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Detenzione abusiva in Svizzera: grosse differenze cantonali

Una cella KEYSTONE/STEFAN MEYER sda-ats

(Keystone-ATS) Da metà Ottocento e fino al 1981, decine di migliaia di persone sono state incarcerate abusivamente per “pigrizia”, “alcolismo”, “dissolutezza” e “infrazioni di poco conto”.

Di questa pagina della storia svizzera si sta occupando dal 2014 una commissione di esperti indipendenti, che oggi ha stilato un bilancio provvisorio, dal quale emergono grosse differenze cantonali, così come disparità fra città e campagna.

Finiva in carcere chi viveva in modo non conforme alle abitudini dell’epoca e non aveva uno stipendio fisso, ha spiegato davanti alla stampa a Berna Jacques Gasser, psichiatra dell’Università di Losanna e membro della commissione.

Nei periodi di crisi economica o di guerra il ricorso a questa pratica aumentava e ne hanno fatto le spese gruppi interi di popolazione: prostitute e alcolizzati fino agli anni ’50, tossicomani dagli anni ’60, oltre a vagabondi e mendicanti.

Dai primi risultati “costatiamo enormi differenze fra cantoni”, ha proseguito Gasser. In alcuni casi, come nel canton Vaud, venivano incarcerate prevalentemente le donne, quelle che praticavano la prostituzione o avevano avuto figli fuori dal matrimonio.

Altrove – come a Neuchâtel – erano invece gli uomini a finire in prigione più spesso, ha aggiunto Anne-Françoise Praz, storica dell’Università di Friburgo. Ci sono grosse differenze anche tra città e campagna. Nelle prime l’alcolismo era considerata una malattia psichiatrica, nelle seconde questo termine designava i senza lavoro.

Alcuni cantoni avevano leggi specifiche in materia, votate dal popolo, come Vaud e Zurigo, altri no, come Ginevra o Friburgo. Ma questo non impediva alle autorità di questi ultimi di incarcerare persone facendo capo ad altre leggi, come quella contro l’alcolismo.

I criteri per decidere la detenzione andavano dalla pericolosità di un individuo alla sua curabilità, ha rilevato ancora Gasser, secondo cui sono domande che ci poniamo ancora oggi.

Ciò ha portato a veri e propri traumi, come evidenziano le discussioni condotte con molte vittime, ha da parte sua sottolineato lo storico basilese Martin Lengwiler. Alcuni sono stati incarcerati per anni assieme a criminali condannati dalla giustizia.

Le ricerche in questo ambito, alle quali lavorano trenta persone a tempo parziale, proseguiranno. Il budget è fissato a 10 milioni di franchi. La commissione intende presentare uno studio alla metà del 2019, ha annunciato il suo presidente, l’ex consigliere di Stato zurighese Markus Notter. Sono inoltre previste pubblicazioni.

Anche il Fondo nazionale svizzero intende esaminare questa pagina di storia, concentrandosi tuttavia sui bambini collocati contro la volontà delle loro madri in istituti o costretti a lavorare senza remunerazione presso contadini. Questo programma di ricerca dovrebbe iniziare in primavera. Anche in questo caso il budget è di 10 milioni di franchi.

Negli ultimi anni sono stati fatti sforzi per riabilitare le vittime. La Confederazione ha creato un fondo di aiuto immediato. La consigliera federale Simonetta Sommaruga ha chiesto scusa a nome del Consiglio federale e una legge che riconosce queste ingiustizie è entrata in vigore nel 2014.

Il prossimo primo aprile questa sarà sostituita da una altra normativa, che contempla ricerche scientifiche e un fondo di 300 milioni di franchi. Alle vittime ancora in vita – tra le 12’000 e le 15’000 – andranno tra i 20’000 e i 25’000 franchi.

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