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Quando le catastrofi rafforzavano il federalismo

La solidarietà elvetica fu molto marcata nell'ottobre 2000, durante i disastri del maltempo in Ticino e, qui in foto, in Vallese Keystone

Gesti di pura generosità o manipolazioni da parte delle autorità? Gli atti di solidarietà suscitati dai disastri naturali non trovano sempre le stesse spiegazioni.

Con lo storico Christian Pfister vi proponiamo un viaggio nella solidarietà elvetica del passato.

Ultima in ordine di tempo, la catastrofe naturale del 26 dicembre scorso che ha colpito il Sud-Est asiatico.

Cittadini, associazioni, comunità, ditte private, comuni, cantoni e Confederazione: tutta la Svizzera si è mobilitata per venire in aiuto delle vittime dello tsunami, in quello che è apparso come un atto di generosità senza precedenti.

Uno sguardo all’indietro rivela tuttavia che la storia non manca di esempi di forti reazioni della popolazione di fronte ad un evento di Madre natura. Quello che però è cambiato, sono le ragioni che portano a tali manifestazioni di generosità.

Per fare un salto nella solidarietà del passato, abbiamo intervistato Christian Pfister, professore di storia economica, sociale e ambientale all’Università di Berna e membro del Centro nazionale di competenza nella ricerca sul clima.

swissinfo: Come giudica il movimento globale di solidarietà che ha seguito il disastro naturale nel Sud-Est asiatico? L’impressione è che i donatori abbiano fatto a gara a chi offrisse di più…

Christian Pfister: Con lo tsunami, il movimento di solidarietà ha assunto per la prima volta un carattere globale. Ad essere colpiti sono infatti stati numerosi Paesi di due continenti e tra le vittime si annoverano anche turisti europei e nordamericani.

Quando le donazioni, pubbliche o private che siano, assumono una connotazione ufficiale, sono sempre accompagnate da ragioni di auto promozione e di prestigio.

swissinfo: Ci sono esempi in cui le catastrofi naturali sono state, in termini di gestione della crisi , utilizzate o manipolate dalle autorità per raggiungere scopi ben precisi?

C. P.: Quello che conosco bene in questo contesto è l’esempio della Svizzera. Nella comunicazione ufficiale, le catastrofi naturali sono spesso state presentate come delle occasioni per rafforzare lo spirito nazionale. Per ottenere questo risultato, è stato ogni volta evocato il motto “Uno per tutti, tutti per uno”.

In passato, le catastrofi naturali erano descritte come delle aggressioni della natura all’interno del paese, alle quali bisognava reagire come se si stesse trattando di un nemico armato proveniente dall’esterno. Una proclamazione del genere fu per esempio fatta all’epoca delle inondazioni dell’autunno 1868, le quali hanno particolarmente devastato il Ticino.

In Svizzera, la gestione dei disastri naturali ha svolto lo stesso ruolo delle guerre d’indipendenza in altri Paesi, come l’Italia.

swissinfo: Se facciamo un paragone con altre nazioni, si può affermare che la Svizzera ha una lunga tradizione per quel che concerne i gesti di solidarietà?

C. P.: Una lunga tradizione di solidarietà è condivisa anche da altri Paesi, soprattutto quelli dell’area germanofona e anglofona. Quello che caratterizza la Svizzera è l’ampiezza della solidarietà, che si misura a partire dal montante totale delle donazioni.

Ho proceduto a una stima del totale dei fondi raccolti nel 19esimo secolo paragonando i salari giornalieri dei muratori. Per due volte, nel 1861 e nel 1868, la popolazione elvetica, che all’epoca contava 2,6 milioni di persone, ha raccolto il corrispettivo odierno di circa 300 milioni di franchi. È una cifra straordinaria.

Le campagne di solidarietà sono state condotte nello stesso modo di quella attuale, ma sono riuscite a mobilitare un numero maggiore di cittadini ed hanno raccolto più soldi.

swissinfo: Uno dei temi sollevati dalla raccolta di fondi a favore delle vittime dello tsunami è la gestione e la destinazione finale degli aiuti. Un soggetto già trattato anche in passato?

C. P.: Durante le inondazioni che hanno colpito la Svizzera nel 1868, i fondi erano stati raccolti per venire a sostegno dei più poveri. Parte dei soldi fu però investita nella ricostruzione di sbarramenti protettivi e nella riforestazione. Una scelta comunque ben ragionevole.

swissinfo: Il maremoto nel Sud-Est asiatico ha generato una raccolta di fondi record. Con la prossima catastrofe naturale, come reagirà la gente?

C. P.: In Svizzera, si tratta di un record per quel che concerne le donazioni a favore di disastri all’estero, ma non per le campagne a sostegno delle vittime sul territorio nazionale.

Se in futuro si produrranno disastri simili al recente tsunami in maniera sempre più frequente, c’è da temere che la solidarietà si indebolisca. Conosco l’esempio di una regione nei Pirenei che è stata devastata almeno tre volte nel decennio del 1770. Alla fine, le regioni vicine non hanno donato più niente.

swissinfo, intervista di Luigi Jorio

Il più grande disastro europeo in età moderna è stato il terremoto e il susseguente tsunami che hanno colpito la città di Lisbona nel novembre 1755.

Quella della città portoghese, dove perirono 30’000 persone, fu inoltre la catastrofe naturale che per la prima volta trovò eco nei media, facendo parlare di sé per mesi.

In segno di lutto, a Berna si abolirono tutte le festività dell’intero inverno.

Christian Pfister è professore all’Istituto di storia dell’Università di Berna.
Ha collaborato assieme alla dottoranda Stephanie Summermatter alla stesura del libro “Katastrophen und ihre Bewältigung. Perspektiven und Positionen” (Paul Haupt, 2004).

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