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USA: dilemma Fed, flop occupati allontana rialzo estate

(Keystone-ATS) Il mercato del lavoro statunitense che non riparte torna ad agitare il sonno della banca centrale americana: la gelata sugli occupati di maggio fa escludere il previsto rialzo dei tassi questo mese da parte della Federal Reserve.

Ciò fa crollare i rendimenti dei treasury americani e dei bund tedeschi e dando un bel grattacapo alla Bce, che si ritrova l’euro sopra 1,13 dollari.

Dopo una politica monetaria quasi decennale fatta di misure senza precedenti per fronteggiare la grande crisi, la banca centrale americana aveva dato il segnale che i tempi erano maturi per un secondo rialzo dei tassi dopo quello, rinviato a lungo, di dicembre.

Con un tasso d’inflazione poco convinto e una crescita che è ben lontana dal potenziale i dubbi erano già tanti. Solo lo scorso 27 giugno, la presidente della Fed Janet Yellen aveva parlato di un mercato del lavoro “davvero migliorato”. I dati di oggi sui posti di lavoro, giudicati dai mercati ben più attendibili del tasso di disoccupazione ufficiale, sono uno schiaffo: non solo i nuovi posti di lavoro a maggio sono stati appena 38.000, il peggior numero dal settembre 2010.

Il dipartimento del Lavoro ha anche rivisto in peggio aprile a 123.000, da 160.000. È vero che pesa lo sciopero dei dipendenti di Verizon. Ma a detta di alcuni economisti il dato di maggio sarebbe persino potuto risultare negativo, non fosse per gli aggiustamenti stagionali.

Un incubo, appunto, sia per l’amministrazione democratica uscente per le evidenti implicazioni elettorali (il voto è a novembre), che per la Fed che sarà con ogni probabilità costretta a fare marcia indietro dopo aver indicato ai mercati che giugno era il mese giusto per una nuova stretta.

Bill Gross, l’ex numero uno di Pimco e ora manager del fondo Janus Global, dice che “un numero simile certamente cancella giugno”: magari se ne parla il mese prossimo (i mercati danno l’aumento a luglio al 38%, la Yellen potrebbe dare indicazioni parlando il 6 giugno e testimoniando al Congresso il 21-22).

Altri – come Chris Sullivan che dirige gli investimenti di United Nations Federal Credit Unions, puntano sul dopo estate, con tutte le incognite a ridosso del voto. Per i mercati è la chiamata a comprare titoli di Stato, con il treasury decennale che segna il calo di rendimenti più forte da febbraio e il bund tedesco (titolo sempre decennale) a tassi quasi record, mai così bassi da aprile 2015 (0,065%).

Un pessimo segnale per la Bce, concentrata nella messa in pratica della sua enorme espansione monetaria: ha superato tutte le altre banche centrali ad esclusione della Bank of Japan, eppure sia l’inflazione che la crescita sono al lumicino. Uno slittamento, l’ennesimo della Fed ha già fatto volare l’euro sopra 1,13 dollari, di fatto annacquando una parte dell’effetto espansivo di Draghi e facendo puntare i mercati sulle sue prossime mosse.

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