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Il dialogo con l’Islam passa da Teheran

Studentesse iraniane intente a pregare a Teheran Keystone

Allo scopo di promuovere il dialogo interreligioso, una delegazione del Gruppo di lavoro «Islam» della Conferenza dei vescovi svizzeri si recherà lunedì in Iran.

La visita segue quella di una delegazione iraniana effettuata in Svizzera lo scorso mese di settembre. Non si affronteranno questioni politiche.

I dieci rappresentanti del Gruppo di lavoro «Islam» (GLI) sono stati invitati in Iran dalla «Islamic Culture and Relations Organization» (ICRO) e vi soggiorneranno fino al 24 aprile.

Alcuni membri dell’organizzazione iraniana si erano a loro volta recati in Svizzera nel mese di settembre dello scorso anno. In quella occasione, avevano potuto familiarizzarsi con la realtà religiosa elvetica.

Intervista swissinfo al capo della delegazione, nonché presidente del GLI, Monsignor Pierre Bücher, vescovo ausiliario di Losanna, Ginevra, Friburgo e Neuchâtel.

swissinfo: Quale è il programma della vostra visita?

Mons. Pierre Bücher: Lo scopo della nostra visita non è politico, bensì religioso e culturale. Vogliamo infatti continuare il dialogo iniziato lo scorso mese di settembre con l’ICRO sul tema delle minoranze religiose e i diritti delle religioni.

Per quanto riguarda il programma dettagliato del nostro soggiorno, se ne occuperanno i padroni di casa iraniani. Dal canto nostro abbiamo però chiesto di incontrare le autorità locali della Chiesa cattolica e di potere visitare le comunità cristiane del Paese.

Vorremmo inoltre entrare in contatto con alcuni rappresentanti della comunità ebraica presente in Iran.

swissinfo: A tal proposito, come sono trattate in Iran le minoranze cristiane ed ebraiche?

Mons. P.B.: Obbiettivamente, non conoscendo ancora la realtà in cui vivono queste minoranze, non mi sembra il caso di tirare conclusioni affrettate. Potremo essere più chiari al riguardo al nostro ritorno.

swissinfo: In Occidente, Iran ed Afghanistan sono considerati i due Paesi più retrogradi e repressivi del mondo in ambito religioso. L’Iran è veramente un buon partner per un dialogo interreligioso?

Mons. P.B.: Oggigiorno, l’Iran è un Paese d’importanza primordiale, non solo per se stesso, ma anche per la sua influenza verso l’esterno. Per questo abbiamo cercato un dialogo.

Certo, non dimentichiamo le minacce degli americani riguardo il programma d’armamento nucleare iraniano, né tantomeno il rapporto di Amnesty International nel quale si attesta che nel Paese «le minoranze etniche e religiose sono oggetto di persecuzioni».

Vogliamo però comportarci da visitatori attenti e mettere in pratica le parole di Papa Giovanni XXIII: «Guardarsi senza provocarsi, incontrarsi senza avere paura l’uno dell’altro, mantenere dei rapporti reciproci senza compromettersi». La diffidenza a priori porta cattivi consigli.

swissinfo: Il dialogo intrapreso con l’Islam dovrà inoltre servire a rispondere a questioni che si pongono anche a livello svizzero. Ma la stragrande maggioranza dei musulmani in Svizzera sono sunniti, mentre l’Iran è il Paese-simbolo degli sciiti…

Mons. P.B.: Il fatto che un Paese sia a maggioranza sciita piuttosto che sunnita nulla toglie al fatto che il suo fondamento religioso rimane lo stesso: il Corano. I loro rapporti con coloro che non abbracciano la fede musulmana sono analoghi.

Tutti i musulmani sono potenziali partner per un dialogo fra l’Islam e i cristiani. Il nostro gruppo di lavoro è volto a promuovere il dialogo interreligioso, senza limitarsi ai gruppi di maggioranza. Per questo, in loco ci interesseremo anche e in particolare della situazione delle minoranze cristiane ed ebraiche.

swissinfo: Dialogare è positivo. Ma su quali basi? Quali sono i grandi temi sui quali cristiani e musulmani possono trovare un punto d’incontro? E quali invece creano incomprensioni insormontabili?

Mons. P.B.: Questa domanda sta alla base di ogni tipo di dialogo interreligioso.

Attualmente stiamo ancora mettendo in pratica ciò che profeticamente aveva programmato il Vaticano II oltre 40 anni fa. Tentiamo così di esortare cristiani e musulmani a dimenticare il passato e a cercare di capirsi vicendevolmente, ma anche a «proteggere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà».

Per noi non si tratta dunque di analizzare tutte le difficoltà d’incontro fra islam e cristianesimo, ma piuttosto di costruire dei ponti di rispetto e di comprensione reciproca.

Senza voler con questo assolutamente sminuire l’importanza del dialogo culturale e interreligioso, il più bel dialogo fra credenti resterà sempre quello dell’amicizia.

Intervista swissinfo: Olivier Pauchard
Traduzione, Anna Passera

Il numero dei musulmani in Svizzera è in aumento (2,2% della popolazione nel 1990 e 4,3% nel 2000).

La maggior parte di loro proviene dai Balcani e dalla Turchia e sono sunniti.

La società elvetica è regolarmente confrontata a rivendicazioni della propria popolazione musulmana. Fra queste, la creazione di cimiteri musulmani e di minareti o la possibilità di separare gli uomini dalle donne nelle piscine.

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