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Processo NSU: giustizia bernese rifiuta video-interrogatorio

(Keystone-ATS) La magistratura del canton Berna ha rifiutato la richiesta dell’Alta corte regionale di Monaco di Baviera di poter interrogare per video un presunto fiancheggiatore svizzero della cellula neonazista NSU.

Lo ha affermato oggi il presidente della corte Manfred Götzl durante il processo in corso da tre anni contro la sola superstite e alcuni fiancheggiatori dell’organizzazione, accusata di nove omicidi di stranieri.

Lo svizzero, convocato al processo, aveva in precedenza rifiutato di recarsi a Monaco per essere interrogato. Al centro dell’attenzione dei giudici bavaresi è una pistola Ceska, che secondo quanto emerso dall’inchiesta era stata acquistata presso il produttore nella Repubblica ceca da un commerciante d’armi svizzero e poi rivenduta a un altro armaiolo elvetico. Passata apparentemente nelle mani di altri due svizzeri, che hanno negato ogni illecito, è arrivata in Germania per vie non ancora del tutto accertate ai terroristi della NSU (Nationalsozialistische Untergrund, Clandestinità nazionalsocialista).

Secondo la Procura di Monaco la pistola in questione è stata utilizzata dalla NSU per uccidere nove immigrati, otto turchi e un greco, tra il 2000 e il 2006. La cellula era composta di tre soli membri: Uwe Mundlos, Uwe Böhnhardt e Beate Zschäpe. Quest’ultima è la sola superstite. I due complici si sono infatti suicidati il 4 novembre 2011, dopo una rapina fallita ad una banca, per non essere arrestati. La donna è processata a Monaco dal 6 maggio 2013 per complicità negli omicidi, insieme a quattro presunti fiancheggiatori di estrema destra.

Uno degli imputati ha affermato di aver comprato la Ceska 83 calibro 7,65 in un negozio utilizzato dalla piccola criminalità a Jena, nel Land ex tedesco-orientale della Turingia, e di averla poi consegnata a Mundlos e Böhnhardt. Dalla documentazione al tribunale emerge il sospetto che un cittadino svizzero vissuto per alcuni anni ad Apolda, cittadina della Turingia, abbia dato la pistola a un neonazista di Jena.

Nel gennaio 2013 la Procura dell’Oberland bernese, reagendo ad articoli di stampa, aveva confermato l’archiviazione delle indagini contro uno dei due svizzeri – temporaneamente arrestati nel gennaio e nel febbraio 2012 – sospettati di aver contribuito a procurare la pistola utilizzata per gli omicidi della NSU. Il procuratore titolare aveva aggiunto che l’indagine contro il secondo indiziato era ancora in corso, ma che non sapeva se si sarebbe giunti ad un’accusa nei suoi confronti. Il sospetto di sostegno ad organizzazione criminale non si era confermato nel corso dell’indagine, aveva precisato.

I due erano stati invitati a deporre al processo ma non hanno accettato di recarsi a Monaco. Sono stati dunque interrogati in patria nel giugno 2013 da un procuratore del canton Berna e – stando a quanto allora riferito dall’agenzia di stampa tedesca Dpa – hanno negato di essere venuti in possesso della pistola.

La NSU aveva potuto operare indisturbato per anni grazie agli errori degli investigatori, che non avevano pensato di indagare su un eventuale sfondo razziale per gli omicidi di otto cittadini turchi e un greco uccisi tutti con la stessa arma. Indagati erano stati, invece, parenti e amici delle vittime, sospettati di essere implicati nel giro della criminalità di origine straniera. Alla NSU è attribuita anche l’uccisione, il 25 aprile 2007, di una poliziotta, ma in questo caso era stata utilizzata un’altra arma.

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