la ricercatrice.

Influenza sulla vegetazione boschiva

Nel frattempo, i bisonti si sono allontanati. Ci incamminiamo sul sentiero che entra nella foresta per farci un’idea di cosa implica il monitoraggio scientifico del progetto.

A scadenze regolari, specialisti e specialiste di varie università e istituti vengono sul posto per raccogliere campioni o effettuare misurazioni. Si tratta di capire qual è l’impatto dei bisonti sul loro ambiente.

Oggi, sono due scienziate esperte di botanica ad avventurarsi nella foresta per misurare gli effetti della brucazione sui giovani alberi. Nell’impossibilità di determinare le specie responsabili, cercano di osservare la flora prima e dopo il passaggio dei bisonti.

Botanikerin Nicole Imesch kauert im Wald und zeigt auf ein junges Bäumchen
La botanica Nicole Imesch preleva diverse volte all’anno dei campioni nella foresta a sud di Welschenrohr. swissinfo.ch

Queste misurazioni si svolgono sistematicamente nello stesso luogo. 120 campioni vengono raccolti ogni 50 metri. La biologa Nicole Imesch preleva due tralci a diverse altezze e li paragona con le precedenti raccolte.

Prima dell’arrivo dei bisonti, per due volte la ricercatrice si è recata in questa foresta. “L’impatto dei caprioli e dei camosci era già molto significativa, con o senza bisonti”, indica.

Un progetto che non fa l’unanimità

“Si tratta di un banco di prova molto ben strutturato”, commenta Daniel Hagglin a proposito del programma solettese di reintroduzione del bisonte europeo. Biologo della fauna selvatica, direttore della Fondazione Pro GipetoCollegamento esterno, non è parte del progetto, ma è un riconosciuto specialista in ambito di reintroduzione.

Una reintroduzione in natura deve soddisfare tre condizioni, spiega. Dapprima, una valutazione esaustiva preventiva, in seguito un accompagnamento scientifico e, infine, l’accettazione da parte della popolazione.

È questo terzo aspetto che crea qualche problema a Welschenrohr. È stato istituito un gruppo di contatto, ma i media riportano alcune divergenze, in particolare con il settore dell’agricoltura. Il fallimento di un simile progetto in Germania potrebbe c’entrare qualcosa.

Cosa ne pensa Otto Holzgang? “Ci sono persone assolutamente a favore, gente che la reputa una buona idea, ma non una necessità e, naturalmente, c’è chi si oppone totalmente, come per ogni progetto”.

Le visite da parte delle generazioni più giovani, da questo punto di vista, sono molto apprezzate dai e dalle responsabili del programma. Fin dall’inizio, delle scolaresche vengono a vedere i bisonti. Allievi e allieve tornano in seguito con i genitori. “Anche i bambini e le bambine hanno svolto un lavoro di comunicazione”, spiega il biologo.

Promotori di biodiversità

Altra iniziatrice del progetto, Karin Hindenlang è direttrice del Wildnispark Zürich LangenbergCollegamento esterno. Dei bisonti vivono in questo parco della foresta di Sihl, a sud di Zurigo, dal 1969. È contenta del tentativo solettese e spera di trarvi nuove conoscenze sull’animale e sul suo impatto sull’ambiente, ci scrive.

“Con le loro abitudini di brucazione, i bisonti imprimono la loro impronta sulla vegetazione e modellano un paesaggio diversificato, ricco di specie, un mosaico di foreste e radure”, spiega.

Il suo parco partecipa a dei programmi europei di allevamento e conservazione. In questo ambito, gli zoo hanno come missione la riproduzione in cattività delle specie minacciate assicurando la conservazione di una base genetica la più ampia possibile. Anche i bisonti del Giura solettese figurano su un registro genealogico.

Libertà in vista?

Nell’autunno del 2024, il recinto di Welschenrohr sarà esteso a 100 ettari. A titolo sperimentale è attualmente circondato da due tipi di recinzioni. La prima, elettrificata, è composta di tre cavi piazzati a 50 centimetri, 1 metro e 1,5 metri di altezza. La seconda, presente in altri luoghi è formata da cavi metallici ed è alta 2,5 metri.

Il sistema permette di lasciare il passaggio libero agli altri animali selvatici. Per dimostrarlo, un capriolo appare improvvisamente ai margini della foresta, all’interno del recinto. “Abbiamo osservato dei caprioli in prossimità dei bisonti fin dal primo giorno”, racconta Holzgang.

Una volta che il parco di 100 ettari avrà superato i 3 anni, verrà presentato un rapporto. Qual è l’impatto del bisonte? Quale il livello di accettazione da parte della società e l’impatto economico dal punto di vista della cura della foresta e dell’agricoltura? Il Cantone di Soletta deciderà poi sul prosieguo del progetto.

In caso di luce verde da parte del Cantone, una seconda fase prevede la messa in semilibertà della mandria. Le recinzioni saranno tolte e i bisonti più o meno liberi di muoversi. “Saranno muniti di trasmettitori”, spiega Holzgang, “e continuerebbero ad appartenere all’associazione”. Quest’ultima dovrà assumersi le spese di rimborso in caso di eventuali danni e la responsabilità qualora ci fossero problemi – malattie o comportamenti aggressivi, ad esempio.

Al momento è impossibile stabilire se i bisonti ritroveranno una libertà completa. In ogni caso, il Cantone di accoglienza, Soletta dunque, dovrebbe presentare una richiesta in tal senso presso l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM).

Di nuovo sul terreno, la mandria si è avvicinata impercettibilmente. “Siamo troppo vicini”, osserva Holzgang. “Aspettiamo di vedere cosa fa la capo-mandria. Se se ne va, tutto ok. Se viene verso di noi, ci spostiamo”. L’animale alla fine decide di allontanarsi con calma. Proprio una gigantessa gentile.    

Redigiert von Sabrina Weiss

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