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Siria: 11 morti per autobomba in provincia Latakia

(Keystone-ATS) Una nuova strage, la prima dal cessate il fuoco entrato in vigore in tutta la Siria il 30 dicembre, ha insanguinato oggi un bastione lealista sulla costa mediterranea, già colpito in passato da attentati rivendicati dall’Isis.

Almeno 11 persone sono state uccise e 35 ferite dall’esplosione, avvenuta nella città di Jableh, secondo un bilancio fornito dalla televisione di Stato.

Intanto anche dall’altra parte del confine nella guerra che sconvolge la regione, in Iraq, 27 persone sono morte e altre 42 sono rimaste ferite da una serie di attentati. Il più grave è avvenuto nel quartiere commerciale di Baghdad: un’autobomba è esplosa provocando la morte di almeno 11 civili e il ferimento altre 22 persone.

Un altro attentato è stato compiuto in un mercato di Baghdad in un quartiere sciita, e ha avuto un bilancio di 9 morti e 15 feriti. Sale così a oltre 100 il numero quanti hanno perso la vita in attentati che hanno colpito la capitale nell’ultima settimana. E anche se in questo caso manca ancora una rivendicazione, ci sono pochi dubbi che l’autore sia l’Isis, che continua intanto a resistere di fronte all’avanzata delle truppe governative a Mosul, nel nord.

Le forze lealiste sono finora riuscite ad impadronirsi soltanto di un quarto della città considerata la ‘capitale’ dello Stato islamico in Iraq. E da ieri hanno lanciato una nuova operazione per riconquistare anche i territori ancora nelle mani del ‘Califfato’ nella provincia occidentale di Al Anbar, lungo il confine con la Siria.

Nemmeno l’attentato di Jableh è ancora stato rivendicato, ma il 23 maggio scorso proprio lo Stato islamico si era assunto la paternità di ben sette attacchi simili che avevano provocato 120 morti nella stessa Jableh, situata nella provincia di Latakia, e nella vicina Tartus. Latakia ospita anche una base aerea militare russa, mentre a Tartus è situata una base navale di Mosca.

L’Isis e i qaedisti del Fronte Fatah al Sham (ex Fronte al Nusra) sono esclusi dalla tregua entrata in vigore la settimana scorsa in tutta la Siria, in quanto organizzazioni riconosciute come terroriste dall’Onu.

Il cessate il fuoco rimane comunque fragile, minacciato com’è soprattutto dai combattimenti tra forze lealiste e insorti nella Valle di Barada, una quindicina di chilometri a nord-ovest di Damasco, principale riserva d’acqua per la capitale, dove dal 22 dicembre l’erogazione è interrotta in molti quartieri.

Il governo afferma che la regione è esclusa dalla tregua, a causa della presenza di forze qaediste, che invece i ribelli negano. Alcuni giorni fa una decina di gruppi armati hanno annunciato la loro astensione dai colloqui preparatori per negoziati tra regime e opposizioni in programma per il 23 gennaio dd Astana, in Kazakistan.

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