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GB: la centrale nucleare si fa, “May si piega alla Cina”

La premier britannica Theresa May. KEYSTONE/EPA/ANDY RAIN sda-ats

(Keystone-ATS) La Brexit impone alla Gran Bretagna attenzione verso i partner commerciali del presente e del futuro, e spinge Theresa May a digerire il controverso progetto a guida franco-cinese per la costruzione in Inghilterra della nuova centrale nucleare di Hinkley Point.

La la maggioranza dei giornali del regno oscilla fra perplessità, critiche e persino qualche grido d’allarme sul ‘pericolo giallo’ all’indomani del sofferto via libera finale dato dalla premier a un’operazione che vale almeno 18 miliardi di sterline.

“Theresa May ha preso la sua prima decisione importante: ed è sbagliata”, taglia corto in un editoriale il Guardian. Mentre il Financial Times, pur accordando la benedizione della City a “un compromesso” giudicato nel complesso positivo per il business, non nasconde che qualche “dubbio” rimane.

La premier aveva inizialmente congelato l’accordo, con una mossa ascritta da tutti gli osservatori a preoccupazioni in materia di sicurezza nazionale legate al ruolo chiave di Pechino. Anche sull’onda di una campagna di stampa, cavalcata dai tabloid e non solo, che ha finito per riesumare i sospetti di “spionaggio industriale” rivolti in passato dagli Usa a un dirigente della principale azienda cinese coinvolta nell’iniziativa.

Senonché, pressata dagli interessi economici e dagli avvertimenti sempre più impazienti del gigante asiatico, May ha ritirato alla fine la riserva. Downing Street assicura d’aver strappato alcune “clausole di salvaguardia”, ma stando al Ft l’unica nuova clausola reale e’ quella che limita il diritto della francese Edf, operatore principale del progetto, di vendere la propria quota, ai cinesi o a chicchessia, senza un’autorizzazione da parte britannica.

Nell’interpretazione del Times, lady Theresa ha dovuto chinare la testa non potendosi permettere di fare uno sgarbo a un interlocutore delle dimensioni della Cina mentre la Gran Bretagna si accinge a cercare di stringere nuovi rapporti commerciali bilaterali – anche fuori dall’Europa – in vista del divorzio da Bruxelles decretato dal referendum di giugno sulla Brexit.

Ma soprattutto non se l’è sentita di offendere la ‘grandeur’ della Francia, attraverso un ripensamento dei patti già sottoscritti con Edf, a pochi mesi dall’avvio dell’iter per i negoziati formali sulla separazione dall’Ue. Negoziati su cui le suscettibilità di Parigi potrebbero impattare non poco.

Sullo sfondo, a Londra, non mancano pero’ inquietudini più generali, e magari fobie, sul peso che la Cina sta acquisendo a colpi di investimenti – frutto del resto dell’insistito ‘corteggiamento’ recente del governo Cameron – nell’economia del Regno Unito. Anche al di fuori del settore energetico. Ancora il Times tuona ad esempio oggi stesso in prima pagina sulle ansie legate all’ascesa dell’emittente statale cinese Cctv non solo nel mercato televisivo, ma pure nella fornitura di videocamere di sorveglianza in giro per l’isola.

Ambito nel quale l’azienda che trasmette la voce di Pechino nell’etere ha ormai assunto una posizione dominante: tanto da far mettere in guardia, scrive il giornale di Rupert Murdoch, i vertici dei servizi di sicurezza di Sua Maestà. Allarmati – par di capire – dallo spettro di un ipotetico grande fratello con gli occhi a mandorla.

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