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Nepal un anno dopo, folla ricorda i 9.000 morti

(Keystone-ATS) Una folla di gente comune, responsabili politici e diplomatici ha ricordato oggi a Kathmandu, vicino alle rovine della storica torre Dharahara, le oltre 9.000 vittime fatali, i 21.000 feriti ed i milioni di senzatetto causati dal sisima dell 25 aprile 2015.

Per la cerimonia, presieduta dal primo ministro nepalese Khadga Prasad Oli che ha deposto una corona di fiori, è stato scelto al centro della capitale il luogo dove si ergeva la torre Dharahara, bianca, quasi un minareto, di nove piani e 62 metri di altezza, che era Patrimonio dell’Unesco e che al momento del sisma era piena di turisti. Crollando completamente al suolo, intrappolò quel giorno mortalmente 132 persone.

Nel pomeriggio, dopo i discorsi di rito e l’osservazione di un minuto di silenzio, le autorità locali hanno liberato nel cielo migliaia di palloncini colorati, simbolo delle anime che volano verso l’aldilà.

Alle commemorazioni ha partecipato anche un folto gruppo di monaci buddisti che hanno organizzato nella Durbar Square di Kathmandu una veglia di preghiera a cui si sono uniti parenti e amici delle vittime. Una terza iniziativa, promossa dal Yogi Narharinath Trust Spiritual Council, ha attirato centinaia di persone nel Bhugol Park, per una veglia di candele e preghiere per le migliaia di deceduti.

Non è mancata a Kathmandu neppure una manifestazione di protesta organizzata da decine di attivisti di movimenti sociali nepalesi che, vestiti di nero e con striscioni e cartelli, hanno gridato slogan ostili al governo, dimostratosi lento nel mantenere le promesse di costruire un milione di casa per i senzatetto, nonostante aiuti per 4,1 miliardi di dollari promessi dalla comunità internazionale. La polizia è intervenuta sequestrando il materiale propagandistico, ma non bloccando il corteo.

E a rilanciare il grido di disperazione dei nepalesi che hanno perso tutto un anno fa ci ha pensato oggi la Croce rossa internazionale ricordando che in Nepal quattro milioni di persone stanno ancora vivendo un rifugi temporanei, una condizione che rappresenta una minaccia permanente alla loro salute e dignità.

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