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No Billag: stampa, ora mantenere le promesse

Gilles Marchand, direttore generale della SSR KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Il dibattito sulla missione della SSR non si ferma, nonostante il massiccio (71,6%) rifiuto popolare dell’iniziativa “No Billag”.

L’azienda radiotelevisiva deve ora mantenere le promesse fatte nella campagna di votazione, sostiene la stampa elvetica nei commenti del giorno dopo.

Gli editorialisti vedono nel no all’iniziativa per la soppressione del canone un chiaro riconoscimento dell’aiuto statale al settore radiotelevisivo. Ma giudicano anche ineluttabile un ridimensionamento della SSR. I pareri divergono tuttavia sul come.

“Neue Zürcher Zeitung” – Sono finiti i tempi del negoziante generalista che vende un po’ di tutto e si finanzia con il canone: la SSR deve concentrarsi sulla fornitura di “informazioni politicamente e culturalmente rilevanti” e sulla mediazione culturale. E la politica deve stabilire le condizioni quadro: “invece di accapigliarsi sull’ammontare del canone bisogna dapprima ripensare il mandato di prestazioni”.

“Tages-Anzeiger” – Il risultato del voto non dà una risposta univoca. Da anni la SSR persegue un'”aggressiva politica d’espansione” a spese dei media privati ed è diventata “un gigante con 17 programmi radio, 7 canali tv, un’ampia offerta online e una controversa alleanza pubblicitaria”. “Ora ci si vuol vuol fare più modesti. Finalmente!” La politica ha trascurato di fissare barriere, ora è maturata presso la stessa SSR l’intenzione di contenersi.

“Blick” – Una indubbia maggioranza ha constatato che la SSR è irrinunciabile per la formazione dell’opinione, per il plurilinguismo, per la coesione del paese. Risparmiare, dimagrire, togliere il superfluo non basta. Anche una ulteriore riduzione del canone sarebbe “pardon, troppo a buon mercato”. Una forte democrazia ha bisogno di media forti e finanziariamente solidi, finanziati con soldi privati e pubblici.

“Basler Zeitung” – Nonostante questo no rimangono le questioni fondamentali, che cos’è esattamente un servizio pubblico, come va finanziato e da chi. La SSR deve diventare “una agenzia stampa per contenuti audiovisivi”, che possano essere utilizzati gratis da tutti gli altri, ossia dai privati.

“Nordwestschweiz” – È ora di riconcentrare la SSR sulla sua funzione essenziale e di deideologizzare il dibattito. Bisogna rovesciare il processo: “Per cominciare deve affluire molto meno denaro. Una più stretta e precisa definizione del servizio pubblico si configura poi quasi da sola”.

“Luzerner Zeitung” / “St. Galler Tagblatt” – Gli svizzeri non amano le rivoluzioni. Ma per la SSR sono necessari dei limiti in modo da non mettere in pericolo la pluralità dei media. Tocca alla Confederazione fissarli in modo chiaro: “il Consiglio federale e il parlamento in maggioranza amico della SSR” devono fare in modo che gli editori privati abbiano sufficiente “aria da respirare”.

“Le Temps” – Se meno di un terzo degli svizzeri ha votato per “No Billag” è perché la popolazione ha voluto preservare una grande istituzione nazionale, che va oltre la semplice informazione ma è anche il “vettore di una certa cultura svizzera”. I dirigenti della SSR hanno promesso una svolta storica. Bisogna ora che “queste visioni audaci prendano forma”.

“La Liberté” – Questa vittoria, “non è quella della SSR, è quella del grande pubblico, che ha capito che una televisione puramente commerciale non porta alcuna garanzia in termini di qualità e neppure in termini di costi”. L’attuale contesto mediatico, caratterizzato dalla crisi della carta stampata cui ha fatto eco il “brutale stringimento di bulloni subìto dall’ATS”, “non era propizio a un’avventura audiovisiva”. “La discussione non fa che cominciare. Grazie alla chiarezza del voto, parte su una base sana”.

“Tribune de Genève” – “Se il popolo ha rinunciato a uccidere la SSR, non è per conservarla tale e quale”: l’azienda deve riformarsi in profondità, “adattarsi ai nuovi modi di consumo dell’informazione – la televisione lineare è morta -, ricentrarsi sulla sua offerta originale al costo più basso possibile”.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

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