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Perché un’esperta di democrazia boicotta i referendum in Polonia

Donna in una piazza
La direttrice del Centro di ricerca per la democrazia diretta Elżbieta Kużelewska nella piazza del mercato di Bialystok, in Polonia. Bruno Kaufmann /swissinfo.ch

Il 15 ottobre, per la prima volta, l'elettorato polacco voterà su quattro importanti proposte di legge. Ma la direttrice del Centro di ricerca per la democrazia diretta, che conosce bene la democrazia svizzera, non parteciperà ai referendum. Ha le sue buone ragioni.

Durante la notte, una sveglia alta quasi quattro metri è stata portata a Rynek Kościuszki, la piazza del mercato di Bialystok. Un display digitale mostra i giorni, le ore, i minuti e i secondi che mancano alla chiusura delle urne in Polonia. A completare l’installazione c’è una scritta: “Nie śpij, bo cię przegłosują” (“Non dormire, o altri decideranno per te”).

“Con questa campagna, le nostre autorità municipali vogliono motivare la cittadinanza a partecipare ai referendum”, spiega Elżbieta Kużelewska.

Al confine con la Bielorussia e Kaliningrad

“Siamo di fronte a un’elezione molto importante per la democrazia in Polonia”, dice Elżbieta Kużelewska – conosciuta con il soprannome di Ela – e guarda con ansia gli enormi ritratti dei candidati del distretto (o meglio, vivoidato) della Podlachia sui manifesti appesi alle facciate delle case tutt’intorno.

Der Wahlwecker im Zentrum von Bialystok
Le autorità municipali di Bialystok richiamano l’attenzione sulle elezioni del 15 ottobre con una sveglia gigante. Bruno Kaufmann /swissinfo.ch

Il vivoidato nord-orientale confina con la Bielorussia, la Lituania e l’exclave russa di Kaliningrad. Ma in gioco ci sono anche questioni che riguardano l’intera nazione: oltre alle elezioni, sono in programma anche quattro referendum.

Ela è nata qui, nell’est dell’attuale Polonia, in una famiglia ortodossa polacca. Ben presto si è resa conto di essere cresciuta in una parte molto peculiare del Paese, in gran parte cattolica: “Tra i nostri vicini c’erano musulmani tartari, ebrei lituani e ortodossi bielorussi”.

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Deportazioni sovietiche e naziste

Nel corso della drammatica storia della Polonia, questi gruppi etnici sono stati ripetutamente oppressi, deportati e uccisi. Oggi, il Museo memoriale Sybir di Bialystok, inaugurato di recente, ne è testimonianza. Si trova nell’ex stazione ferroviaria Poleski, da dove durante la Seconda guerra mondiale decine di migliaia di persone furono deportate nei gulag sovietici a est e nei campi di concentramento nazisti a ovest.

Esterni del museo, vecchia stazione
Il “Museo Memoriale Sybir” di Bialystok è stato costruito per commemorare le vittime e sensibilizzare il pubblico sulla storia delle deportazioni forzate. Creative Commons 4.0 / Jan Szewczyk

Da giovane studentessa di legge, Ela si è interessata al quadro giuridico di una coesistenza pacifica e democratica di culture e popoli diversi. Durante un primo viaggio verso ovest con il fidanzato (e ora marito) Dariusz, fece una scoperta che le cambiò la vita: “Nel sud della Polonia, un giovane ci diede un passaggio su una strada di campagna, ci spiegò che sarebbe andato in Svizzera per qualche settimana, e chi chiese se volessimo andare con lui”, ricorda Ela. “Vedemmo il Cervino e i bellissimi laghi di montagna, ma anche manifesti per i referendum e sentimmo parlare delle LandsgemeindeCollegamento esterno“.

La Svizzera come ispirazione oggetto di ricerca

Tornata nella Polonia orientale, questi ricordi non hanno mai abbandonato Ela, che ha iniziato a documentarsi sul sistema politico svizzero, ha scritto una tesi di master sui diritti delle persone in Svizzera e infine ha conseguito un dottorato sul tema “Democrazia diretta in Europa”.

