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Alta la tensione Usa-Russia, scontro su hacker e Siria

Il presidente russo Vladimir Putin KEYSTONE/AP POOL SPUTNIK KREMLIN/ALEXEI NIKOLSKY sda-ats

(Keystone-ATS) “I ricatti con la Russia non hanno mai funzionato e non funzioneranno mai”. Il presidente Vladimir Putin, dopo giorni di tensione crescente sulla rotta Mosca-Washington, ha interrotto il ‘silenzio stampa’ e ha dato la linea.

Nel suo tipico stile: bastone e carota. Se da un lato, infatti, si è detto preoccupato per il deterioramento dei rapporti con gli Usa – “non per scelta della Russia” – e per l’assenza di dialogo (“praticamente non c’è”), dall’altro il ministero degli Esteri ha annunciato che il ministro Serghei Lavrov e il segretario di Stato Usa John Kerry si vedranno sabato prossimo a Losanna per discutere ancora una volta del ginepraio siriano. Il dialogo dunque c’è. Il rischio è che sia fine a se stesso.

Putin in merito ha le idee chiare. “L’amministrazione Usa – sostiene – formula quello che le serve e poi insiste che sia eseguito: ma questo non è un dialogo, è un diktat”. Insomma, si torna sempre al solito punto. Quello degli interessi nazionali. Che la Russia pretende vengano riconosciuti dagli Usa sul piano del ‘confronto fra pari’.

Rispetto dunque. Tant’è vero che sia Putin che Lavrov, nello stesso giorno, hanno rivangato – con evidente ironia piccata – l’ormai famigerata (per Mosca) battuta di Barack Obama sulla Russia “potenza regionale”. Lavrov ha definito le accuse d’interferenza nelle elezioni Usa come “ridicole” aggiungendo di non aver visto “una singola prova”. “E’ certamente lusinghiero – ha sibilato – avere questo tipo di attenzione, per una potenza regionale”.

Al centro della querelle c’è il caso-hacker. Secondo gli Usa, dietro alle mail sottratte ai democratici c’è la Russia. L’accusa ormai è ufficiale e il portavoce della Casa Bianca ha detto che Obama valuta in merito risposte “proporzionali”, senza aggiungere però dettagli: se e quando sarà presa la decisione, ha avvertito, non verrà annunciata in anticipo né svelata dopo.

Come se non bastasse, il presidente della campagna elettorale di Hillary Clinton, John Podesta, ha tacciato il consigliere di lunga data di Donald Trump, Roger Stone, di essere stato avvertito in anticipo dei piani di WikiLeaks di pubblicare migliaia di sue email hackerate e ha insinuato che il candidato repubblicano stia aiutando la Russia a interferire nella politica americana. Beghe di politica interna, se si vuole; ma dato il contesto si stanno trasformando in un rischioso alterco internazionale.

Putin, non a caso, ha bollato l’intera faccenda come “isteria” mirata a “distrarre” l’opinione pubblica americana.

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