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Munizioni a grappolo: Credit Suisse chiamato in causa da una ONG

Una bomba a grappolo in una base militare libanese (foto d'archivio). KEYSTONE/AP/MOHAMMAD ZAATARI sda-ats

(Keystone-ATS) Credit Suisse figura nella “hall of shame” degli istituti finanziari che trattano con gli esportatori di munizioni a grappolo. È quanto afferma una organizzazione non governativa (ONG) olandese in un rapporto pubblicato oggi.

Nel rapporto l’organizzazione chiama in causa, ma in maniera minore, anche due altre banche elvetiche: UBS e Vontobel.

In totale sono ben 158 le banche che contribuiscono con i loro investimenti a finanziare l’attività dei produttori di questo tipo di materiale bellico sparsi nel mondo.

Buona parte di esse (74) sono statunitensi, 29 sono cinesi e 26 della Corea del Sud. La ONG sottolinea che venti istituti hanno sede in paesi che hanno ratificato la Convenzione sulle munizioni a grappolo. La Svizzera ha adottato una legge in questo senso nel 2012.

Tra il 2012 e il 2016 gli investimenti nel settore hanno raggiunto i 28 miliardi di dollari. Secondo la ONG, Credit Suisse avrebbe messo a disposizione di una società americana fabbricante di questo tipo di munizioni 8 milioni di dollari.

La banca respinge le accuse, affermando che la sua politica prevede “di non entrare in relazioni di affari con produttori di mine antiuomo e di munizioni a grappolo” e assicurando di aver terminato ogni tipo di rapporto con aziende di questo tipo. Si tratta tuttavia di regole che non vengono applicate ai fondi non gestiti attivamente. Stessa musica presso UBS e Vontobel.

Già nel 2010 numerose ONG avevano lanciato una campagna per fermare la produzione di bombe a grappolo e avevano puntato il dito, in Svizzera, contro le stesse tre banche. Queste ultime avevano reagito respingendo le accuse.

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