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CSt: espulsione criminali stranieri, diminuire numero eccezioni

Secondo Philipp Müller (PLR/AG) non deve più essere possibile rinunciare all'espulsione di una straniero criminale ricorrendo, nel processo, a un decreto d'accusa. KEYSTONE/PETER KLAUNZER sda-ats

(Keystone-ATS) Non deve più essere possibile rinunciare all’espulsione di una straniero criminale ricorrendo, nel processo, a un decreto d’accusa. Il Consiglio degli Stati ha approvato oggi una mozione in tal senso. Il governo si è detto pronto a intervenire se necessario.

L’autore della mozione, Philipp Müller (PLR/AG), ha ricordato che le disposizioni introdotte dopo l’accettazione dell’iniziativa dell’UDC “per l’espulsione degli stranieri che commettono reati” prevedono che l’allontanamento dalla Confederazione venga formalmente deciso da un giudice. Il ricorso al d’accusa è pertanto escluso.

Nella prassi, tuttavia, a volte la procedura del decreto d’accusa viene utilizzata quando si intende invocare un caso di rigore, ha sostenuto Müller. La rinuncia all’espulsione, conformemente alla volontà del legislatore, deve invece avvenire soltanto in casi eccezionali.

Per il liberale-radicale una possibile soluzione potrebbe prevedere che i titolari di un permesso di soggiorno accusati di un reato grave vengano sempre giudicati da un giudice penale, e ciò indipendentemente dal fatto che venga pronunciata un’espulsione o no.

La sinistra ha invano chiesto la bocciatura della mozione ritenendola eccessiva: “i casi di rigore sono casi di rigore, indipendentemente da chi li pronuncia”, ha sostenuto Paul Rechsteiner (PS/SG). “Vero, ma devono restare delle eccezioni”, ha replicato Andrea Caroni (PLR/AR).

Da parte sua, il Consiglio federale ha detto di essere disposto a intervenire qualora ne venga constatata la necessità. È però ancora troppo presto per sapere se esiste davvero una tendenza a rinunciare all’espulsione obbligatoria, ha spiegato la ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga.

Le disposizioni sull’espulsione obbligatoria dal territorio svizzero sono infatti applicabili soltanto ai reati commessi dopo il primo ottobre 2016. Occorrerà pertanto aspettare due/tre anni prima di poter disporre di dati attendibili, ha precisato la consigliera federale.

L’atto parlamentare passa ora al vaglio del Consiglio nazionale.

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