Da dieci anni, l’attuale vicepreside della facoltà di giurisprudenza e madre di due figli dirige il “Centro per la democrazia diretta” dell’Università di Bialystok. Ela ha anche co-fondato la rete “Incjatywa Helwecka”Collegamento esterno (“Iniziativa Elvetica”), attiva in tutta la Polonia.

“Vogliamo contribuire con la nostra esperienza in Svizzera allo sviluppo della democrazia in Polonia”, afferma Ela, che negli ultimi trent’anni ha visitato più volte la Confederazione per ragioni professionali e private. Mentre descrive le iniziative popolari e i referendum in Svizzera come esemplari a livello internazionale, la Landsgemeinde di Glarona, a cui ha assistito durante una recente visita, l’ha colpita molto meno: “A mio parere, questa forma assembleare di democrazia diretta ha soprattutto un carattere folkloristico”.

Uso strategico della democrazia diretta

In questi ultimi giorni prima delle decime elezioni parlamentari dal cambio di sistema del 1989, in Polonia si discute ancora una volta sull’utilità delle procedure di democrazia diretta. “Questi referendum non servono a rafforzare la democrazia”, sostiene Ela. Pertanto, non parteciperà e si limiterà a votare per la Camera bassa, il “Sejm”, e per la Camera alta, il “Senat”.

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Lo scetticismo di Ela deriva dal fatto che la concomitanza di elezioni e referendum ha un carattere strategico: programmando quattro votazioni sui temi politici più scottanti come le persone rifugiate, le recinzioni di confine e l’età pensionabile, il partito nazional-conservatore al governo PiS sta cercando di mobilitare il proprio elettorato.

Le domande di voto sono studiate su misura per i sostenitori del PiS. Ad esempio, chiedono se si è favorevoli alla “svendita di beni statali a società straniere”, che porta “la popolazione polacca a perdere il controllo di settori strategici dell’economia”, o se si è favorevoli ad “accogliere migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa”, come richiesto dalla “burocrazia europea”.

Lo svolgimento dei referendum in concomitanza con le elezioni mette in discussione anche la segretezza del voto, perché le schede del referendum devono essere consegnate in urne separate dalle schede elettorali. Chi non le consegna, quindi, appare subito come una persona critica nei confronti del Governo.

Allo stesso tempo, come sottolinea Andrzej Jackiewicz, collega di Ela presso il Centro per la democrazia diretta, il partito sta “aggirando tutta una serie di leggi elettorali”.

In contrasto con la disposizione della Costituzione polacca che vieta di modificare le leggi elettorali nei sei mesi precedenti le elezioni, a metà luglio il Parlamento polacco ha deciso a stretta maggioranza di sottoporre all’elettorato quattro quesiti referendari in concomitanza con le elezioni del 15 ottobre.

Tre persone
La professoressa Ela Kużelewska (al centro) con il collega Andrzej Jackiewicz (a sinistra) e la collega Izabela Krasnicka (a destra) davanti all’ingresso del Centro per la democrazia diretta dell’Università di Bialystok. Bruno Kaufmann /swissinfo.ch

In un’analisi pubblicata di recente, Jackiewicz spiega che la maggioranza di Governo ha modificato non meno di 170 disposizioni della legge elettorale nei mesi precedenti le elezioni. Tutte sono state concepite per rafforzare le possibilità di vittoria del Governo, a scapito dei partiti di opposizione.

Come esempio, Jackiewicz cita la restrizione dei seggi elettorali per le persone espatriate, la maggior parte delle quali vota progressista.

Soprattutto tra la popolazione urbana polacca, questa linea di condotta del Governo sta incontrando una crescente resistenza: all’inizio di ottobre, più di un milione di persone ha protestato in tutto il Paese. Quale sia percentuale dell’elettorato che condivide le preoccupazioni di Ela per la democrazia in Polonia sarà chiaro il giorno del voto e delle elezioni.

A cura di David Eugster

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