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Giappone: casi morte da troppo lavoro ancora sotto riflettori

In Giappone la questione della morte per eccesso del lavoro - il cosiddetto 'karoshi' - torna di nuovo sotto i riflettori. Nell'immagine d'archivio una veduta di Tokyo. KEYSTONE/EPA/FRANCK ROBICHON sda-ats

(Keystone-ATS) In Giappone la questione della morte per eccesso del lavoro – il cosiddetto ‘karoshi’ – torna di nuovo sotto i riflettori.

I genitori della giornalista della televisione pubblica Nhk, morta quattro anni fa per problemi cardiaci legati al numero sproporzionato di ore di straordinario – e il cui decesso è stato reso noto solo a inizio mese dalla Tv ufficialmente per volontà della famiglia – hanno smentito di aver chiesto all’azienda di non divulgare la notizia.

Il caso della 31enne Miwa Sado era stato annunciato il 4 ottobre scorso, con la spiegazione che le autorità avevano rilevato che la giovane aveva lavorato 159 ore di straordinario un mese prima di morire. In una conferenza, il padre di Sado ha affermato che la dichiarazione della Nhk non corrisponde al vero, e che la famiglia intende far conoscere la verità per impedire che fatti del genere si ripetano.

Il caso segue la vicenda più recente di un operaio di 23 anni impegnato nella costruzione del nuovo stadio olimpico, la cui morte è avvenuta quest’anno dopo orari che prevedevano 200 ore di straordinario in un mese. “Turni di servizio illegali sono stati accertati dalle recenti ispezioni del ministero del Lavoro”, ha detto venerdì il direttore del progetto di costruzione dello stadio, Tadashi Mochizuki. “Faremo tutto il possibile per prevenire la ricomparsa del fenomeno”.

Secondo le ultime rilevazioni governative del 2016 raccolte dal ‘White Paper’, oltre un quinto della popolazione attiva impiegata nelle aziende lavora oltre la soglia delle 80 ore di straordinario mensili, considerate dallo stato come caso limite per rientrare nella fattispecie del karoshi.

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