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Francia: verso misure speciali fino al 2017

Il presidente francese François Hollande e il primo ministro portoghese Antonio Costa KEYSTONE/AP/ARMANDO FRANCA sda-ats

(Keystone-ATS) Nella Francia senza unità nazionale dopo il massacro del 14 luglio, governo e opposizione cercano un’intesa almeno sulla proroga dello stato d’emergenza.

Da Lisbona, il presidente François Hollande ha accolto la proposta dei Républicains (il partito di destra guidato dall’ex presidente Nicolas Sakozy) di estenderlo non di tre ma addirittura di sei mesi, fino al 2017, anno cruciale per la corsa all’Eliseo.

Le misure speciali consentono, tra l’altro, fermi a tappeto, l’obbligo di residenza per individui a rischio, perquisizioni senza preavviso, ma anche la possibilità di controllare i dati elettronici di computer e telefoni cellulari senza l’autorizzazione di un giudice, nonché l’estensione dell’operazione ‘Sentinelle’ da diecimila militari in strada.

Su tv e social network circolano i selfie in cui l’attentatore Mohamed Lahouaiej Bouhlel posa sorridente alla vigilia della strage. E nei locali dell’antiterrorismo di Levalllois-Perret, alle porte di Parigi, cinque di sei fermati sono stati interrogati per tutto il giorno. Secondo informazioni rivelate in serata da BFM-TV, uno di loro “era pronto a colpire”. Il sesto è invece rimasto a Nizza.

Da Lisbona, dove si trova in visita ufficiale, Hollande, ha garantito che la Francia “non metterà neanche un ginocchio a terra, ci proteggiamo, non cederemo sulle nostre libertà”. Poi l’apertura alla proroga di sei mesi dello stato d’emergenza, un principio adottato poco dopo dalla commissione legislativa all’Assemblée Nationale prima di passare al vaglio dell’Aula e poi del Senato.

“L’intesa sembra a un passo”, commentano gli esperti sulle reti all news. E tuttavia l’ok a un altro semestre di misure speciali – fino alla terza settimana di gennaio 2017 – non basta a cancellare i veleni tra i due schieramenti. Nei giorni immediatamente successivi al terzo massacro di massa sul territorio francese in appena 18 mesi il leader dell’opposizione, Nicolas Sarkozy, ha denunciato l’inazione e il flop del governo contro il terrorismo.

Il suo compagno di partito e sfidante interno nelle primarie, Alain Juppé, si è spinto fino a dire che l’eccidio della Promenade des Anglais poteva essere evitato. Commenti che hanno mandato in frantumi lo spirito di unità nazionale che invece seguì gli attentati a Charlie e quelli del 13 novembre. Ieri, mentre Valls denunciava i fischi durante il minuto di silenzio sul lungomare di Nizza (lanciati, pare, non dalla destra moderata ma da militanti del Front National) l’ufficio politico dei Républicains chiedeva l’apertura di una commissione d’inchiesta sul dispositivo di sicurezza messo in campo per i festeggiamenti del 14 luglio.

Secondo un ultimo bilancio sulla Promenade sono morte 84 persone – tra cui tanti stranieri e una trentina di musulmani – e oltre duecento feriti. Nel Paese sotto choc alcune famiglie hanno annunciato l’intenzione di denunciare lo Stato e il comune di Nizza perché ritengono che il dispositivo di sicurezza messo in campo per i fuochi d’artificio del 14 luglio non fosse all’altezza della minaccia. Tra queste, anche la famiglia di Fatima, la madre musulmana di sette figli che è stata una delle due prime vittime della furia assassina di Bihlal.

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