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Consiglio degli Stati, oggi esamina preferenza nazionale

Dopo il Consiglio nazionale in settembre, tocca oggi al Consiglio degli Stati esaminare la legge d'applicazione dell'iniziativa UDC contro l'immigrazione di massa KEYSTONE/PETER KLAUNZER sda-ats

(Keystone-ATS) Dopo il Consiglio nazionale in settembre, tocca oggi al Consiglio degli Stati esaminare la legge d’applicazione dell’iniziativa UDC contro l’immigrazione di massa approvata dal popolo il 9 di febbraio 2014.

Al Nazionale proseguono invece le discussioni sul programma di stabilizzazione 2017-2019. Rimane ancora in sospeso il taglio di 77 milioni nei contributi federali destinati ai Cantoni per i sussidi di cassa malattia. Il programma prevede pure il Preventivo 2017.

Il tema dell’immigrazione deve essere imperativamente esaminato dal Parlamento durante questa sessione invernale. Non si tratta solo di rispettare i termini – 3 anni – per l’applicazione dell’iniziativa. L’Ue si attende infatti che la Svizzera ratifichi l’accordo sulla libera circolazione con la Croazia, condizione sine qua non affinché la Confederazione venga reintegrata appieno nel programma europeo di ricerca Horizon 2020.

Come noto, il Nazionale si è espresso in autunno per la cosiddetta preferenza nazionale “light”, rifiutandosi di andare più lontano, ossia di reintrodurre in Svizzera contingenti e tetti massimi come chiesto dai democentristi. Il motivo? Evitare eccessivi attriti con Bruxelles e salvare gli accordi bilaterali I che cadrebbero qualora la libera circolazione, uno dei pilastri dell’Ue, venisse meno.

Il modello del Nazionale prevede, superata una certa soglia di immigrazione, l’obbligo per le aziende di annunciare agli Uffici regionali del lavoro i posti vacanti. Questo provvedimento potrà anche essere limitato ad alcune categorie professionali, ad alcuni settori o ad alcuni cantoni. Il testo non fissa tuttavia un obbligo vincolante di assunzione del personale residente.

La commissione delle istituzioni politiche degli Stati ha optato per un modello leggermente diverso, dove non si parla di soglie o immigrazione, concepito dal “senatore” Philipp Müller (PLR/AG).

In caso di forte disoccupazione in determinati gruppi professionali o settori di attività, i datori di lavoro dovrebbero essere obbligati a convocare i disoccupati residenti il cui profilo corrisponde all’impiego e, se non li assumono, a giustificarsi. Chiunque violi l’obbligo di annuncio dei posti vacanti, oppure di organizzare un colloquio o di giustificarsi potrebbe venir punito con una multa di 40 mila franchi al massimo.

Al modello Müller si contrappone la proposta del “senatore” Pirmin Bischof, più vicina alla versione legislativa adottata dal Nazionale. Bischof non prevede per esempio l’obbligo del colloquio tra disoccupato e datore di lavoro, anche se il Consiglio federale “può” introdurre un simile provvedimento. Per l’esponente democristiano, un obbligo di colloquio sarebbe insostenibile per le piccole e medie imprese.

Sempre secondo il Solettese, il Consiglio federale potrebbe adottare misure appropriate limitate nel tempo e nello spazio in caso di problemi economici e sociali importanti (per esempio un forte afflusso di frontalieri) che siano il meno possibile in conflitto con l’accordo sulla libera circolazione delle persone.

Se tuttavia il comitato misto Svizzera-Ue dovesse essere contrario alle misure adottate da Berna, passati 60 giorni, secondo il “senatore” PPD, dovrebbe essere il parlamento ad esprimersi sul seguito della procedura e, se necessario, limitare in maniera unilaterale l’immigrazione. Una simile proposta era già stata bocciata dal Nazionale in settembre.

Pirmin Bischof giustifica questa sua proposta con la volontà di essere il più vicino possibile all’articolo costituzionale adottato dal popolo. A suo avviso, il parlamento deve assumersi le proprie responsabilità e l’Ue non deve avere un diritto di veto”su quanto deciso dal popolo.

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