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Scontri per sgombero avamposto illegale ebraico Amona

Un arresto durante lo sgombero dell'avamposto illegale di Amona, in Cisgiordania. KEYSTONE/EPA/ATEF SAFADI sda-ats

(Keystone-ATS) Dopo mesi di trattative, l’esercito e la polizia di Israele hanno iniziato oggi lo sgombero, sancito dalla Corte suprema a Gerusalemme nel 2014, dell’avamposto illegale di Amona, costruito su terre private palestinesi in Cisgiordania.

Ma non è stato pacifico né sul campo, né per i riflessi a livello politico.

Per mitigare l’atmosfera in previsione dell’annuncio dell’intervento dell’esercito, il premier Benyamin Netanyahu ha annunciato ieri sera la costruzione di altri circa 3’000 alloggi nelle colonie che si aggiungono ai 2’500 deliberati la settimana scorsa.

Una politica edilizia di forte accelerazione che i palestinesi hanno bollato. E condannata dall’organizzazione non governativa (ong) Peace Now secondo cui “la soluzione dei due Stati rischia di essere vittima della lotta politica intrapresa da Benyamin Netanyahu per la propria sopravvivenza politica”. Peace Now ha poi sottolineato che 1’380 dei nuovi alloggi riguardano insediamenti che si trovano “in profondità in Cisgiordania”, in zone che secondo il movimento non farebbero parte di Israele anche nel contesto di un accordo di pace con i palestinesi.

Negli scontri avvenuti oggi ad Amona con i residenti e i manifestanti ebrei, giunti a dar man forte dagli altri insediamenti, ad ora si contano 16 agenti e due civili feriti.

Numerosi gli arresti compiuti, mentre fino ad ora sono state sgomberate, secondo dati delle forze dell’ordine, più di 20 case su 48, alcune con la forza altre in maniera pacifica. E l’azione di esercito e polizia – che in un primo momento, in base ad alcune notizie, si sarebbe dovuta arrestare al calare delle tenebre – andrà avanti tutta la notte nell’avamposto dichiarato zona militare chiusa proprio per impedire l’arrivo di altri manifestanti.

Ma su Amona e in genere sul movimento dei coloni proprio oggi si è abbattuta un’altra tegola. La Corte suprema ha dato ragione ad una petizione dell’ong israeliana Yesh Din contro l’accordo raggiunto nelle settimane scorse dal governo con i residenti di Amona: evacuazione pacifica in cambio di altri terreni adiacenti all’avamposto. La Corte ha però giudicato quell’accordo non valido ed ora l’esecutivo di Netanyahu dovrà scegliere un’altra strada. Il premier ha annunciato di aver incaricato i suoi collaboratori di localizzare un posto adatto dove costruire un nuovo insediamento.

Nel frattempo ad Amona lo scontro procede in quello che ad alcuni ha ricordato, come mostrano i video e le foto sul posto, le scene avvenute in occasione del ritiro unilaterale di Israele da Gaza nel 2005 e l’abbandono degli insediamenti nella Striscia.

A livello politico il confronto non è meno aspro: il ministro dell’educazione Naftali Bennett, leader di Focolare ebraico, vicino al movimento dei coloni, e partner significativo della coalizione di maggioranza di Netanyahu ha promesso, dopo “la dolorosa perdita” dell’avamposto di Amona, l’imposizione della sovranità di Israele “sull’intera Giudea e Samaria” (Cisgiordania). Poi ha definito i coloni di Amona “degli eroi”.

L’opposizione al governo è andata all’attacco sia della presenza del ministro Uri Ariel (anche lui di Focolare ebraico) ad Amona, sia delle dichiarazioni del deputato dello stesso partito Bezalel Smotrich che ha definito lo sgombero “come un brutale stupro” ai danni dei residenti.

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