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Erdogan: apriremo ambasciata turca a Gerusalemme est

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan vuole aprire un'ambasciata a Gerusalemme est, riconosciuta capitale dello Stato palestinese. KEYSTONE/AP Presidency Press Service/YASIN BULBUL sda-ats

(Keystone-ATS) Mentre il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ribadisce la volontà di aprire un’ambasciata turca a Gerusalemme est, mercoledì prossimo, il 20 dicembre, il vicepresidente Mike Pence Usa arriverà in Israele per una visita di due giorni.

Lo scenario politico che lo attende appare ben delineato: benvenuto per Israele, non gradito per i palestinesi, nessun incontro con i leader delle chiese cristiane. Un quadro d’assieme reso, nelle ultime ore, ancora più netto dalla stessa Casa Bianca: venerdì scorso ha fatto sapere di considerare il Muro del Pianto parte di Israele in qualunque futuro accordo di pace tra israeliani e palestinesi.

Il luogo sacro alle preghiere dell’ebraismo si trova nella zona est della città: ovvero nella parte di Gerusalemme che la maggioranza della Comunità internazionale considera “occupata” dallo Stato ebraico dopo la Guerra dei 6 giorni del 1967. E dove il presidente Erdogan intende aprire la sede diplomatica turca seguendo la decisione dei Paesi dell’Organizzazione della cooperazione islamica di riconoscerla capitale dello Stato palestinese.

E il Muro del Pianto sarà proprio il primo posto dove Pence si recherà al suo arrivo. Per questo il premier Benyamin Netanyahu, aprendo la seduta di governo a Gerusalemme, lo ha definito “un vero amico dello Stato ebraico e di Gerusalemme” senza dimenticare di ringraziare Trump e la sua amministrazione per aver difeso “la verità di Israele” e per la fermezza “con la quale hanno respinto i tentativi di usare l’Onu come piattaforma contro Israele”.

In netto contrasto la posizione palestinese, altrettanto chiara fin dall’annuncio di Trump: né il presidente Abu Mazen né alcun altro della leadership di Ramallah vedrà rappresentanti Usa “oramai non più mediatori di pace”.

Un diktat esteso anche all’inviato di pace di Trump, Jason Greenblatt, che precederà Pence nel suo arrivo in Israele. “Non incontreremo nessuno dell’amministrazione Usa per discutere di pace tra israeliani e palestinesi: Abu Mazen è stato chiaro su questo”, ha ribadito ai media Majdi al-Khalidi, consigliere diplomatico del presidente.

Pence – secondo il programma ufficiale – non andrà al Santo Sepolcro, anche questo nella parte est di Gerusalemme, e quindi non incontrerà nessun esponente religioso delle Chiese cristiane che peraltro hanno già tutte condannato la decisione di Trump. Né i deputati arabo-israeliani assisteranno al suo discorso alla Knesset che hanno deciso di boicottare in protesta.

Sul campo la situazione vede ancora scontri tra manifestanti palestinesi ed esercito israeliano, anche se in forma ridotta: oggi è stata la volta di Tulkarem e di nuovo Gaza, dove, secondo l’agenzia Wafa, ci sono stati 5 feriti. Il sindaco di Nazareth Alì Salam ha fatto sapere che, contrariamente a quanto annunciato nei giorni scorsi, le feste di Natale si terranno in città regolarmente.

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