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Bruxelles non dimentica, un anno da stragi

Impossibile dimenticare quanto successo. Keystone/EPA/STEPHANIE LECOCQ sda-ats

(Keystone-ATS) Bruxelles non dimentica. Le ferite si stanno rimarginando: la vita ha ripreso a girare ai suoi ritmi normali, dal turismo agli eventi culturali, ma a un anno dagli attentati del 22 marzo all’aeroporto di Zaventem e alla stazione metro Maelbeek c’è un prima e un dopo.

Segno più tangibile, i 1.100 militari con i camion dell’esercito, ormai divenuti parte del paesaggio urbano, che continuano a presidiare strade, stazioni, scali aerei, metropolitana, istituzioni europee e centri commerciali. E le voci dei feriti, di cui molti ancora non hanno visto nessun indennizzo.

Le due esplosioni che hanno squarciato il quieto trantran di una mattina di inizio primavera, – la prima alle 7.58 a Zaventem, azionata dai kamikaze Najim Laachraoui e Ibrahim El Bakhraoui, la seconda alle 9.11 a Maelbeek con il fratello Khalid El Bakrhaoui – hanno lasciato a terra 32 vittime, di cui 17 belgi e 15 stranieri. Sono stati invece oltre 1.300 i feriti, di cui 226 gravi, per un totale di 1.361 richieste di indennizzo, incluse le famiglie delle vittime. In molti, però, non hanno visto un euro.

Secondo i dati ufficiali, le assicurazioni hanno già sborsato 136 milioni, di cui però solo 16 alle vittime degli attentati.

“Avrei bisogno di un finanziamento forse a vita, se non sono in grado di lavorare”, spiega Karen Northshield alla tv Rtbf, “spetta al governo darmi una compensazione, è loro responsabilità ora”. La ragazza, 31 anni, non ha mai lasciato l’ospedale dal 22 marzo dell’anno scorso, dopo oltre 20 operazioni e molte altre in prospettiva. Nell’esplosione a Zaventem ha perso l’uso della gamba sinistra, buona parte dell’udito e da allora è senza stomaco.

È consumato dalla rabbia l’ex giocatore di basket Sébastien Bellin, ferito a una gamba per cui ha già subito otto interventi chirurgici: “Ci parlavano di pensioni, di statuto speciale… ma oggi sono cose che ancora non esistono, ci sentiamo completamente abbandonati”, ha detto al quotidiano ‘La Dernière Heure’. Finora non ha ricevuto nessun sostegno finanziario dal Belgio. Le assicurazioni si sono impegnate negli scorsi giorni a proporre un regolamento unico per i danni morali, con un processo accelerato e su base del tasso di invalidità attuale dei feriti.

I terroristi caricarono le bombe con chiodi e schegge per ferire il più persone possibile, incidendo la paura nella psiche. E c’è chi cerca di dimenticare, come l’hostess indiana Nidhi Chaphekar. Era lei la donna ferita, scalza, smarrita, con il sari giallo brillante e stracciato nel grigio dominante di una delle foto simbolo dell’attentato. Un anno dopo ha recuperato solo al 70%, ma ha espresso il suo desiderio: “Il mio sogno è tornare a volare”.

Anche l’economia belga, e soprattutto quella di Bruxelles, sta ancora riprendendosi dalle ferite: il crollo, nei mesi successivi agli attacchi, di presenze turistiche, nei trasporti, agli eventi culturali, alle manifestazioni pubbliche, nei ristoranti così come nei cinema e nei negozi e centri commerciali ha fatto registrare perdite stimate tra lo 0,2% e lo 0,6% del Pil del Paese, pari a 2,4 miliardi di euro. Lo stesso aeroporto di Bruxelles, chiuso per quasi due settimane dopo gli attacchi e poi ritornato a funzionare col contagocce, ha chiuso l’anno con 1,7 milioni in meno di passeggeri, a -7%. Brussels Airlines, invece, la ex compagnia di bandiera, dopo mesi durissimi è riuscita a chiudere in positivo con 15 milioni di euro. Il solo settore che ha invece conosciuto un vero e proprio boom, pari a +10%, è stato quello delle società di sicurezza, con un aumento esponenziale dell’impiego di ‘guardiani’ in istituzioni pubbliche, uffici, musei e sale di spettacolo.

Dopo un anno, restano ancora da stabilire le responsabilità politiche. Il Parlamento belga ha messo in piedi una commissione d’inchiesta che lavora ormai da diversi mesi senza essere ancora giunta a una conclusione né sulle carenze dell’intelligence e del coordinamento tra le diverse polizie del Paese, né su chi avrebbe dovuto fermare la metro dopo la prima esplosione all’aeroporto e invece non l’ha fatto, consentendo così il secondo attacco un’ora più tardi.

Dal punto di vista dell’inchiesta, con la cattura di Salah Abdeslam, elemento di congiunzione tra gli attentati di Parigi e quelli di Bruxelles, e dell’ ‘uomo col cappello’, Mohamed Abrini, mancato kamikaze a Zaventem, i ‘pesci più grossi’ della cellula che ha operato nelle due capitali europee sono dietro le sbarre, ma finora si sono trincerati dietro il silenzio. Resta invece a piede libero Oussama Atar, il belga-marocchino di 32 anni ritenuto la ‘mente’ e che secondo la Cnn sarebbe tornato in Belgio ad agosto a trovare la famiglia, sfuggendo alla polizia.

Intanto questo mercoledì le autorità del Belgio, dal premier Charles Michel al re Filippo, insieme ai rappresentanti delle istituzioni Ue tra cui il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, parteciperanno a una lunga giornata di commemorazioni.

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