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Italia: fisco, frode da 70 milioni, 69 indagati in Lombardia

In Lombardia sono sotto indagine 69 persone per una frode da 70 milioni al fisco. KEYSTONE/AP/LUCA BRUNO sda-ats

(Keystone-ATS) Dall’alba 280 finanzieri del Comando Provinciale di Brescia stanno eseguendo un centinaio di perquisizioni nelle province di Bergamo, Brescia, Lodi, Milano e Varese, disposte dalla Procura della Repubblica di Brescia nell’ambito di indagini sulle frodi fiscali.

Sono 69 le persone già denunciate per le ipotesi di reato di truffa aggravata, impiego di denaro o di beni di provenienza illecita, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e indebite compensazioni per una frode che, per quanto fino ad oggi già accertato dagli investigatori, ammonta a circa 70 milioni di euro.

Le investigazioni, condotte dai finanzieri della Compagnia della Guardia di Finanza di Chiari, sono tuttora in corso, ma è già stata accertata l’operatività di una vera e propria organizzazione, radicata nell’Ovest bresciano, dedita alla gestione fraudolenta di numerose aziende, per lo più del settore edile. Al centro dell’organizzazione è risultato essere uno studio commercialistico lombardo “specializzato” nel fornire “particolari” consulenze aziendali, finalizzate a frodare l’Erario.

In particolare, l’Erario veniva frodato tramite illecite compensazioni d’imposta, ovvero – riferiscono gli inquirenti – attraverso la falsa costituzione in bilancio di crediti nei confronti dello Stato (essenzialmente crediti IVA) da utilizzare in compensazione di debiti (specialmente contributi previdenziali) che di fatto non erano versati. In sostanza, un modo illecito per azzerare il cuneo fiscale, con conseguente rilevante danno per le casse dello Stato italiano e grave distorsione del mercato.

L’indagine ha messo in luce un vero e proprio “sistema”: i componenti dello studio commercialistico, pienamente consapevoli che la maggior parte delle società in questione erano intestate a meri prestanome, intrattenevano regolari rapporti con i veri amministratori delle imprese incriminate. Non solo, spesso i prestanome erano procacciati dallo stesso studio commercialistico, che curava anche tutte le pratiche concernenti le fittizie domiciliazioni delle sedi societarie dei propri clienti, così da metterle al riparo da possibili ispezioni.

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