Prospettive svizzere in 10 lingue

“Bisognerebbe votare nel luogo in cui si vive.” Cosa significa per la Quinta Svizzera?

Serie Visti da fuori, Episodio 10:

Una nuova iniziativa popolare chiede un diritto fondamentale alla naturalizzazione. Una delle argomentazioni è che le persone dovrebbero avere la possibilità di esercitare i diritti politici nel luogo in cui vivono. Se portato alla sua logica conclusione, questo principio avrebbe conseguenze enormi per il diritto di voto degli svizzeri e delle svizzere all'estero.

In estate ho scritto un articolo per la serie “Visti da fuori” sulla storia del diritto di voto degli svizzeri e delle svizzere all’estero.

Il mio era un bilancio in chiaro-scuro, poiché ci sono ancora dei deficit nella consegna del materiale elettorale, e nella partecipazione.

Altri sviluppi

Sono stato sorpreso dalle molte reazioni che ho ricevuto in relazione a questa serie. Alcune dicevano che svizzere e svizzeri all’estero sono privilegiati perché molti di loro hanno la doppia cittadinanza, una situazione contraria al principio “One man, one vote” (una persona, un voto).

Alcune voci critiche affermano che ad essere davvero svantaggiate sono le persone straniere che non hanno la possibilità di avere voce in capitolo in Svizzera senza aver superato il processo di naturalizzazione. È su questo aspetto che bisognerebbe lavorare, non su coloro che hanno lasciato il Paese.

A riassumere in modo coinciso queste argomentazioni è stato un ex politico dei Verdi, secondo il quale il diritto di voto per gli svizzeri e le svizzere all’estero è discutibile in termini di politica democratica. “Invece, dovrebbero esserci diritti politici per tutte e tutti solo nel Paese in cui vivono, a prescindere dall’origine e dall’età”.

Tutte queste reazioni si legano in qualche modo all’associazione “Aktion Vierviertel”, lanciata nell’anno delle elezioni intorno a un’iniziativa popolare per una moderna legge sulla cittadinanza. Quest’ultima chiede un diritto fondamentale alla naturalizzazione in Svizzera per tutte le persone che vi abitano.

La naturalizzazione, secondo Aktion Vierviertel, dovrebbe essere concessa a chi risieda legalmente in Svizzera da cinque anni, che non sia stato condannato a pene detentive di lunga durata, che non metta in pericolo la sicurezza interna ed esterna della Svizzera e che abbia una conoscenza di base di una lingua nazionale.

Il testo dell’iniziativa non afferma che tutti debbano godere dei diritti politici in un solo e unico Paese, ma sembra essere un’idea diffusa tra gli attivisti e le attiviste di Aktion Vierviertel, la cui ispirazione politica è variegata: sinistra, ecologista, liberale.

Portando l’argomentazione alla sua logica conclusione, significherebbe la fine del diritto di voto per gli svizzeri e le svizzere all’estero nel loro Paese d’origine.

Due visioni in teoria, una mescolanza in pratica

Nel XXI secolo esistono due visioni distinte sulla cittadinanza e, di conseguenza, sui diritti politici:

  • Scollegare il diritto di voto dalle origini di una persona e legarlo strettamente al luogo in cui si svolge principalmente la sua vita. Si tratta dello “ius soli”, la cui forma più pura si basa sul luogo di nascita, facilmente accertabile.
  • Lo “ius sanguinis” funziona diversamente. Si basa sulla nazionalità dei genitori che viene trasferita alla prole e resta la stessa, indipendentemente dal luogo in cui ci si sposta o si vive.

Nella pratica però, le forme pure di queste due visioni sono rare, una mescolanza è la situazione più diffusa.

Lo slogan “One man, one vote” come argomentazione per ridurre il numero di elettori ed elettrici sarebbe contrario all’idea che ne sta alla base. Il motto, infatti, divenne popolare alla fine del XIX secolo, quando l’obiettivo era rafforzare i diritti politici della classe operaia nei confronti della borghesia. Nel XX secolo lo slogan è stato utilizzato per giustificare il diritto di voto per le persone discriminate sulla base della loro etnia.

Se si volesse ribaltare la situazione e utilizzare il principio contro la Quinta Svizzera, non c’è garanzia che altrove verrebbero applicate le stesse regole che nella Confederazione.

Ricerca globale sulla democrazia

Il progetto V-Dem dell’Università di Göteborg da anni analizza i sistemi politici di tutto il mondo. Secondo V-Dem, le democrazie mature danno la stessa importanza a fattori quali la sicurezza dei diritti fondamentali, il funzionamento dello Stato di diritto, la promozione dell’uguaglianza, le discussioni pubbliche e la partecipazione politica, oltre che all’elezione del Parlamento.

La Svizzera viene regolarmente elogiata dalla squadra di ricerca internazionale, che enfatizza in particolar modo la partecipazione politica nel Paese. Le ragioni sono tre: l’esistenza di votazioni ed elezioni, la democratizzazione di Cantoni, città e Comuni e la partecipazione della cittadinanza ai processi politici. Tutto ciò andrebbe rimesso in discussione?

Peculiarità della concezione svizzera della democrazia

Una delle peculiarità della Svizzera è che, nonostante istituzioni di partecipazione democratica ben consolidate, la possibilità di usufruirne per molto tempo è stata limitata a determinati gruppi della popolazione.

Le donne sono state il gruppo più importante a vivere per molto tempo l’esclusione sulla propria pelle. Gli uomini hanno avuto gli strumenti della democrazia diretta a loro esclusiva disposizione fino al 1971. Anche i poveri sono stati esclusi per molto tempo e così è stato anche per le persone di nazionalità svizzera residenti all’estero.

Tutt’oggi, la Svizzera non concede i diritti politici alle persone con disabilità mentale o a quelle con meno di 18 anni, anche se esistono eccezioni a livello cantonale o comunale.

Per molto tempo, è stata insita nell’immagine della democrazia svizzera la convinzione di essere speciale e, di conseguenza, i diritti politici sono stati considerati un privilegio che non doveva essere facile ottenere. Solo il dibattito globale sulla democrazia contemporanea ha aperto la strada a una ridefinizione e ad un ampliamento dei diritti politici.

Per la Quinta Svizzera, il cambiamento formale risale al 1966, con un nuovo articolo costituzionale, anche se nella pratica si è dovuto attendere il 1992, con l’introduzione del voto per corrispondenza.

La Svizzera ha firmato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) nel 2014. Il Cantone di Ginevra è stato il primo a concedere i diritti politici alle persone con disabilità mentale nel 2020.

Ora ci si concentra sulle generazioni più giovani. Glarona, già nel 2007 ha esteso il diritto di voto ai e alle 16enni; a livello federale si attende ancora una decisione.

Tendenza lenta, ma evidente

L’ostacolo più grande è il diritto di voto alle persone residenti di nazionalità straniera. Finora lo hanno introdotto solo alcuni Comuni e due Cantoni.

Numerosi tentativi di estensione della democrazia in tal senso sono falliti: la maggioranza dell’elettorato si oppone. La condizione principale per avere voce in capitolo resta la cittadinanza.

Prospettive sul lungo termine

La tendenza globale attuale sembra essere quella di smantellare il privilegio di voto, anziché rinnovarlo. Anche se il processo sarà visibile solo gradualmente e sul lungo termine.

In linea di principio, ciò sembra essere un argomento a favore dell’iniziativa popolare di Aktion Vierviertel, ma non contro il diritto di voto e di eleggibilità di svizzere e svizzeri all’estero. Limitare i diritti politici della Quinta Svizzera non aumenterebbe le possibilità dell’iniziativa popolare, ma le ridurrebbe.

Le iniziative popolari non hanno vita facile in Svizzera, come spiega questo nostro articolo d’archivio:

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Demonstration für die Abschaffung der Schweizer Armee 1989 auf dem Berner Bundesplatz.

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Questo contenuto è stato pubblicato al È lo strumento per eccellenza della democrazia diretta: l’iniziativa popolare ha un forte impatto sulla politica svizzera.

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A cura di Marc Leutenegger.

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